Camera dei Deputati- 1-00274- Mozione sulla Strategia italiana per la banda ultralarga e l’ipotesi di fusione per incorporazione di Open Fiber in TIM.

Camera dei Deputati- 1-00274- Mozione presentata il 30 settembre 2019.

La Camera,

premesso che:

l'azionariato di Telecom Italia Mobile (TIM) è composto da Vivendi (23,94 per cento) Cassa Depositi e Prestiti (9,89 per cento), Paul Elliott Singer (9,55 per cento), Gruppo Telecom Italia (1,08 per cento), Investitori istituzionali italiani (1,91 per cento), Investitori istituzionali esteri (43,77 per cento), altri azionisti (9,86 per cento);

l'assetto azionario di Open Fiber è costituito da una partecipazione paritetica tra Enel S.p.A. e Cdp Equity S.p.A. (CDPE), società del Gruppo Cassa depositi e prestiti;

la Commissione europea ha adottato, il 19 maggio 2010, la Comunicazione «Un'Agenda digitale europea» (COM (2010)245), che rappresenta una delle sette «iniziative faro» della Strategia per la crescita «Europa 2020», prevedendo tre obiettivi in tema di banda larga ed ultralarga, con diverse scadenze temporali: banda larga di base per tutti entro il 2013; banda larga veloce (pari o superiore a 30 Mbps) per tutti entro il 2020; banda larga ultraveloce (velocità superiore a 100 Mbps) per almeno il 50 per cento degli utenti domestici europei entro il 2020;

con la Comunicazione COM (2016)587 «Connettività per un mercato unico digitale competitivo: verso una società dei Gigabit europea», la Commissione ha annunciato gli obiettivi per il 2025: 1. connettività di almeno un 1 Gbps per scuole, biblioteche e uffici pubblici; 2. connettività di almeno 100 Mbps per tutte le famiglie europee; 3. copertura 5G ininterrotta in tutte le aree urbane e lungo i principali assi di trasporto terrestre;

al fine di conseguire gli obiettivi europei, la Strategia italiana per la banda ultralarga è stata approvata dal Consiglio dei ministri, nella seduta del 3 marzo 2015, anche sulla base delle risultanze dell'indagine conoscitiva congiunta dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato sulla concorrenza statica e dinamica nel mercato dei servizi di accesso e sulle prospettive di investimento nelle reti di telecomunicazioni a banda larga e ultralarga rese note l'8 novembre 2014;

con riferimento agli interventi dal lato dell'offerta, nell'ambito del piano nazionale banda ultralarga si è preso atto che l'obiettivo europeo «Banda larga ultraveloce» non può essere conseguito senza un intervento pubblico che stimoli ed orienti la programmazione dei privati;

nel piano si è proceduto, a questo scopo, a distinguere il territorio nazionale, da un punto di vista tecnico, in 94.645 sotto-aree e da un punto di vista della qualità delle connessioni in 4 cluster di intervento a seconda del livello di coinvolgimento pubblico necessario per il conseguimento dell'obiettivo, prevedendo il cluster C – aree marginali (nelle quali gli operatori possono maturare l'interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale) e il cluster D – aree a fallimento di mercato (cosiddette «aree bianche») per le loro caratteristiche di scarsa densità abitativa e di dislocazione frastagliata sul territorio, per le quali solo l'intervento pubblico diretto può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps;

il piano ha programmaticamente destinato, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2014-2020, 3,5 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi di euro per interventi di immediata attivazione, rinviando a una successiva delibera l'assegnazione di ulteriori risorse nel limite massimo di 1,3 miliardi di euro. Ulteriori risorse, fino a 1,4 miliardi di euro, potranno essere conferite al piano strategico per la banda ultralarga, con successivi provvedimenti normativi (previo reperimento delle coperture finanziarie) per un totale di 4,9 miliardi di euro;

il primo bando per la realizzazione della rete in fibra nelle cosiddette «aree bianche», quelle cioè a fallimento di mercato, e «grigie» raggruppate nei cluster C e D previsti dal piano nazionale banda ultralarga ha previsto un finanziamento pubblico di 1,4 miliardi di euro, suddivisi in più di un miliardo di euro di fondi statali (FSC) e 352 milioni ai fondi strutturali a livello regionale. La gara è stata aggiudicata ad Open Fiber ed il bando ha riguardato la progettazione, la realizzazione, la manutenzione e la gestione di una rete passiva e attiva di accesso in modalità wholesale, atta a consentire agli operatori di telecomunicazione di fornire servizi ad utenti finali a 100 Mbps. La rete è stata ceduta in concessione a Open Fiber per 20 anni e rimarrà di proprietà pubblica alla scadenza della stessa;

il 24 agosto 2016 è stato pubblicato il secondo bando per la costruzione della rete pubblica a banda ultralarga nelle aree bianche, suddiviso in 6 lotti funzionali e concernente le regioni Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Lazio, Basilicata, Campania, Umbria, Sicilia, Marche, Liguria e provincia di Trento. Anche in tal caso la procedura è stata aggiudicata all'operatore Open Fiber;

il terzo bando di gara, relativo all'aggiudicazione dei lotti riguardanti le tre regioni rimanenti (Puglia, Calabria e Sardegna) è stato pubblicato il 17 aprile 2018; la gara si è conclusa il 18 dicembre 2018 ed è stata aggiudicata il 30 gennaio 2019. Anche in tal caso è risultato aggiudicatario per tutti i lotti l'operatore Open Fiber;

la fibra ottica è l'unica tecnologia che, per caratteristiche fisiche, può essere definita realmente «a prova di futuro» e non soggetta al degrado di prestazioni dovuto all'ampliarsi dei servizi disponibili in rete. Lo sviluppo rapido e sostenibile della fibra ottica è, quindi, prioritario per il Paese in quanto premessa necessaria e ineludibile per lo sviluppo del 5G, dell’«industria 4.0» e per realizzare la rivoluzione digitale che rappresenta la più concreta occasione di benessere e di lavoro per le nuove generazioni;

la direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, riconosce che i proprietari di rete il cui modello di business (wholesale only) si limita alla fornitura di servizi all'ingrosso ad altri soggetti svolgono un ruolo positivo nella creazione di un mercato all'ingrosso dinamico, con effetti positivi per la concorrenza nel mercato al dettaglio a valle;

la stessa direttiva considera il modello di business wholesale only attraente per potenziali investitori finanziari interessati a infrastrutture meno volatili e con prospettive a più lungo termine di installazione delle reti ad altissima capacità;

si rileva che la presenza di concorrenza sul mercato delle telecomunicazioni ha ampliato negli ultimi 20 anni la disponibilità dei servizi, riducendone i costi per i consumatori. Qualsiasi riduzione di concorrenza, in assenza dei necessari e tempestivi interventi regolatori, sicuramente non sarebbe nell'interesse dei cittadini, che dovrebbero sostenere costi più alti e soprattutto porterebbe, con ogni probabilità, ad un rallentamento del necessario processo di aggiornamento delle reti verso l’ultra broad band;

come documentato dalla Commissione europea nel rapporto Desi 2018, il nostro Paese mostra un mercato caratterizzato da un crescente livello di concorrenza infrastrutturale, in primo luogo grazie all'ingresso sul mercato di Open Fiber, operatore wholesale only non verticalmente integrato, che alla fine del 2016 ha completato l'acquisizione di Metroweb Italia da F2i e FSI Investimenti. Sempre secondo la Commissione si assiste in Italia a un crescente livello di concorrenza a livello infrastrutturale e a una combinazione di investimenti a carattere pubblico e privato, grazie ai quali si sta registrando un significativo miglioramento sul fronte dell'installazione di reti di accesso in fibra ottica di nuova generazione (Nga), in conformità agli obiettivi previsti dall'Agenda digitale della Commissione europea, con conseguenti effetti positivi anche sul fronte della domanda che sta aumentando in parallelo, anche se ad un ritmo più lento;

guardando l'indice Desi, utilizzato dalla Commissione europea per misurare l'evoluzione della competitività digitale dei Paesi membri, l'Italia nel 2018 è quartultima, la stessa posizione che ricopriva l'anno precedente, ma anche la stessa che ricopriva nel 2014;

il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, in linea con il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, all'articolo 23-ter, prevede che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni possa indicare uno schema di eventuale aggregazione volontaria dei beni relativi alle reti di accesso appartenenti a diversi operatori, in un soggetto giuridico non verticalmente integrato e wholesale, appartenente a una proprietà diversa o sotto controllo di terzi indipendenti, ossia diversi da operatori di rete verticalmente integrati, volto a massimizzare lo sviluppo di investimenti efficienti in infrastrutture nuove e avanzate a banda ultralarga, con le migliori tecnologie disponibili, comunque in grado di fornire connessioni stabili, anche tenuto conto delle possibili inefficienze derivanti dall'eventuale duplicazione di investimenti. In caso di attuazione dello schema da parte degli operatori, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni determina gli adeguati meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito, tenendo conto anche del costo storico degli investimenti effettuati in relazione alle reti di accesso trasferite, della forza lavoro dei soggetti giuridici coinvolti e delle migliori pratiche regolatorie europee e nazionali adottate in altri servizi e industrie a rete;

occorre puntare, quindi, a una aggregazione tra le reti di TIM e Open Fiber con un baricentro azionario nella Cassa depositi e prestiti e non in capo all'operatore verticalmente integrato; un'aggregazione aperta alla gestione della nuova rete da parte degli operatori infrastrutturali già attivi sul territorio nazionale;

il baricentro azionario in capo a Cassa depositi e prestiti rappresenterebbe, inoltre, il miglior strumento per garantire al nostro Paese la sicurezza delle reti e dei servizi in modo da resistere, a un determinato livello di riservatezza, a qualsiasi azione che comprometta la disponibilità, l'autenticità, l'integrità o la riservatezza di reti e servizi e dei dati conservati, trasmessi o trattati;

ipotesi di fusione per incorporazione di Open Fiber in TIM (come riportate dai media) e cioè in capo all'operatore verticalmente integrato risulterebbero, quindi, contrarie allo spirito del codice europeo imperniato, come detto, sulla figura dell'operatore wholesale only e sulla promozione del co-investimento per la realizzazione di reti ad altissima capacità trasmissiva, nonché al recente intervento legislativo del Parlamento italiano che esclude espressamente una siffatta aggregazione in capo all'operatore verticalmente integrato;

inoltre, una simile operazione determinerebbe la fusione tra le due principali infrastrutture di rete italiane, quella dell'operatore storico TIM e quella del suo principale concorrente Open Fiber (peraltro, quest'ultimo, beneficiario dei fondi pubblici stanziati a favore dell'aggiudicatario delle tre gare bandite da Infratel e della maggiorazione di punteggio prevista proprio a favore degli operatori wholesale only). Detta fusione solleverebbe evidenti criticità, sia sul versante regolamentare che su quello antitrust, in quanto pregiudicherebbe quell'assetto concorrenziale auspicato dal Regolatore europeo e nazionale sin dal lontano 1998, anno in cui fu completata la liberalizzazione del settore;

viceversa, l'aggregazione delle reti Tim e Open Fiber con il baricentro azionario nella cassa depositi e prestiti e non in capo all'operatore verticalmente integrato consentirebbe lo sviluppo di investimenti efficienti in infrastrutture nuove e avanzate a banda ultralarga, assicurando la necessaria transizione degli asset consistenti nella infrastruttura di rame destinata ad essere dismessa; una soluzione del genere (ovvero quella di una società pubblica della rete che sia: a) unica, b) non verticalmente integrata, c) sul modello Wholesale only) sarebbe peraltro in linea con i livelli di partecipazione pubblica negli assetti proprietari dei principali operatori di telecomunicazioni europei e in totale assonanza con quanto auspicato dalla stessa Unione europea a proposito dell'adozione del modello Wholesale only come modello europeo per assicurare il dovuto sostegno infrastrutturale alle esigenze di crescita dell'economia europea. Va inoltre ricordato che un operatore Wholesale-only non ha alcun incentivo a discriminare gli operatori nel mercato al dettaglio, dal momento che non opera in tale mercato, diversamente dall'operatore verticalmente integrato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per risolvere l'ormai annoso problema della condizione di stallo dell'intero settore delle telecomunicazioni italiane, che ormai si protrae da alcuni anni, una condizione di stallo che blocca le operations strategiche degli operatori, rallenta gli investimenti, allontana gli investitori istituzionali e internazionali, conferisce all'intero settore industriale uno stato di incertezza e di scarsa propensione per il futuro, accentua la condizione di crisi di molte società dell'indotto le quali, a causa dello stato di stallo, si trovano in condizioni di gravi difficoltà con conseguenti ricadute anche sul piano occupazionale, mentre l'operatore nazionale incumbent non sembra neanche in condizione di valorizzare l'immensa mole di personale molto qualificato che ha;

2) a promuovere, mediante la partecipazione azionaria detenuta da Cassa depositi e prestiti in TIM e in Open Fiber, l'aggregazione dei beni relativi alle reti di telecomunicazioni e a tutti gli asset infrastrutturali appartenenti a diversi operatori in capo a un soggetto giuridico non verticalmente integrato, creando una società unica della rete, con modello di business fondato sul Wholesale only e controllato dalla stessa Cassa depositi e prestiti;

3) ad adottare iniziative per far sì che la «società della rete» possa garantire il corretto utilizzo di fondi pubblici stanziati, assicurando l'ottimizzazione degli investimenti già effettuati e imponendo la verifica periodica del programma di sviluppo nazionale sotto il controllo della Presidenza del Consiglio, con un piano industriale vincolante che preveda il rispetto degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana ed europea;

4) ad individuare le forme più adeguate ed avanzate per assicurare la sicurezza e l'integrità delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, proteggendo l'integrità delle informazioni relative ai cittadini italiani e ai consumatori e garantendo la protezione della proprietà intellettuale dei brevetti e della ricerca di imprese ed università italiane contro ogni attacco nei confronti della sovranità digitale e tecnologica del Paese, posto che tutto ciò rappresenta un obiettivo ineludibile che anche in Italia, come già accade in tutti i principali Paesi dell'Unione europea, deve individuare le forme più adeguate di governance, per una valorizzazione delle competenze e delle responsabilità, e le forme più efficaci di intercettazione delle risorse adeguate e di ottimizzazione del loro uso.

(1-00274)

  

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