Camera dei Deputati -3-01276 - Interrogazione sulla normativa riguardante il pubblico impiego per i cittadini dell'Unione europea. RISPOSTA

Camera dei Deputati -3-01276 - Interrogazione a risposta orale presentata il 3 febbraio 2020.

Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

la normativa sul pubblico impiego prevede che i cittadini dell'Unione europea possano accedere a quei rapporti di lavoro pubblico che non comportano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, oppure che non risultano delicati in relazione alla tutela dell'interesse nazionale. In particolare, il requisito della cittadinanza italiana va sicuramente previsto in caso di funzioni che comportano l'elaborazione, la decisione, l'esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi, oppure funzioni di controllo;

tali norme trovano applicazione anche per i cittadini stranieri non comunitari, se titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo, se rifugiati o se titolari della protezione sussidiaria, permettendo di adeguare il nostro ordinamento alle direttive dell'Unione europea, confermando al tempo stesso che lo straniero non può accedere a tutti i pubblici impieghi. Si tratta di una scelta, anche politica, che trova conferma nella legislazione in vigore, italiana e comunitaria, e che, come sostenuto anche dalla Corte di cassazione, non va intesa come discriminazione lesiva del principio d'uguaglianza, giacché non esiste un principio generale di ammissione dello straniero non comunitario al lavoro pubblico, come ribadito anche nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dalla legge italiana. Tanto meno viene impedito il diritto allo straniero di lavorare in assoluto. Si tratta di restrizioni che hanno un fondamento giuridico;

la Costituzione italiana garantisce il diritto al lavoro, ammettendo però che, per alcune attività, sia legittimo fissare condizioni e requisiti di accesso restrittivi (di età, di studio, di esperienza e altro). Come appunto stabilisce anche in riferimento al pubblico impiego, dove, da un lato ne prescrive espressamente l'accesso mediante concorso, salvo alcune eccezioni previste dalla legge, ed impone agli impiegati di prestare il loro servizio in forma esclusiva alla Nazione, e, dall'altro, riconosce implicitamente che negli impieghi pubblici ci siano interessi dello Stato o della collettività tali da giustificare la «preferenza» per i cittadini italiani rispetto ai comunitari e agli extracomunitari. Ciò in base alle particolarità e alla delicatezza del lavoro da compiere –:

recentemente, nei comuni di Ala e delle Valli del Reno, Lavino e Samoggia sono stati banditi concorsi per agenti di polizia municipale aperti a cittadini stranieri non comunitari, titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo, rifugiati o titolari della protezione sussidiaria;

se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di cui in premessa e se, alla luce delle criticità sopra richiamate, non intenda assumere iniziative normative al fine di evitare che vengano predisposti concorsi pubblici, per ruoli particolarmente sensibili, come ad esempio quelli degli agenti di pubblica sicurezza, aperti a cittadini stranieri non comunitari, titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo, rifugiati o titolari della protezione sussidiaria.

 

Camera dei Deputati

Martedì 4 febbraio 2020

La seduta è iniziata alle 11:00.

Iniziative normative per evitare la partecipazione di cittadini stranieri non comunitari, titolari di permesso di soggiorno o beneficiari di protezione internazionale, ai concorsi pubblici per ruoli sensibili, con particolare riferimento agli agenti di pubblica sicurezza

PRESIDENTE. La Ministra per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Cattoi ed altri n. 3-01276 (Vedi l'allegato A).

FABIANA DADONE, Ministra per la pubblica amministrazione. Grazie, Presidente. Rispondo all'interrogazione in oggetto, con la quale si chiede di sapere quali misure si intendano assumere, in ordine alla decisione dell'Unione Valli del Reno di consentire ai cittadini stranieri non comunitari, titolari di permessi di soggiorno di lunga durata, rifugiati o titolari di protezione internazionale sussidiaria, di partecipare al concorso pubblico per l'assunzione di agenti di polizia locale.

Evidenzio che non rientra nelle competenze del Ministero della Pubblica amministrazione la verifica circa la legittimità degli atti di gestione posti in essere dalle singole amministrazioni. Cionondimeno e sulla base degli elementi che mi sono stati forniti dal Ministero dell'Interno, rappresento quanto segue. L'Unione Valli del Reno, Lavino e Samoggia, con bando datato 15 giugno 2008, pubblicato sul sito Internet istituzionale mediante avviso in Gazzetta Ufficiale - 4a Serie speciale - n. 47, del 15 giugno 2018, ha indetto una “Selezione pubblica per la copertura, a tempo indeterminato, di un posto di agente di polizia municipale, categoria C, per il Comune di Valsamoggia”.

L'articolo 1 del bando di selezione, con specifico riguardo alle mansioni previste per la figura professionale ricercata, prevedeva, a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, le seguenti attività: “vigilanza e presidio del territorio, in applicazione di leggi, regolamenti, ordinanze e programmi del comune in tema di controllo della mobilità e sicurezza stradale, compresa attività di polizia stradale e rilevazione di incidenti stradali, interventi di emergenza e di protezione civile; vigilanza e controllo nell'ambito di tutte le di materia di competenza, esercitando funzioni di polizia di prossimità e di comunità, nonché di prevenzione e repressione della violazione di norme di legge e regolamentari, al fine di tutelare i diritti dei cittadini, la sicurezza urbana, e di favorire la corretta e regolare esecuzione delle attività produttive e sociali; rapporti con i cittadini fornendo supporto e informazione; collaborazione con attività istruttoria, atti e provvedimenti di competenza”.

Quanto ai requisiti, l'articolo 2 del bando prevedeva che la candidatura poteva essere formalizzata da cittadini italiani, nonché da “cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea; familiari di cittadini comunitari non aventi cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente; titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria; ai familiari non comunitari di titolare dello status di protezione sussidiaria presenti sul territorio nazionale che individualmente non hanno diritto a tale status (…); cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo”.

In relazione ai cittadini stranieri il bando di selezione prevedeva che essi dovessero godere dei diritti civili e politici anche negli Stati di appartenenza o provenienza, nonché possedere tutti i requisiti previsti per i cittadini italiani e quindi anche un'adeguata conoscenza della lingua italiana scritta, parlata e letta.

Alla procedura selettiva in parola non hanno partecipato cittadini stranieri, ma esclusivamente candidati in possesso della cittadinanza italiana. Quanto alla possibilità, però, di inserire in un bando di selezione finalizzato al reclutamento di agenti di polizia di una previsione diretta a consentire la partecipazione anche a candidati non in possesso di cittadinanza italiana, evidenzio che l'articolo 38 del decreto legislativo del 30 marzo 2001 prevede, ai commi 1 e 2, quanto segue:”I cittadini degli Stati membri dell'Unione Europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto del 1988 n. 400 e successive modificazioni e integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non si può prescindere dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1”.

È noto che l'obbligatorietà della cittadinanza italiana quale requisito per l'accesso ai pubblici impieghi è stata oggetto di una recente pronuncia dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che, con sentenza n. 9 del 2018, ha affermato che “l'articolo 1 del DPCM n. 174 del 1994 e l'articolo 2, comma 1, del DPR n. 478 del 1994, laddove impediscono in assoluto ai cittadini di altri Stati membri dell'UE di assumere i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato e laddove non consentono una verifica in concreto della sussistenza o meno del prevalente esercizio di funzioni autoritative in relazione alla singola posizione dirigenziale, risultano in contrasto con il paragrafo 2, l'articolo 45del TFUE, e quindi non possono trovare applicazione”.

Orbene, pur dovendosi prendere atto che la pronuncia riguarda un caso specifico diverso da quello concreto, si evidenzia che l'articolo 2, comma 1, lettera a), del DPCM n. 174 del 1994 prevede che la cittadinanza italiana sia requisito necessario per l'esercizio di “funzioni che comportino l'elaborazione, la decisione, l'esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi”.

Nel caso di specie, il bando prevede che tra le mansioni previste per la figura professionale messa a concorso vi fossero funzioni di “prevenzione e repressione della violazione di norme di legge e regolamentari”. Trattasi, quindi, di attività e di funzioni che sembrano far riferimento all'esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi, che, anche alla luce dell'ordinamento eurounitario, legittimano l'applicazione della cosiddetta eccezione di nazionalità di cui all'articolo 45, paragrafo 4, del TFUE.

I requisiti da utilizzare per individuare gli impieghi in questione, per i quali è necessario il riconoscimento della cittadinanza, sono stati anche specificati dalla Commissione europea con una comunicazione interpretativa dal titolo “Libera circolazione dei lavoratori”. Con questo documento l'Esecutivo comunitario ha ricordato che gli Stati membri sono autorizzati sì a riservare gli impieghi nella pubblica amministrazione ai loro cittadini solo se questi impieghi sono direttamente collegati ad attività specifiche della pubblica amministrazione, vale a dire quando questa sia investita dell'esercizio dell'autorità pubblica e della responsabilità di salvaguardare gli interessi generali dello Stato.

Infine la stessa Commissione europea, con la comunicazione di cui poc'anzi abbiamo parlato, sottolinea l'azione della Commissione in materia di applicazione dell'articolo 48, paragrafo 4, del Trattato della Comunità europea e dichiara come la riserva di nazionalità riguardi gli impieghi dipendenti dai ministeri statali, dai governi regionali, dalle collettività territoriali e da altri enti assimilati, ed infine dalle banche centrali, quando si tratti di personale che esercita attività coordinate intorno ad un potere giuridico dello Stato o di un'altra persona morale di diritto pubblico, come l'elaborazione di atti giuridici, la loro esecuzione, il controllo della loro applicazione e la tutela degli organi indipendenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Cattoi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

VANESSA CATTOI (LEGA). Grazie, Presidente. Ministro, mi ritrovo parzialmente soddisfatta della risposta, anche se, a dire il vero, quando mi si dice da parte del Ministro che non si può comunque rientrare nel merito della legittimità o meno dei bandi che sono stati comunque esposti dai vari comuni citati all'interno della mia interrogazione, non mi trova particolarmente concorde, perché è vero, sì, che andiamo a verificare poi chi ha partecipato a questi bandi ex post, ma ritengo doveroso da parte della pubblica amministrazione, nel momento in cui viene formalizzato un bando, di cercare di appurare e di essere molto meticolosi per evitare che delle possibili persone possano accedere al bando perché comunque ritengono di averne i requisiti. Ritengo che la pubblica amministrazione, sia essa a livello di ente territoriale comunale sia essa a livello statale, debba comunque portare chiarezza all'interno di questi bandi.

Infatti trovo innanzitutto importante ricordare alcuni passaggi dell'interrogazione, perché avevamo fatto riferimento all'interno dell'interrogazione, sia io che gli altri colleghi proponenti, come i cittadini dell'Unione europea possano sì accedere a quei rapporti di lavoro pubblico che non comportino un esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri oppure che non risultino delicati in relazione alla tutela dell'interesse nazionale. Riteniamo che la figura di agente di pubblica sicurezza rientri comunque nei casi in cui vi sia un esercizio diretto o indiretto di un pubblico potere e che ci sia anche una tutela dell'interesse nazionale, perché la pubblica sicurezza riguarda un interesse nazionale.

È pur vero, poi, che si va ad analizzare la situazione ex post, ma ritengo doveroso che ex ante i vari bandi rientrino comunque, anche attraverso una circolare del Ministero che potrebbe chiarire come i vari segretari degli enti comunali prestino maggiore attenzione in fase di redazione di questi bandi che riguardano un bando di concorso pubblico per una tipologia di agenti che devono poi presidiare i nostri territori e che devono garantire la tutela e la sicurezza dei piccoli comuni.

Ritengo che la Costituzione italiana, come ha detto lei, è vero, garantisca il diritto al lavoro, ammettendo, però, che per alcune attività sia legittimo fissare, come da lei detto, alcune condizioni e requisiti di accesso restrittivi, perché sono presenti all'interno dei nostri bandi pubblici, ad esempio, degli accessi restrittivi come l'età, il titolo di studio oppure le esperienze, come stabilisce anche il riferimento al pubblico impiego, dove, da un lato, ne prescrive espressamente l'accesso mediante concorso, salvo alcune eccezioni previste dalla legge, ed impone, altresì, agli impiegati di prestare il loro servizio in misura esclusiva alla nostra nazione, e, dall'altro, riconosce implicitamente che negli impieghi pubblici ci siano interessi dello Stato e della collettività tali da giustificare la preferenza per i cittadini italiani rispetto ai comunitari e agli extracomunitari.

Ciò in base, ovviamente, come diceva lei, a dei prerequisiti di particolarità e di delicatezza del lavoro che dovranno poi compiere.

Riteniamo quindi, come gruppo Lega, di poterci definire parzialmente soddisfatti della sua risposta proprio per quanto sopraesposto.

La seduta è terminata alle 12:10.

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