Camera dei Deputatati - 5-04104 -Interrogazione sul recupero di imposte illegittimamente versate. RISPOSTA

Camera dei Deputatati - 5-04104 -Interrogazione a risposta immediata in commissione presentata il 9 giugno 2020.

  — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

l'articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988 aveva previsto l'istituzione di «un'addizionale sull'accisa dell'energia elettrica di cui al [...] testo unico delle accise nelle misure di [...] euro 9,30 per mille kWh in favore delle province per qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200.000 kWh di consumo al mese [...]»;

nel 2011 la Commissione europea promuoveva una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia ritenendo che l'addizionale provinciale prevista all'articolo precedente fosse in contrasto con la direttiva 2008/118/CE e andasse dunque disapplicata;

il Governo italiano con successivi interventi (decreto legislativo n. 23 del 2011, decreto legislativo n. 68 del 2011, decreto-legge n. 16 del 2012) abrogava la normativa in questione per le regioni a statuto ordinario prima e quelle a statuto speciali poi, provocando de facto la chiusura della procedura d'infrazione;

successivamente, alcuni consumatori presentavano istanze all'Agenzia delle dogane e dei monopoli volte ad ottenere la restituzione di quanto corrisposto. Ad esito dei contenziosi così avviati con recentissimi, successivi, propri arresti (Cassazione Civile 15198/2019; Cassazione Civile 27099/2019) la Corte di cassazione ha dichiarato l'incompatibilità ab origine dell'addizionale provinciale per contrasto con la direttiva 2008/118/CE – come interpretata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea – sancendo per altro verso il diritto generale di ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate anche prima dell'abrogazione dell'imposta;

il consumatore, quindi, secondo il dettato della Corte di cassazione, per ottenere il rimborso dell'imposta indebitamente versata dovrà esperire nei confronti del cedente (il fornitore) un'ordinaria azione di ripetizione dell'indebito e solo eccezionalmente un'azione diretta direttamente nei confronti dell'Erario (cioè solo quando il recupero presso il cedente sia eccessivamente gravoso o impossibile);

è del tutto evidente che il meccanismo concepito dalla Corte di cassazione si pone a colmare un vuoto normativo in un ambito nel quale i Governi nazionali, come specificato dalla Corte di giustizia (Cgeu 27 aprile 2017, causa C-564/15, Farkas) dovrebbero stabilire i requisiti al ricorrere dei quali le domande di rimborso delle imposte, nel rispetto dei principi di equivalenza ed equità;

la restituzione di imposte indebitamente versate ai cittadini rappresenta una priorità che ogni Governo dovrebbe, per senso d'equità e giustizia, perseguire con la massima urgenza, senza gravare i cittadini di ulteriori adempimenti per ottenere ciò di cui hanno diritto –:

quali iniziative il Governo intenda adottare per consentire in tempi rapidi e senza ulteriori aggravi il recupero da parte dei contribuenti delle imposte indebitamente versate.
(5-04104)

Camera dei Deputati

Mercoledì 10 giugno 2020

Finanze (VI)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 10 giugno 2020. — Presidenza del presidente Raffaele TRANO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alessio Mattia Villarosa.

  La seduta comincia alle 15.

5-04104 Baratto: Recupero di imposte illegittimamente versate.

Raffaele BARATTO (FI) illustra l'interrogazione in titolo.

Il sottosegretario Alessio Mattia VILLAROSA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

Raffaele BARATTO (FI) ringrazia per la dettagliata risposta, ma non può ritenersi soddisfatto. Avrebbe sperato di vedere lo Stato, almeno una volta, dalla parte dei cittadini, soprattutto in un caso
in cui un utente è stato fortemente penalizzato dalla complicazione delle regole burocratiche.

La seduta termina alle 15.50.

5-04104 Baratto: Recupero di imposte illegittimamente versate.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento al contenzioso nazionale relativo alla restituzione dell'addizionale di energia elettrica prevista all'articolo 6 del decreto-legge del 28 novembre 1988, n. 511, nel cui ambito sarebbe stata dichiarata l'incompatibilità dell'imposta con il diritto dell'Unione Europea e, in particolare, chiedono di sapere quali iniziative si intendano adottare per consentire il recupero da parte dei contribuenti delle imposte illegittimamente versate.
Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 6 del decreto legislativo n. 511 del 1988, successivamente modificato dall'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 26 del 2 febbraio 2007, ha previsto l'applicazione di una imposta addizionale all'accisa sull'energia elettrica. Tale imposta addizionale era applicata relativamente ai primi 200.000 kWh di consumo elettrico mensili ed era versata direttamente, dal soggetto obbligato (sostanzialmente il venditore di elettricità) allo Stato, alle Province e ai Comuni a seconda che il consumo di elettricità avvenisse nelle imprese o nelle abitazioni.
Il meccanismo di applicazione del tributo in parola prevedeva che lo stesso fosse dovuto allo Stato, alle Province o ai Comuni dal soggetto venditore di energia elettrica che, esercitando il diritto di rivalsa, esponeva il tributo stesso nelle fatture di vendita della medesima energia elettrica emesse nei confronti dei consumatori finali.
In tale contesto la Corte di cassazione, con le due sentenze citate nell'interrogazione in oggetto, ha evidenziato la possibile incoerenza tra il tributo addizionale in questione e l'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio che, in sostanza, consente agli Stati membri dell'UE di applicare ai prodotti sottoposti ad accisa (l'elettricità rientra nel novero dei prodotti sottoposti a tale regime) altre imposte indirette ma solo a condizione che le stesse abbiano «finalità specifiche» e siano rispettati vincoli particolari in relazione alla determinazione della base imponibile, del calcolo, dell'esigibilità e del controllo dell'imposta.
L'imposta addizionale in argomento è stata abrogata dall'articolo 4, comma 10, del decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 2012 n. 44.
Il tributo è stato successivamente sostituito da un aumento di accisa, proprio a seguito di un'indagine aperta dai competenti Servizi dell'Unione Europea, nella forma del cosiddetto «progetto pilota sulla corretta attuazione del diritto dell'Unione Europea».
Tale indagine precontenziosa non ha mai dato luogo a una procedura di infrazione ai sensi dell'articolo 258 TFUE, come si può verificare anche sulla banca dati delle procedure di infrazione della Commissione Europea disponibile online. Né tanto meno è mai intervenuto un pronunciamento della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che, ai sensi degli articoli 258 e seguenti del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea è l'organo giurisdizionale competente a dichiarare che uno Stato membro ha violato gli obblighi che gli incombono in virtù dei Trattati (e
pertanto l'eventuale incompatibilità con il Diritto dell'Unione Europea di una norma adottata).
In tal senso non si può confermare quanto indicato nell'interrogazione in commento laddove si indica che la Commissione europea avrebbe intimato allo Stato italiano di disapplicare l'imposta stessa.
Peraltro, dal fatto che le modifiche alla legislazione nazionale sono state apportate «a gettito invariato», si evince che la contestazione non riguardava l'entità del prelievo sull'energia elettrica, ma il titolo in base al quale tale prelievo era dovuto. Da un punto di vista di equità sostanziale, dunque, si osserva che l'abrogazione dell'addizionale non ha comportato variazioni dell'importo dovuto dal consumatore finale.
Nelle ipotesi di rimborso di imposta illegittimamente riscossa in violazione del diritto dell'UE, per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, rileva la situazione economica effettiva e non la situazione formalistica. Il che comporta che, per giurisprudenza consolidata, i rimborsi possano essere legittimamente denegati quando costituiscono un indebito arricchimento di chi li richiede.
In relazione alla legittimazione dei consumatori ad avanzare richiesta di rimborso delle addizionali va posto in rilievo che essa va riconosciuta esclusivamente in capo ai soggetti obbligati al pagamento del tributo e non già ai soggetti cui il tributo è addebitato per traslazione o a titolo di rivalsa.
Poiché alle addizionali, ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 504 del 1995, di seguito TUA, si applicavano le disposizioni relative all'accisa sull'energia elettrica, eccezion fatta per quelle sulle agevolazioni, è alle cennate disposizioni che occorre fare riferimento.
Deve precisarsi che, come indicato dagli Onorevoli interroganti, il consumatore finale dell'energia elettrica potrebbe avanzare un'istanza di rimborso unicamente nei confronti del suo fornitore di elettricità. Per il meccanismo di funzionamento dell'imposta sopra delineato risulta, infatti, la sussistenza di due diversi rapporti giuridici: quello intercorrente fra fornitore e Amministrazione Finanziaria (rapporto tributario vero e proprio ai sensi dell'articolo 26, comma 4 del decreto legislativo n. 504 del 1995 – TUA, le cui controversie sono devolute alla giurisdizione tributaria) e quello intercorrente fra il fornitore ed il consumatore finale (rapporto di natura civilistica).
Il fornitore di energia elettrica che avesse rimborsato il consumatore finale a fronte della sopravvenienza di una sentenza del giudice ordinario civile, potrebbe, a sua volta, avanzare istanza di rimborso all'Amministrazione Finanziaria, come previsto dal citato articolo 26, comma 4 del predetto TUA. Anche la stessa Corte di cassazione ha confermato, nelle sentenze summenzionate, che il consumatore finale, fatti salvi rari e particolari casi, non è legittimato ad attivarsi direttamente nei confronti dello Stato, della Provincia o del Comune beneficiari, a seconda dei casi, del tributo in parola, ma deve, mediante l'esperimento del giudizio succitato, richiedere la restituzione delle somme in questione al suo fornitore.
L'articolo 14, comma 1, del TUA, poi, nel riconoscere il diritto al rimborso dell'accisa indebitamente pagata non può che riferirsi ai soggetti a carico dei quali è sorta l'obbligazione tributaria ossia ai soggetti passivi di imposta, come individuati dalle specifiche disposizioni. Evidentemente nessun riferimento può ritenersi sussistere con riguardo all'utente consumatore che, per quel che concerne le accise, è estraneo al rapporto di imposta.
L'utente consumatore può pertanto esclusivamente esercitare nei confronti del fornitore l'azione di ripetizione della parte di prezzo corrispondente al tributo indebitamente corrisposta, laddove non avrebbe potuto essere compresa nel prezzo medesimo.
L'accertamento in giudizio del caso concreto pare peraltro ineludibile nel momento in cui deve essere verificato se il rimborso vantato dal consumatore finale sia effettivamente dovuto, verificando l'effettivo pagamento delle bollette e della
corretta esposizione in esse del tributo in questione. Occorre anche evidenziare che una parte preponderante dei consumatori finali dell'elettricità su cui era applicato il tributo in contestazione, era costituito da imprese che hanno portato in detrazione nei loro bilanci i costi dell'energia elettrica e con essi l'addizionale di cui attualmente viene richiesto il rimborso.
All'esito di tale giudizio, momento ineludibile per la verifica della fondatezza della pretesa del consumatore, il soggetto obbligato sulla base dell'articolo 14, comma 4, del testo unico delle accise, può avanzare istanza di rimborso nei confronti dell'ente beneficiario del tributo (come detto lo Stato, o la Provincia o il Comune).
Si precisa, infine, che il riferimento alla sentenza della CGUE del 26 aprile 2017, causa C-564/15, Farkas, non pare pertinente alle questioni in argomento in quanto riguarda la materia dell'IVA e il meccanismo di inversione contabile. La stessa sentenza, al contrario, richiama i principi di equivalenza e di effettività che la legislazione nazionale deve rispettare in merito ai requisiti richiesti per le domande di rimborso. In proposito, la stessa sentenza, sottolinea la legittimità di una legislazione nazionale che preveda, al fine di ottenere il rimborso, l'esercizio di un'azione civilistica di ripetizione dell'indebito nei confronti del fornitore.

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