Camera dei deputati – 4-06527 – Interrogazione sul grave danno ambientale causato dalle operazioni di svaso della diga di Pavana sul fiume Limentra. RISPOSTA

Camera dei deputati – 4-06527 – Interrogazione a risposta scritta presentata il 31 luglio 2020

Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

le operazioni di svaso della diga di Pavana situata sul fiume Limentra, al confine fra la regione Toscana e l'Emilia-Romagna, rese necessarie per ottemperare all'ordine di adeguamento sismico richiesto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al gestore della diga, Enel Green Power, hanno cagionato, e purtroppo gli effetti devastanti non possono ritenersi esauriti dal momento che ad oggi risultano coinvolti dal fenomeno anche 20 chilometri del fiume Reno interessando i comuni dell'Alto Reno Terme (Bologna) e di Vergato (Bologna), un gravissimo danno ambientale di incalcolabili proporzioni e di inaudita portata a causa della fuoriuscita di tonnellate di fango sedimentate negli anni sul fondo del bacino che hanno invaso il fiume, provocando una moria di pesci e la distruzione di un intero ecosistema;

la causa di quanto accaduto parrebbe riconducibile ad un cedimento durante la fase conclusiva dello svuotamento di materiale sovrastante limitrofo che avrebbe reso necessario il mantenimento della completa apertura dello scarico di fondo della diga con conseguente eccessiva fuoriuscita di sedimento lungo l'alveo a valle della diga;

questo tratto fluviale non è nuovo a simili episodi ricordando che già negli anni 1993 e 1997 si verificarono, sempre a causa di simili operazioni, disastri di questo tipo con danni inestimabili al patrimonio floro-faunistico della zona;

già nei mesi precedenti all'inizio dei lavori alla diga di Pavana anche le associazioni dei pescatori avevano lanciato l'allarme alle autorità competenti circa il potenziale rischio ambientale derivante dalle operazioni in questione e della necessità di attuare tutte le misure necessarie al fine di prevenire possibili danni alla fauna ittica presente nel bacino di Pavana e nel fiume Reno anche spostando i pesci in altri corsi d'acqua prima di aprire la diga, sottolineando la mancanza, contrariamente al passato, di una commissione ittica di zona che avrebbe potuto occuparsi della salvaguardia del fiume monitorando costantemente la situazione –:

se intendano attivarsi urgentemente presso gli enti e le società competenti al fine di comprendere quanto prima le ragioni dell'accaduto ed accertare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità verificando se siano state preventivamente adottate tutte le misure necessarie a garantire la messa in sicurezza e la tutela ambientale dell'area interessata;

nel caso venissero accertate delle responsabilità, come ritenga possa essere risarcito il danno causato all'intero ecosistema e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, nei confronti di chi, all'uopo preposto, non abbia assunto tutte le dovute precauzioni ambientali.
(4-06527)

Camera de Deputati

Venerdì 15 gennaio 2021
Sul grave danno ambientale causato dalle operazioni di svaso della diga di Pavana sul fiume Limentra

Risposta. Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.

Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel mese di agosto 2020 ha ricevuto richiesta di intervento ai sensi dell'articolo 309, decreto legislativo n. 152 del 2006, da parte delle regioni Emilia-Romagna e Toscana.

Entrambe le richieste hanno evidenziato problematiche ambientali correlate alle operazioni di svaso della diga di Pavana, situata al confine tra le regioni Emilia Romagna e Toscana e gestita dalla Enel Green Power Italia s.r.l. (a seguire indicato anche come «operatore»). Dette operazioni sono state condotte in loco il 28 luglio 2020, con ingenti rilasci di sedimenti sul torrente Limentra di Sambuca, eccedenti le quantità autorizzate e con effetti sulla fauna ittica.

Gli impatti, riferiscono le regioni, si sono propagati fino al fiume Reno, nel territorio della provincia di Bologna, causando significative alterazioni al relativo ecosistema.

Le operazioni di svaso della diga in questione sono state autorizzate dalla regione Emilia-Romagna con determinazione dirigenziale n. 2004 del 6 luglio 2020, recante approvazione del piano operativo per lo svaso del bacino diga di Pavana trasmesso da Enel con nota dell'aprile 2020, imposto dal provvedimento urgente e contingibile dell'ufficio tecnico per le dighe di Firenze n. 7906 del 1° aprile 2020 e «...motivato da superiori finalità di tutela e salvaguardia della pubblica incolumità».

La menzionata autorizzazione prevede, tra l'altro, espressamente gli obblighi a carico di Enel Green Power Italia di «... provvedere a ripristinare tempestivamente qualsiasi danno causato dalle opere idrauliche ed al corso d'acqua per l'effetto dello svaso...», nonché l'obbligo di «... risarcimento per gli eventuali danni che fossero arrecati a terzi e/o alle amministrazioni interessate dalla procedura in corso».

Con una prima comunicazione del 10 agosto l'operatore ha riferito al Ministero l'avvenuta necessità, nella mattina del giorno 28 luglio 2020, di mantenimento dell'apertura dello scarico di fondo della diga a causa della presentazione di «... sedimenti che, molto verosimilmente per fenomeni di adesione, mostravano una maggiore e imprevista consistenza e che scivolavano in grosse quantità e in blocchi nello scarico dell'invasi».

A seguito delle richieste di intervento statale ricevute ex articolo 309, decreto legislativo n. 152 del 2006, lo stesso Ministero si è prontamente attivato chiedendo alla soc. Enel Green Power Italia di comunicare, nel dettaglio, tutte le iniziative e le misure di ripristino adottate ai sensi dell'articolo 305, comma 1, lettere a) e b), decreto legislativo n. 152 del 2006, da trasmettere entro il termine di 30 giorni dall'evento ai sensi dell'articolo 306, comma 1, decreto legislativo citato.

La richiesta ha comportato il coinvolgimento dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) per un'opportuna valutazione.

L'Enel Green Power Italia ha quindi illustrato le prime misure di prevenzione poste in essere chiedendo un differimento del termine di 30 giorni previsto dalla legge per la presentazione delle misure di riparazione.

Il Ministero ha ribadito l'obbligo previsto dalla legge di presentazione entro 30 giorni dall'evento dannoso delle possibili misure di riparazione conformi all'allegato III, parte sesta, decreto legislativo n. 152 del 2006 (articolo 306, comma 1, decreto legislativo n. 152 del 2006, come richiamato dall'articolo 305, comma 1, lettera b), decreto legislativo medesimo), ferma restando, peraltro, la facoltà di successivi ulteriori approfondimenti.

A ciò ha fatto seguito la trasmissione, da parte dell'operatore, di una nuova comunicazione recante illustrazione delle prime misure di ripristino adottate e con riserva di ulteriori integrazioni da trasmettere all'amministrazione entro la fine del corrente mese di settembre.

Nella menzionata nota Enel Green Power Italia indica:

1) in merito alla componente acqua: la conferma della conduzione di monitoraggi ambientali in continuo sia sul torrente Limentra che lungo il fiume Reno per la verifica dei parametri di torbidità ed ossigeno di sciolto, al fine di verificare l'evoluzione delle condizioni a seguito dell'evento, con indicazione di un miglioramento della situazione con il ripristino dei livelli precedenti lo svaso lungo tutto l'alveo interessato e con indicazione del successivo monitoraggio da condurre nei mesi di settembre, novembre e febbraio, impiegando l'indicatore relativo allo stato ecologico del corso d'acqua (indice LIMeco) e quello associato al suo stato chimico;

2) per quanto concerne l'habitat:

a) l'assenza, a seguito dei sopralluoghi e rilievi effettuati nei giorni successi all'evento, di modifiche morfologiche dell'alveo e delle sponde che possano configurarsi come ostacoli per la normale idraulicità o in caso di eventi di piena, peraltro con rilievo di spessori di sedimentazione più significativi soltanto in «... alcune zone ben individuate e circoscritte, strettamente legate alla morfologia fluviale, con poche rive convesse che hanno favorito il deposito dei sedimenti», con interventi effettuati presso tali zone di accumulo dei sedimenti attraverso l'impiego di una ditta specializzata secondo uno specifico piano di intervento per la rimozione degli organismi morti ed il recupero di sedimento, mediante mezzi idonei all'escavazione in alveo, nonché per l'aspirazione e lo stoccaggio di detto materiale.

L'operatore riferisce, altresì, al riguardo che detti interventi sono stati effettuati con autorizzazioni a lavori in alveo dedicati, e, quanto al materiale, esso sarà conferito – previa caratterizzazione – a discarica autorizzata.

Ulteriori azioni previste sono quelle di:

a) provvedere al rilascio di acqua dagli invasi esistenti e lavaggi dalle opere idrauliche (anche in coda ad eventuali eventi di piena) per consentire la diluizione di tali sedimenti;

b) proseguire, per le zone che mostrano il maggiore accumulo, con il monitoraggio anche nei mesi a venire, al fine di valutare l'evoluzione in considerazione dei possibili eventi di piena e dei lavaggi;

3) relativamente al ripristino delle specie ittiche coinvolte:

a) la conduzione di un piano di ripopolamento al fine di concorrere alla loro riparazione primaria nel bacino di Pavana, ai sensi del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 2 aprile 2020, «Criteri per la reintroduzione e il ripopolamento delle specie autoctone di etti all'allegato D del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e per l'immissione di specie e di popolazioni non autoctone», con centralità sull'uso di specie autoctone previa «... attenta consultazione delle documentazioni pregresse in merito al numero di specie e distribuzione spaziale a scala di bacino idrografico» e con utilizzo di novellame o individui giovanili della stessa, catturati all'interno del medesimo bacino idrografico o comunque più prossimi geograficamente (fiume Reno e/o affluenti).

L'operatore prevede l'inizio delle operazioni di «traslocazione», tenendo conto del ciclo riproduttivo, nella primavera del 2021, con verifica dell'acclimatazione da condurre almeno per un'intera stagione.

In conclusione l'operatore ha, infine, rammentato, di proseguire le attività anche nel rispetto della sopra menzionata autorizzazione alle operazioni di svaso della diga, rilasciata da regione Emilia-Romagna con determinazione n. 2004/2020.

Con specifica nota dell'8 settembre il Ministero ha, pertanto, richiesto ad Ispra l'opportuna valutazione tecnica delle sopra indicate misure di ripristino, nonché di quelle che saranno successivamente comunicate.

In armonia con la disciplina europea di cui alla direttiva 2004/35/CE l'operatore è soggetto, peraltro, agli obblighi di cui all'articolo 305, comma 1, lettere a) e b), decreto legislativo n. 152 del 2006, quanto all'obbligo di adottare immediatamente:

a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;

b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306, decreto legislativo medesimo.

Come detto tali misure devono essere presentate «senza indugio e comunque non oltre 30 giorni dall'evento dannoso» al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'approvazione, con costi a carico dell'operatore (combinato articoli 306, comma 1, e 308, comma 1, decreto legislativo citato).

Nel caso in questione rileva, altresì, ai sensi dell'articolo 298-bis, comma 1, lettera a), decreto legislativo n. 152 del 2006, una responsabilità oggettiva dell'operatore in riferimento ai danni cagionati dall'attività professionale condotta, trattandosi di attività rientrante nell'elenco di cui all'Allegato V, parte sesta, decreto legislativo n. 152 del 2006, punto 6 (estrazione e arginazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/Ce).

All'esito delle ulteriori misure di ripristino ambientale che saranno comunicate dall'operatore, il Ministero valuterà, con l'ausilio di Ispra, l'idoneità delle azioni poste in essere, se del caso richiedendo le integrazioni necessarie.

Dette misure di ripristino dovranno, infine, essere sottoposte al Ministro per l'approvazione prevista dalla legge (citato articolo 306, comma 1, decreto legislativo n. 152 del 2006).

Quanto sopra fermo restando la possibilità per questo Ministero di costituirsi parte civile nell'eventuale giudizio penale che potrà all'uopo promuoversi nei confronti del presunto responsabile qualora dovessero emergere ipotesi di reato.

Nel caso di mancato adempimento degli obblighi previsti dagli articolo 305 e 306, decreto legislativo n. 152 del 2006, resta ferma la possibilità per il Ministero di agire ai sensi dell'articolo 311, decreto legislativo citato, in sede giudiziaria nei confronti dei responsabili, per il conseguimento della riparazione del danno ambientale.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.

 

 

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