Camera dei Deputati - 7-00411 -Risoluzione sulla una piattaforma digitale turistica Airbnb e la disponibilità di alloggi (e voli) low cost.

Camera dei Deputati - 7-00411 -Risoluzione in Commissione presentata il 14 febbraio 2020.

La X Commissione,

premesso che:

Airbnb Italia definisce sé stessa come «una piattaforma digitale turistica, di annunci di alloggi e strutture ricettive, disponibile in 191 Paesi, che permette a milioni di persone di viaggiare in maniera unica, offrendo agli italiani la possibilità di condividere i propri spazi, la propria cultura e di generare nuove forme di reddito, tanto nelle grandi città quanto nei piccoli borghi. Airbnb consente di mettere a reddito l'enorme patrimonio abitativo (oltre cinque milioni di abitazioni sfitte secondo il censimento Istat, del 2011), che altrimenti rischierebbe di rimanere inutilizzato o sottoutilizzato...»;

l'Italia è il quinto mercato al mondo per Airbnb, con oltre 220 mila proprietari di casa che utilizzano il suo portale; nel 2019 ha ospitato in Italia 11,5 milioni di persone, il 22 per cento in più dell'anno precedente, di cui il 78 per cento stranieri. Il ritorno economico diretto sul territorio nazionale viene valutato da Airbnb Italia in 5,4 miliardi di euro nel 2018. Per lo stesso anno, dopo un serrato confronto con il fisco italiano, la società ha pagato 6,5 milioni di euro di tasse. A livello mondiale la società californiana, prossima alla capitalizzazione in borsa, è un gigante della web economy, con circa 4 miliardi di ricavi ogni anno, che muove 150 milioni di persone in 100 mila località in ogni angolo della terra;

il settore della ospitalità turistica ha vissuto negli ultimi dieci anni un processo di profonda trasformazione, con il massiccio inserimento sul mercato delle piattaforme di prenotazione digitale. Secondo il Cnel, Airbnb capitalizza 31 miliardi di dollari, con 6 milioni di listings e controlla circa il 60 per cento del mercato delle locazioni private nelle capitali New York, Londra, Parigi, Roma, mentre la piattaforma Booking.com controlla il 60 per cento di tutte le prenotazioni alberghiere europee, e insieme ad Expedia il 90 per cento del mercato dell'Unione europea;

per capire la dimensione che sta assumendo questo fenomeno, basta osservare i dati forniti per la Toscana (prima regione italiana come meta turistica) dall'Istituto regionale programmazione economica Toscana (Irpet) nel rapporto sul turismo regionale 2017, nel quale si rileva che se le presenze nelle strutture ufficiali censite sono state in Toscana nel 2017 pari a 46,3 milioni, quelle stimate in appartamenti prenotabili on line sono state per la prima volta di più, ovvero 48 milioni, cui vanno aggiunti circa 4 milioni stimati in strutture ricettive inadempienti agli obblighi di comunicazione dei dati;

questa evoluzione non è stata priva di effetti per il settore alberghiero; tra il 2017 e il 2019 la quota degli arrivi che alloggia negli alberghi, pur essendo cresciuta in valore assoluto, è diminuita dal 77 per cento al 75 per cento. Nel settore si sta verificando un'elevazione rapida della qualità verso le fasce elevate dell'offerta. In dieci anni (2007-2017) gli alberghi a 5 stelle in Italia sono aumentati del 78,2 per cento, quelli a 4 stelle del 37,8 per cento, quelli a tre stelle del 4 per cento; parallelamente gli alberghi a due stelle sono scesi del 23,1 per cento quelli a una stella del 40,1 per cento;

l'Assemblea costituente ha collocato la materia «turismo e industria alberghiera» tra quelle ricomprese nella competenza regionale demandando allo Stato il compito di dettare i principi della materia. Con la legge costituzionale n. 3 del 2001 la materia turismo è stata collocata tra le materie devolute alla competenza residuale delle regioni. In tale sistema si inseriscono le numerose leggi regionali in materia, dando luogo ad una ridda di interventi dai quali è oltremodo difficile individuare delle costanti;

uno studio condotto nel 2018 dall'università Bocconi restituisce un quadro piuttosto caotico: fatta eccezione per gli agriturismi, per nessuna tipologia di struttura extralberghiera risulta una definizione condivisa su tutto il territorio nazionale. Lo studio ha identificato oltre 40 diverse definizioni regionali di strutture ricettive e altrettanti criteri per definire le medesime forme di ospitalità; una casa vacanza ha ben 15 definizioni diverse in tutta Italia, un B&B ben 21. Questo rende più difficile la comprensione della normativa applicabile alle strutture extralberghiere;

il decreto legislativo n. 79 del 2011, recante il testo unico in materia di turismo, prevedeva: all'articolo 8 la possibilità di regolare la «classificazione delle strutture ricettive»; all'articolo 9, la «classificazione e disciplina delle strutture alberghiere e para alberghiere»; all'articolo 10, la «classificazione degli standard qualitativi delle imprese turistiche e ricettive»; all'articolo 11 «la disciplina della pubblicità dei prezzi»; all'articolo 12 la «classificazione e la disciplina delle strutture ricettive extralberghiere»; all'articolo 15 la «disciplina degli standard qualitativi dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture alberghiere». Con sentenza n. 80 del 2012, la Corte costituzionale ha accolto il ricorso delle regioni Toscana, Puglia, Umbria, Veneto e ha dichiarato la illegittimità costituzionale di 19 disposizioni del decreto, tra cui quelle sopra citate;

l'articolo 10, comma 2-ter, del decreto-legge n. 83 del 2014, introdotto dal comma 320 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, conteneva l'autorizzazione per il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza unificata, per l'aggiornamento degli «...standard minimi, uniformi in tutto il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive, ivi compresi gli alberghi diffusi, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali e dei sistemi di classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionali». Tale regolamento non è stato emanato;

la delega sul turismo, approvata dalla Camera il 10 luglio 2019 e in corso di esame al Senato (S. 1413) prevede all'articolo 1, comma 2, lettera h), n. 2) «la revisione e l'aggiornamento della normativa relativa alla classificazione delle strutture alberghiere, tenendo anche conto degli standard qualitativi riconosciuti a livello europeo e internazionale, nonché delle nuove forme di ospitalità, con definizione degli ambiti di attività e della tassonomia delle strutture ricettive ed extra-alberghiere, rafforzando le misure di contrasto dell'abusivismo nel settore e assicurando la trasparenza dell'offerta e la tutela della concorrenza»;

l'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, nell'estendere a tutte le forme di affitto breve non professionali svolta da persone fisiche proprietarie di immobili l'applicazione della cedolare secca del 21 per cento, dà una importante definizione di locazioni brevi (sotto i 30 giorni, anche al di fuori dell'esercizio di impresa) e indirettamente della piattaforme digitali: come i soggetti che «...gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone che cercano un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare...»;

il comma 3-bis dell'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 demanda a un regolamento successivo la definizione dei «...criteri in base ai quali l'attività di locazione si presume svolta in forma imprenditoriale, anche riguardo al numero delle unità immobiliari locate e alla durata delle locazioni in un anno solare...». La mancata emanazione di tale regolamento ha creato una lacuna da colmare al più presto;

il comma 5 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 prevede che le piattaforme digitali qualora incassino i proventi da parte degli utenti finali operino come sostituto d'imposta. Questa disposizione è stata oggetto di richiesta di sospensiva presso il Tar del Lazio da parte di Airbnb e ha dato origine a una controversia che il Consiglio di Stato, nel settembre 2018, ha rimandato alla Corte di giustizia europea. Airbnb nel frattempo si rifiuta di svolgere il ruolo di sostituto d'imposta, considerando la legge come «distorsiva della concorrenza»;

infine l'articolo 13-quater del decreto-legge n. 34 del 2019 ha previsto ulteriori misure per il contrasto all'evasione nel settore delle locazioni brevi quali la costituzione di apposita banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi e l'attribuzione a ciascuna unità immobiliare di un codice alfanumerico. Nella banca dati Alloggiati.web della polizia di Stato su cui tutti coloro che affittano su piattaforme telematiche devono comunicare le generalità degli inquilini, risultavano a fine 2018 195 mila appartamenti registrati, a fronte dei quasi 400 mila disponibili sui soli annunci gestiti da Airbnb;

con la crescita esponenziale degli operatori su piattaforma telematica (Booking, Airbnb, TripAdvisor, e altro) ci si trova oggi di fronte colossi per i quali forse la sola Unione europea ha dimensioni sufficienti per avviare una interlocuzione. Nel giugno 2019 dodici città europee, di cui due italiane (Firenze, Venezia Amsterdam, Parigi, Berlino, Barcellona, Bruxelles, Bordeaux, Monaco, Cracovia, Valencia e Vienna) hanno scritto al Parlamento europeo e alla Commissione europea per arginare l'invasione di Airbnb nei centri storici e per obbligarla a cooperare con le amministrazioni per il rispetto delle normative, innanzitutto fiscali;

i milioni di turisti che si stanno riversando verso l'Europa (713 milioni di arrivi nel 2018 rispetto ai 370 del 2010 – dati Unwto) e che la generalità delle previsioni vede in aumento nei prossimi anni, favoriti dai voli low cost e dalla crescita abnorme del fenomeno degli affitti brevi a basso costo, tendono a concentrarsi nelle grandi aree urbane e nelle località turistiche più rinomate, iconizzate a livello internazionale, creando disagi in termini di vivibilità dei centri storici, di disponibilità e prezzi degli immobili originariamente destinati ad abitazione, di pressione sui servizi pubblici, quali i trasporti, la sanità o la raccolta dei rifiuti;

la stampa racconta gli effetti degli affitti brevi su alcune città europee:

a Roma ci sono 1.200 alberghi attivi e circa 12 mila tra strutture registrate tra b&b, affittacamere, ostelli e altre strutture per un totale di 100 mila posti letto. Soltanto sul portale Airbnb si trovano 33 mila offerte di sistemazione in città, di cui oltre la metà nel centro storico, con altri 100 mila posti liberi e un giro di affari di 216 milioni di euro nel 2019. I prezzi degli alberghi nella Capitale sono tra i più bassi d'Europa (121 euro di media rispetto ai 191 di Parigi), un dato dovuto in gran parte a questa offerta «selvaggia» che trascina sempre più in basso il target del turismo romano, un turismo low cost dove aumentano le presenze ma diminuiscono gli incassi, gravando sui servizi sempre più precari della città. Negli ultimi 10 anni tutti i quartieri centrali di Roma hanno perso percentuali significative di residenti: Trastevere il 24 per cento, Trevi-Campo Marzio addirittura il 30 per cento;

a Firenze un appartamento su quattro del centro storico, secondo uno studio dell'università di Siena, è pubblicizzato come un affitto a breve termine, con una crescita del 60 per cento dal 2015. Gli annunci sono oltre 11 mila e il volume di affari è di 99 milioni di euro nel 2019. Sette annunci su dieci riguardano appartamenti interi e quindi sottratti agli affitti normali e solo il 26 per cento degli annunci è mono inserzionista. Ogni anno circa mille fiorentini lasciano il centro storico a causa dei rincari. Il Governo nel 2017 ha impugnato la legge Toscana sul turismo del dicembre 2016, nella parte in cui prevedeva la necessità di partita Iva per fitti di durata complessiva superiore ai quattro mesi;

Venezia registra la più alta concentrazione di annunci su Airbnb, 580,6 ogni 10 mila unità abitative, pari a oltre 8 mila annunci, per un giro di affari di 107 milioni di euro l'anno. In soli due anni il numero di annunci di sistemazioni nella Laguna si è praticamente duplicato. La stessa Airbnb ha supportato una campagna di turismo responsabile come

#EnjoyRespectVenezia che invitava chi visitava la città a rispettare sia il territorio, sia le esigenze dei suoi abitanti;

negli ultimi dieci anni la città di Napoli ha registrato l'incremento maggiore di presenze turistiche in Italia (+91 per cento). Negli ultimi due anni gli annunci di alloggi su Airbnb a Napoli sono più che raddoppiati, superando le 7 mila unità, con un volume di affari di 32 milioni di euro nel 2019. Di questi, il 59 per cento sono appartamenti interi e circa 5 mila sono localizzati nei quartieri delle prime due municipalità e a San Lorenzo. In centro è impossibile trovare una casa in affitto, e bisogna considerare che il 50 per cento dei napoletani abita in affitto. Intere vie hanno perso i precedenti, tipici esercizi commerciali e di ristorazione;

Milano, dopo l'Expo, si è trasformata in città turistica, oltre ad essere già una città d'affari. Gli annunci sono oltre 17 mila per un giro di affari di 94 milioni di euro nel 2019. Il mercato delle locazioni brevi, in assenza di residenza stanziale sta depauperando i quartieri di esercizi commerciali e di attività artigianali. I prezzi degli immobili stanno crescendo in misura decisamente superiore al costo della vita e una delle utenze più penalizzate è quella degli studenti;

Parigi in 5 anni ha perso 50.000 abitanti complici il dilagare di Airbnb e i conseguenti prezzi alle stelle degli immobili. Secondo i dati diffusi dal comune, solo l'82 per cento degli appartamenti sono occupate da proprietari o inquilini, una quota diminuita del 3 per cento negli ultimi anni, perché sono aumentate le seconde case e gli appartamenti affittati per pochi giorni, i quali hanno rendimenti oltre due volte e mezzo superiori ai normali fitti annuali. La città è tra quelle più decise a mettere un freno al fenomeno dei fitti brevi;

a Barcellona, il boom delle piattaforme per gli affitti brevi è arrivato prima che in altre città europee e ha portato disagi alla popolazione locale, a causa dei rincari e del «comportamento antisociale» dei turisti. Una recente ricerca della locale università imputa ad Airbnb un incremento del 5 per cento dei prezzi delle case in città;

a Lisbona una serie di fattori ha portato all'esplosione degli affitti turistici a breve termine. La crisi economica ha fatto diminuire il valore degli immobili, che sono stati acquistati da investitori esteri. Al tempo stesso i turisti sono aumentati, mentre la riforma degli affitti ha permesso ai proprietari di sostituire contratti di lunga durata con quelli a breve termine. Il risultato è che la disponibilità di affitti per i residenti è diminuita del 70 per cento negli ultimi cinque anni, spingendone molti verso la periferia o fuori da Lisbona. Intanto i prezzi delle case sono cresciuti a dismisura;

ad Atene gli investitori internazionali hanno iniziato a comprare appartamenti dai greci sovraindebitati. La maggior parte del mercato è in mano a investitori con 100 o addirittura 1.000 camere ad Atene (cifre che Airbnb contesta);

l'effetto Airbnb si fa sentire anche nei piccoli comuni ad elevata vocazione turistica: a Positano ci sono 772 offerte, una ogni 5,4 abitanti; a Taormina oltre 1.000 offerte, una ogni 10 abitanti, a Vernazza, nelle 5 Terre, 852 abitanti e 300 appartamenti in offerta. A Cervinia 360 offerte ogni 1.000 appartamenti, pari a un'offerta ogni 4 abitanti; a Porto Cesareo in Puglia 512 offerte ogni 1.000 appartamenti, pari a un'offerta ogni 6 abitanti;

al di là delle questioni economiche, il risultato che la maggiore disponibilità di alloggi (e voli) low cost rischia di realizzare è quello di far assomigliare tutte le mete turistiche: luoghi sovraffollati dal turismo mordi e fuggi, che si spopolano dei loro abitanti, in particolare i centri storici, dove gli unici esercizi commerciali che sopravvivono sono gli esercizi di ristorazione, altrettanto low cost, e i negozi di souvenir, mentre scompaiono i negozi, i locali tipici e gli artigiani. Le città così perdono il loro carattere originario;

una ricerca condotta nel 2017 dal laboratorio Ladest del dipartimento di scienze politiche dell'università di Siena: «Airification delle città: studio sull'impatto degli affitti a breve termine in Italia», ha esaminato le dinamiche spaziali ed economiche della sharing economy mettendo in evidenza la «disneyficazione» dei centri storici italiani. Ma si parla anche di

«gentrificazione», cioè della trasformazione di un quartiere popolare in zona abitativa di pregio, con effetti sulla composizione sociale e sui prezzi delle abitazioni. Ne consegue che nei centri storici delle aree urbane di maggior pregio turistico Airbnb si rivela alla prova dei fatti tutt'altro che uno strumento di condivisione e redistribuzione;

da un'indagine di Federalberghi del settembre 2019 (Turismo e shadow economy), relativa delle inserzioni presenti sul portale Airbnb emerge che: 1) la maggior parte degli annunci pubblicati (oltre il 77 per cento) si riferisce all'affitto di appartamenti vuoti, quindi non si «condividono esperienze» coi titolari; 2) non è vero che si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci (oltre il 63 per cento) si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all'anno; 3) non è vero che si tratta di forme integrative del reddito, sono attività economiche a tutti gli effetti: il 62,22 per cento degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che gestiscono più di 4.300 alloggi, probabilmente agenzie intermediarie che gestiscono immobili per conto terzi; 4) ad agosto 2019, erano disponibili su Airbnb quasi 458 mila alloggi italiani, cresciuti del 15,21 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018, anno in cui erano 397 mila e del 75,09 per cento rispetto ad agosto 2017 (261 mila annunci);

inoltre, secondo Federalberghi, fin dall'introduzione della cedolare secca nel giugno 2017, lo Stato sarebbe creditore di circa 600 milioni di tasse non versate da Airbnb. Peraltro con l'estensione del regime della cedolare ai fitti sotto i 30 giorni, lo Stato prevedeva di incassare 83 milioni l'anno e ne ha incassati solo 19. Sarebbe pagata forfettariamente e in modo difficile da controllare, anche l'imposta di soggiorno, per la quale la società ha stretto convenzioni solo con 20 comuni italiani, nonostante la legge preveda espressamente l'obbligo di riscuotere l'imposta di soggiorno, adempimento che non può essere subordinato all'esistenza di un accordo con le amministrazioni. Nell'audizione del 4 giugno 2019 presso la Commissione attività produttiva della Camera Airbnb Italia ha dichiarato di aver pagato 20 milioni di euro di imposta di soggiorno, riferita ad un periodo imprecisato;

si ritiene indispensabile un intervento volto a regolamentare la materia delle locazioni brevi, che attualmente – ai sensi dell'articolo 53 del codice del turismo (decreto legislativo n. 79 del 2011) – è disciplinata unicamente da un rinvio generico alle disposizioni del codice civile, che si sono rivelate del tutto insufficienti ed inadeguate ad assicurare le necessarie tutele ai turisti, ai lavoratori, alle abitazioni limitrofe, ai centri storici, all'erario ed alle imprese che operano sullo stesso mercato;

una questione da risolvere riguarda la fissazione della soglia (in giorni) oltre la quale l'attività ricettiva non è più considerabile occasionale ma rientra pienamente nella disciplina vigente per le strutture ricettive tradizionali. L'introduzione di tale limite era stata demandata al regolamento previsto dal citato articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, mai emanato;

su tale aspetto il quadro europeo è fortemente differenziato: ad Amsterdam, gli appartamenti privati possono essere affittati per non più di 30 giorni all'anno; a Barcellona è possibile affittare al massimo due stanze per appartamento, per non più di 4 mesi all'anno, a condizione che il proprietario vi risieda; a Bruxelles si può affittare casa per meno di 90 giorni solo chi rispetta una serie di requisiti rigidissimi e solo con il consenso di tutti i condomini del palazzo; a New York, le locazioni brevi sono consentite solo se il proprietario risiede nell'appartamento; limitazioni di durata tra i 45 e i 90 giorni sono previste ad Atene, Berlino, Dublino, Ginevra, Londra, Valencia e San Francisco. Parigi, che prevede un limite di 120 giorni, non a caso è nella condizione peggiore in termini di spopolamento;

è essenziale evitare situazioni di evasione e di sfruttamento e persino di alterazione della qualità della vita delle aree turistiche interessate, favorite dalla confusione dalla molteplicità degli ambiti di regolamentazione. In tal senso, si è espressa anche la risoluzione del Parlamento europeo del 29 ottobre 2015 su nuove sfide e strategie per promuovere il turismo in Europa, che «invita la Commissione e gli Stati membri a collaborare con le associazioni turistiche e a definire congiuntamente un sistema comune europeo per la classificazione delle infrastrutture turistiche»;

a fronte del caos normativo generato dalle regioni, gli operatori alberghieri italiani hanno chiesto, in sede di esame della citata delega turismo, la possibilità di aderire al sistema Hotel Stars Union (HSU), una sorta di classificazione unica delle strutture turistiche cui aderiscono diciassette Paesi europei. Ogni anno negli alberghi italiani si registrano più di 60 milioni di presenze di turisti provenienti da quei Paesi, cittadini europei abituati a «leggere» il mercato turistico parlando il linguaggio della classificazione unica europea,

impegna il Governo:

1) ad adottare sollecitamente, le iniziative normative opportune per la definizione dei criteri in base ai quali l'attività di locazione breve si presume svolta in forma imprenditoriale e dei limiti oltre i quali si determina l'insorgere di una prestazione alberghiera;

2) ad adottare iniziative volte a introdurre disposizioni che regolamentino la diffusione e la durata delle locazioni brevi, con particolare riferimento ai comuni con forte vocazione turistica, nonché a quelli con alta tensione abitativa, recependo le esperienze già in corso presso altre città europee, al fine di impedire la riduzione della disponibilità di immobili abitativi in fitto di lunga durata e i conseguenti rischi di desertificazione dei centri storici;

3) ad adottare iniziative in sede comunitaria affinché l'Unione europea valuti l'introduzione di regolamentazioni che prevedano che i siti di intermediazione immobiliare dispongano di una licenza professionale di agente immobiliare in ciascuno degli Stati in cui operano;

4) in materia di locazioni per uso turistico, ad adottare iniziative per introdurre modifiche al codice del turismo di cui al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, nonché al codice civile, prevedendo la possibilità per i comuni di adottare misure che consentano di tutelare la qualità della vita dei cittadini, la sicurezza e il decoro urbano, la fruibilità dei centri storici, la compatibilità dei flussi turistici con i servizi pubblici, in un quadro di corretta applicazione delle regole della concorrenza tra i soggetti che offrono la stessa tipologia di servizi;

5) ad adottare iniziative per introdurre modifiche al codice civile, nella parte relativa al condominio degli edifici, al fine di consentire alle assemblee condominiali la possibilità di impedire cambi di destinazione d'uso degli immobili abitativi o di limitare la presenza di strutture turistiche o di abitazioni affittate in locazione breve o di caricare su tali strutture gli oneri derivanti dai disagi che comporta la loro presenza nell'edificio;

6) a valutare di adottare iniziative per l'introduzione di disposizioni nelle quali si preveda che le attività tenute all'acquisizione del codice identificativo di cui all'articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, debbano rispettare specifici requisiti in materia igienico-sanitaria, di prevenzione antincendio, di assicurazione per rischi e danni;

7) a valutare la possibilità di procedere all'attuazione di quanto previsto dall'articolo 10, comma 2-ter, del decreto-legge n. 83 del 2014, introdotto dal comma 320 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, in merito all'emanazione di un decreto, previa intesa in sede di Conferenza unificata, contenente la classificazione delle strutture ricettive, da adottare sulla base «dei sistemi di classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionale» e «tenendo conto delle specifiche esigente connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali».

(7-00411)

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