Camera dei Deputati -7-00400 - 7-00399 - 7-00410 - 7-00421 - Risoluzione sulla decisione della Commissione europea in merito all'esclusione dall'Ires dai porti italiani - Approvazione di un testo unificato n. 8-00064

Camera dei Deputati -7-00400 - Risoluzione in Commissione presentata il 27 gennaio 2020.

Le Commissioni VI e IX,

premesso che:

con lettera del 15 novembre 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea in data 10 gennaio 2020, la Commissione europea comunica all'Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all'articolo 108, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in merito all'esclusione dall'Ires dai porti italiani;

in particolare, si richiede al Governo italiano di fornire proprie controdeduzioni entro trenta giorni dalla data di pubblicazione, ovvero entro il 10 febbraio 2020, in merito alla suddetta questione;

nel dettaglio, il procedimento è stato avviato sul presupposto che l'esenzione dall'Ires delle Autorità di sistema portuale (AdSP) sia in violazione dell'articolo 107 del Tfue;

tale documento fa seguito alla decisione – adottata in data 8 gennaio 2019 – in cui la Commissione europea propone al nostro Paese, ai sensi dell'articolo 22 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, di adottare opportune misure atte ad abolire la vigente esenzione dall'imposta sulle società per i porti in Italia e a garantire che i porti che svolgono attività di natura economica siano assoggettati allo stesso regime di imposta sulle società che si applica alle imprese private;

nella lettera si ritiene pertanto che il Governo debba abolire l'esenzione vigente dall'imposta sulle società per i porti in Italia e garantire che i porti che svolgono attività di natura economica siano assoggettati allo stesso regime di imposta che si applica alle imprese;

l'Italia ha sempre giustificato tale esenzione, come richiamato nello stesso documento dell'istituzione europea, dalla costante interpretazione e applicazione dell'articolo 74 del testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il nostro Paese ha sempre sostenuto che le Autorità portuali siano parte integrante della pubblica amministrazione, svolgendo compiti e servizi di matrice pubblicistica, conseguentemente assoggettabili alle disposizioni di cui all'articolo 74 del Tuir citato, ove si determina l'esclusione degli enti pubblici dall'applicazione dell'Ires di cui al titolo II, capo I, dello stesso testo unico;

peraltro, la Commissione non considera, ai fini dell'esclusione di cui all'articolo 74 del Tuir richiamato, la circostanza che esse contribuiscono al perseguimento dell'interesse pubblico generale, mentre si qualifica una parte delle attività delle AdSP come attività d'impresa, dal momento che svolgono «attività commerciali», e pertanto ricadono nel novero delle imprese ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del Tfue e pertanto da assoggettare ad Ires;

la nostra esenzione, pertanto, costituirebbe aiuto di Stato, anche considerato il fatto che la Commissione non riterrebbe applicabili le deroghe previste dallo stesso Trattato;

ciò deriverebbe da una interpretazione inesatta, a parere dei presentatori del presente atto di indirizzo, dal momento che i servizi forniti dall'autorità in parola, ai sensi della normativa vigente, con particolare riferimento al codice della navigazione, sono soggetti alla vigilanza ed al controllo dal Corpo delle Capitanerie di porto – guardia costiera, dipendente a sua volta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Se ne desume che il complesso dei «servizi portuali» citati dalla lettera ricadrebbero nel novero del pubblico servizio;

inoltre, l'erogazione di tali servizi, a detta della Commissione, porrebbe le AdSP nella posizione di «entrare in concorrenza con altri fornitori di tali servizi che operano sul mercato», mentre è evidente, a parere dei presentatori del presente atto, che le autorità operano sui servizi nelle parti comuni del porto e che questi – per ovvi motivi di sicurezza – non possono essere affidati al mercato e debbono ricadere conseguentemente nel novero dell'interesse pubblico;

nel corso degli incontri avviati per risolvere la querelle ingenerata dalla decisione dell'8 gennaio 2019, l'Italia non ha mai accettato di separare le attività delle AdSP che producono reddito, al fine di assoggettare almeno queste ultime alle imposte sulle imprese;

difatti, in base alla legislazione vigente, l'utilizzazione degli spazi portuali è assegnata alle autorità in quanto funzionali allo svolgimento di funzioni di rango pubblicistico, come su richiamato, non già al perseguimento dell'interesse economico derivante dai ricavi delle attività ivi operate;

inoltre, l'attività delle autorità si svolge mediante atti tipici amministrativi, quali autorizzazioni e concessioni. Da ciò discende che è preminente l'interesse pubblico rispetto all'ottica di mercato che prevede la massima utilizzazione economica e reddituale della risorsa portuale;

non appare quindi possibile assimilare i canoni dell'utilizzazione degli spazi portuali a rendite di attività di locazione presente in altri Paesi europei ove si adotta un modello di mercato, ove la finalità è per l'appunto la massimizzazione della redditività nell'utilizzo della risorsa portuale;

a tal proposito si noti che nei porti italiani ove non è istituita una AdSP, tali funzioni sono affidate al Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera, che – come ricordato – è un soggetto dipendente dalla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegnano il Governo:

ad adoperarsi presso le istituzioni europee al fine di addivenire ad una revisione della decisione della Commissione europea di cui in premessa, dal momento che i presupposti da cui parte non risponderebbero, a parere dei firmatari del presente atto, alla realtà normativa sinteticamente descritta;

a promuovere l'organizzazione di un tavolo tecnico a livello ministeriale finalizzato alla definizione di un complesso di controdeduzioni da inoltrare alla Commissione europea e finalizzate ad ottenere un mutamento significativo del suo orientamento, fino alla sospensione della menzionata decisione.

(7-00400)

CAMERA DEI DEPUTATI

Mercoledì 26 febbraio 2020

Commissioni Riunite (VI e IX)

RISOLUZIONI

Mercoledì 26 febbraio 2020. — Presidenza del presidente della IX Commissione Alessandro MORELLI. — Interviene il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Roberto Traversi.

La seduta comincia alle 10.50.

7-00399 Gariglio: Procedura avviata dalla Commissione europea sul trattamento fiscale delle Autorità di sistema portuale.

7-00400 Paita: Procedura avviata dalla Commissione europea sul trattamento fiscale delle Autorità di sistema portuale.

7-00410 Ficara: Procedura avviata dalla Commissione europea sul trattamento fiscale delle Autorità di sistema portuale.

7-00421 Mulè: Procedura avviata dalla Commissione europea sul trattamento fiscale delle Autorità di sistema portuale.

(Seguito della discussione congiunta e conclusioneApprovazione di un testo unificato n. 8-00064).

Le Commissioni proseguono la discussione congiunta delle risoluzioni, rinviata nella seduta del 12 febbraio scorso.

Alessandro MORELLI, presidente, avverte che nella giornata di ieri è stata presentata la risoluzione 7-00421 Mulè, che, vertendo su identica materia, è esaminata congiuntamente alle altre risoluzioni presentate.

Avverte, altresì, che i presentatori hanno predisposto un testo unificato delle quattro risoluzioni presentate.

Giorgio MULÈ (FI) dichiara che non procederà all'illustrazione della risoluzione a sua prima firma essendo di fatto confluita nel nuovo testo unificato.

Il sottosegretario Roberto TRAVERSI esprime un parere favorevole sul testo unificato delle risoluzioni in esame.

Elena MACCANTI (Lega) dichiara che tutti i componenti del suo gruppo di entrambe le commissioni hanno sottoscritto il testo unificato delle risoluzioni in esame.

Davide GARIGLIO (PD) dichiara che tutti i componenti del suo gruppo di entrambe le commissioni hanno sottoscritto il testo unificato delle risoluzioni in esame.

Giorgio MULÈ (FI) dichiara che tutti i componenti del suo gruppo di entrambe le commissioni hanno sottoscritto il testo unificato delle risoluzioni in esame.

Emanuele SCAGLIUSI (M5S) dichiara che tutti i componenti del suo gruppo di entrambe le commissioni hanno sottoscritto il testo unificato delle risoluzioni in esame.

Raffaella PAITA (IV) dichiara che tutti i componenti del suo gruppo di entrambe le commissioni hanno sottoscritto il testo unificato delle risoluzioni in esame.

Le Commissioni approvano all'unanimità il testo unificato delle risoluzioni in titolo che assume il n. 8-00064 (vedi allegato).

La seduta termina alle 10.55.

 

 TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI APPROVATO

Le Commissioni VI e IX,

premesso che:

nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 10 gennaio 2020 è stata pubblicata la lettera della Commissione Europea, con la quale il citato organismo unionale solleva la questione sulla tassazione dei porti in Italia invitando il Governo a fornire le proprie osservazioni entro trenta giorni;

il procedimento è stato avviato sul presupposto che l'esenzione delle Autorità di sistema portuale (AdSP) italiane dall'imposta sul reddito delle società violi l'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato e che pertanto l'Italia debba abolire la vigente esenzione dall'imposta sulle società per i porti in Italia e garantire che i porti che svolgono attività di natura economica siano assoggettati allo stesso regime di imposta che si applica alle imprese;

dal testo della lettera emerge inoltre che la Commissione valuta, in via preliminare, non compatibile con la disciplina dell'Unione europea relativa alla concorrenza e agli aiuti di Stato l'attuale normativa fiscale, nonostante una lunga serie di scambi di opinioni con le autorità nazionali;

la Commissione invita tutti i soggetti interessati, entro e non oltre il 10 febbraio 2020, a inviare osservazioni sull'argomento in oggetto e chiede all'Italia di formulare le proprie contro-argomentazioni entro la stessa data;

non risulta condivisibile, ad avviso dei firmatari del presente atto, il presupposto da cui parte la Commissione, secondo cui i proventi delle Autorità di Sistema Portuale (AdSP) derivanti dalla gestione del demanio marittimo costituiscono un «reddito di impresa» assoggettabile alle relative imposte;

la Commissione europea non considera rilevante, al fine di escludere tali risorse dall'assoggettamento alle norme fiscali e sulla concorrenza, la circostanza che esse contribuiscono al perseguimento dell'interesse pubblico generale;

gli argomenti sviluppati al riguardo sono quelli già denunciati nella lettera del 27 aprile 2017 e nella decisione adottata l'8 gennaio 2019, nella quale la Commissione propone, a norma dell'articolo 22 del Regolamento UE n. 2015/1589 del Consiglio, opportune misure atte ad abolire la vigente esenzione dell'imposta sulle società per i porti italiani e a garantire che i porti che svolgono attività di natura economica, secondo il diritto europeo, siano assoggettati allo stesso regime di imposta sulle società che si applica alle imprese private;

la Commissione tende a qualificare, come attività di impresa, una parte delle attività delle autorità di sistema portuale, senza peraltro specificarle e in qualche caso con evidenti errori di valutazione della realtà dei porti italiani e cioè quella riconducibile alla concessione dell'utilizzo di spazi e/o all'esercizio di attività economiche, come attività d'impresa. Ad esempio, la nota (46) recita: «Inoltre l'articolo 16 della legge 84/94 non esclude che le AdSP svolgano attività di pilotaggio, rifornimento di carburante, ormeggio, rimorchio e raccolta di rifiuti.». Affermazioni che non corrispondono alla realtà; i predetti servizi sono disciplinati dall'articolo 14 della predetta legge e dalle norme del Codice della navigazione e sono soggetti alla vigilanza e al controllo delle capitanerie di porto-guardia costiera che dipendono dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

a tale proposito va segnalato che dal 3 al 7 febbraio si è tenuta al porto di Genova l'ispezione della Maritime Security della Commissione europea per verificare lo stato di attuazione da parte dell'Italia delle norme in materia di sicurezza sia per le navi che gli impianti e spazi portuali. A chiusura dell'attività ispettiva il rappresentante leader della Commissione europea ha dichiarato «il suo apprezzamento per il personale della Guardia Costiera elogiando il livello di preparazione e competenza degli ispettori del Corpo i quali rappresentano una garanzia nell'applicazione della normativa sulla sicurezza concludendo che gli esiti dell'ispezione sono stati molto positivi. Tutto ciò conferma la validità dell'assetto giuridico italiano e che le Capitanerie di Porto non possono minimamente essere considerate imprese o che agiscano in concorrenza con i privati;

in base alla nota (70) «quando esse stesse forniscono «servizi portuali» che non è esplicitamente escluso dalla legge n. 84 del 1994, le AdSP possono poi entrare in concorrenza con i fornitori di tali servizi che operano sul mercato.» Anche in questo caso, a parte la genericità (non si indicano quali sarebbero tali servizi), le AdSP vigilano i servizi sulle parti comuni del porto che non possono, anche per motivi di sicurezza, essere affidati al mercato;

sottolineato che nel corso degli incontri avviati per risolvere la vertenza, in prospettiva negoziale evitando il confronto sul piano giurisdizionale, l'Italia non ha accettato di separare le attività delle AdSP che producono reddito, al fine di assoggettare almeno queste ultime alle imposte sulle imprese;

nel regime dell'Unione europea la nozione di impresa, di risorse imprenditoriali e della conseguente attività prescinde dalla natura giuridica dell'ente;

in base alla legislazione italiana l'utilizzazione degli spazi portuali viene assegnata dall'AdSP in quanto funzionale «per lo svolgimento di funzioni pubblicistiche attinenti alle attività marittime e portuali e alla loro realizzazione» e non già al perseguimento dell'interesse economico derivante dai relativi ricavi, tanto che il parametro relativo alla valutazione del canone non è mai preso in considerazione in occasione dell'assegnazione dei predetti spazi, anzi tale canone è prefissato secondo parametri che tendono a garantire parità di trattamento al riguardo di tutti coloro che utilizzano i medesimi spazi. Pertanto, gli unici parametri rilevanti a quest'ultimo riguardo sono quelli relativi al perseguimento degli obiettivi pubblicistici alla base della funzione di regolazione e di realizzazione degli interessi pubblici. Proprio per tale motivo l'utilizzo avviene attraverso «concessioni», istituto che viene utilizzato anche per la realizzazione delle opere sul demanio marittimo. Le modalità di assegnazione, quindi, seguono criteri e procedure proprie della delegazione di funzioni pubbliche ed al fine di perseguire l'interesse pubblico con una determinata utilizzazione degli spazi portuali, soprattutto rivolta al perseguimento dell'interesse pubblico e ad una differenziazione dell'impiego della risorsa pubblica porto, volta a garantire il migliore approvvigionamento di prodotti e risorse oggetto dell'interscambio del nostro Paese;

tale impostazione, del tutto riconducibile «all'esercizio di funzioni statali» da parte di un ente pubblico, tanto da considerarla specifica funzione ad esso delegata da parte dello Stato e nell'interesse dei fini pubblici di quest'ultimo, non può essere ritenuta attività commerciale o ancor più attività economica. Ciò è confermato dal fatto che tale attività è svolta attraverso l'adozione di tipici atti amministrativi, quali autorizzazioni e concessioni. In altri termini, l'obiettivo della massima utilizzazione economica degli spazi e/o del perseguimento della redditività massima del loro utilizzo da parte del proprietario, cioè l'ente portuale, deve cedere rispetto al perseguimento dell'interesse pubblico verso il quale è funzionalmente e necessariamente orientata. In questa prospettiva si comprende che a proposito dell'AdSP non si possa parlare di un interesse economico allo svolgimento delle attività cui sono preposte rispetto alle imprese che effettivamente svolgono le attività economiche in ambito portuale. L'attività dell'ente, in realtà, è limitata all'esercizio di funzione di attività amministrative e di regolazione di tali imprese. E cioè, in particolare, a garantire che l'esercizio delle predette attività economiche, riconducibili esclusivamente a tali imprese e soltanto ad esse, persegua effettivamente, insieme al loro interesse imprenditoriale, anche e soprattutto le funzioni pubblicistiche innanzi riportate;

quanto sopra, comunque, non consente in ogni caso di assimilare i canoni dell'utilizzazione degli spazi portuali quali rendite di attività di locazione assimilabile a quella svolta nei Paesi che adottano il modello del porto – land lord. Mentre in questi ultimi è la massima redditività dell'utilizzo degli spazi, nel sistema italiano, invece, è rivolta all'impiego del funzionamento dell'ente pubblico preposto allo svolgimento delle funzioni pubblicistiche di cui sopra.

  Si tratta, quindi, piuttosto che di un vero e proprio canone, di una vera e propria tassa funzionale all'esercizio delle funzioni pubblicistiche cui l'ente è preposto;

a tale proposito richiama la sentenza del Consiglio di Stato della Repubblica Italiana n. 07411/2019 del 29 ottobre 2019 (AdSP del Mare Ligure Occidentale – MSC Crociere S.p.A.). Al punto «8.2.2. Così ricostruiti il contenuto e la ratio del divieto in esame, non vi è ragione di escluderne l'applicazione alle Autorità portuali che vanno ricomprese nell'ampia nozione di «amministrazione» di cui all'articolo 1, comma 2, decreto legislativo n. 165 del 2001, trattandosi di enti pubblici non economici (come testualmente chiarito dall'articolo 1, comma 993, della l. 27 dicembre 2006, n. 296). Sul punto va richiamato l'orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, IV, 21 dicembre 2015, n. 5801; IV, 14 marzo 2014, n. 1014; VI, 9 ottobre 2012, n. 5248), secondo cui la natura di ente pubblico economico può essere predicata solo laddove l'attività venga svolta per fini di lucro e in regime di concorrenza con soggetti privati. Le Autorità portuali non perseguono fini di lucro e non operano sul mercato in regime di concorrenza: al contrario, ai sensi della legge 28 gennaio 1984, n. 94 (nel testo applicabile ratione temporis), ma svolgono funzioni di affidamento e controllo delle attività finalizzate alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, laddove i compiti loro demandati dalla legge (indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali) vanno ricondotti al novero delle funzioni di regolazione e controllo sull'attività di erogazione di servizi, anziché a quello delle attività volte alla produzione e allo scambio di beni e servizi (Cons. Stato, VI, 9 ottobre 2012, n. 5248, cit.). È stato affermato (Cass. Civ., SS.UU. n. 17930 del 2013) che la definizione di cui alla legge n. 296 del 2006 «non costituisce un mero (anche se determinante) passaggio definitorio, ma rientra nell'ambito di una più ampia perimetrazione dei compiti e delle funzioni delle autorità portuali», come desumibili anche da altre disposizioni contenute nella stessa legge (commi 982, 983, 985, 987, 989, 990 e 992), dalle quali emerge un disegno normativo che «attenua l'immagine di autonomi soggetti operanti in condizioni di mercato, a tutto vantaggio della riconduzione delle autorità nell'ambito della Pubblica Amministrazione e segnatamente nell'ambito di azione del Ministero dei Trasporti, al cui potere di indirizzo e programmazione esse vengono sottoposte»;

inoltre, nelle relazioni annuali al Parlamento, Senato Doc XVN.41 e N.91, la Corte dei Conti in merito al controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'autorità portuale di Civitavecchia e sulla gestione finanziaria relativa all'anno 2017 dell'autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna, ha sottolineato che: «Lo Stato italiano ha sempre ritenuto esenti le attività svolte dagli enti portuali e ciò anche in linea con quanto stabilita dall'articolo 13 della Direttiva 2006/112/CE, che considera esenti le operazioni che gli enti di diritto pubblico esercitano come pubbliche autorità, anche quando tali attività percepiscono canoni o contributi e che, diversamente, sono soggette ad imposta negli altri casi ovvero quando le attività siano svolte dagli Enti portuali come soggetti privati. Gli enti portuali, in definitiva, in quanto pubbliche autorità preposte alla regolazione e tutela di interessi pubblici, non sarebbero soggetti a imposta sul reddito come previsto dalla normativa nazionale (articolo 74 del TUIR) ma alla sola IRAP.»;

tale tesi risulta avvalorata dalla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea – causa C 174/06 CO. GE.P. Srl, nella quale l'equiparazione delle concessioni alle locazioni di beni immobili, si fonda sulla natura giuridica dell'ente concedente, ovvero se l'ente che gestisce i beni del demanio che gli sono affidati, lo fa in nome proprio o lo fa per conto dello Stato. Nel primo caso la finalità è la massima redditività dell'utilizzo degli spazi portuali, nel secondo caso (cioè nel sistema italiano) la finalità è rivolta al funzionamento dell'ente pubblico preposto allo svolgimento delle funzioni pubblicistiche;

nei porti italiani ove non è istituita Autorità Portuale prima (oggi AdSP), le medesime funzioni amministrative e di controllo sono affidate alle Capitanerie di Porto Guardia Costiera «difficilmente», quando non «temerariamente» individuabili come società o imprese;
considerato che:

le Commissioni di merito valutano positivamente le posizioni assunte da gran parte del cluster marittimo portuale italiano: ASSOPORTI, ANCIP, ANGOPI, ASSITERMINAL, FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI a sostegno della legislazione italiana, che in particolare riafferma la netta distinzione tra concessione e affitto e auspica che le istituzioni europee ne tengano conto nelle proprie valutazioni;

sottolineato che:

la decisione assunta dalla Commissione europea, a parere dei firmatari del presente atto, potrebbe creare un grave disordine amministrativo e gestionale della portualità italiana con gravissime conseguenze per l'economia italiana e in parte comunitaria;

preso atto che il Governo ha prontamente risposto con ampie e argomentate controdeduzioni ai rilievi mossi dalla Commissione europea,

impegnano il Governo:

a) a proseguire l'impegno nei confronti delle istituzioni europee al fine di addivenire ad una revisione della decisione della Commissione europea sulla questione di cui in premessa, in considerazione della consolidata posizione assunta dall'Italia in merito al regime in esenzione fiscale degli enti portuali dall'imposta sul reddito delle società e della specificità del sistema portuale italiano;

b) ad adoperarsi in tal senso presso le istituzioni europee a partire già dalla prossima riunione informale del Consiglio trasporti del 10 e 11 marzo p.v.;

c) a promuovere riunioni urgenti della Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema;

d) ad organizzare un gruppo tecnico-giuridico, con l'ausilio dei dirigenti del Ministero, di componenti del Consiglio di Stato e dell'Avvocatura dello Stato, con il concorso delle forze sociali del cluster marittimo portuale, per definire un dettagliato quadro di informazioni esatte alla Commissione europea mirante a raggiungere l'obiettivo della sospensione della procedura avviata dalla Commissione medesima. (8-00064)

 

 

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