Senato della Repubblica - 1-00194 - 1-00198 - 1-00199 - 1-00244 - Mozione su iniziative per affrontare l'emergenza climatica. APPROVAZIONE
Senato della Repubblica - 1-00194 - Mozione presentata il 9 giugno 2020.
Il Senato,
premesso che:
il nostro Paese si confronta con sempre maggiore frequenza con eventi climatici estremi, che rappresentano l'effetto dei profondi mutamenti climatici subiti dal pianeta; alluvioni, siccità, ondate di calore, innalzamento del livello del mare ed aumento del cuneo salino si susseguono senza sosta, in diverse parti del mondo, determinando lutti e danni economici a persone, animali e interi sistemi produttivi;
il cambiamento climatico in atto è direttamente influenzato dalle attività umane, siano esse industriali o meno, come dimostrano ormai numerosi studi scientifici, a cominciare da quelli elaborati dall'Intergovernmental panel on climate change (IPCC), il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite; in assenza di azioni concrete per invertire tale tendenza, dunque, entro pochi anni ci si potrebbe trovare di fronte ad un punto di non ritorno; le emissioni di gas serra, l'inquinamento dell'aria e delle acque, il degrado di matrice antropica dei terreni hanno infatti generato profondi mutamenti tali da comportare che il circolo vizioso dell'emergenza climatica possa essere spezzato unicamente attraverso azioni decisive, immediate e continuative;
l'urgenza di un intervento decisivo e immediato per invertire tale processo non è quindi più in alcun modo rinviabile, come ampiamente dimostrato dal sempre crescente numero di allarmi che giungono dall'intera comunità scientifica;
secondo l'ultimo rapporto del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale ovvero il momento nel quale i cambiamenti saranno divenuti non più ripristinabili; l'organismo scientifico dell'ONU ha invitato tutti i legislatori e i governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente;
la nuova Commissione europea guidata dalla presidente Ursula Von der Leyen si è orientata, sin dal suo insediamento, a dare priorità all'ambiente e al clima per "rendere l'Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050", favorendo verifiche di impatto sociale, economico e ambientale in grado di stimolare "innovazione, competitività e occupazione"; il 14 gennaio 2020, a questo scopo, è stato presentato l'atteso progetto legislativo sul "Green Deal" finalizzato a finanziare tra il 2021 e il 2027 la transizione verso la neutralità climatica entro il 2050, con azioni volte a promuovere l'uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento, investendo in tecnologie rispettose dell'ambiente, sostenendo l'industria nell'innovazione, modificando il trasporto privato e pubblico per renderlo più pulito, economico e sano, decarbonizzando il settore energetico, garantendo una maggiore efficienza energetica degli edifici; a questo scopo, l'Unione europea ha inteso far leva sugli strumenti finanziari dell'UE, in particolare "InvestEU", per mobilitare investimenti pubblici e fondi privati che si dovrebbero tradurre in almeno 1.000 miliardi di euro di investimenti, ed ha introdotto il "meccanismo per una transizione giusta", per mobilitare almeno 100 miliardi nel periodo 2021-2027, per attenuare l'impatto socioeconomico della transizione all'economia verde;
il 27 maggio 2020, poi, la Presidente della Commissione europea, Von der Leyen, ha presentato, nel corso della sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo, per garantire la risposta efficace dell'Europa alla crisi da COVID-19 lo strumento denominato "Next Generation EU": proposta di Bilancio UE 2021-2027, cui si affianca un Recovery Instrument di 750 miliardi di euro, per aiutare i settori maggiormente colpiti dall'emergenza sanitaria e rilanciare gli investimenti in Europa;
nei tre pilastri del "Next Generation EU", uno dei focus trasversali è quello diretto a sostenere le transizioni verde e digitale; ciò sia nel sostegno agli Stati per investimenti e riforme, in particolare accelerare la transizione verso la neutralità climatica, e a questo scopo la Commissione incrementerà anche i finanziamenti per il Fondo per una transizione giusta fino a 40 miliardi di euro e propone di rafforzare il bilancio del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale di 15 miliardi per aiutare le zone rurali a introdurre i cambiamenti strutturali richiesti dal Green Deal europeo; sia nel sostegno agli investimenti privati, che interesserà le imprese economicamente sostenibili in difficoltà, a causa della crisi da Coronavirus per aiutarle nella loro trasformazione verde;
sarebbe dunque essenziale procedere, in particolare in l'Italia, ad una programmazione economico-industriale a lungo termine, per il rilancio del nostro sistema-Paese: un piano di rilancio ambientale da sviluppare nei prossimi anni al fine di una riconversione ecologica compiuta;
vista la provata correlazione tra l'inquinamento e il diffondersi di microorganismi pericolosi per la salute umana, come per esempio il Coronavirus;
considerato che:
gli effetti dei cambiamenti climatici non generano solo conseguenze ambientali, ma anche profonde conseguenze sociali. Con la pubblicazione, il 19 marzo 2018, del rapporto su migrazioni e clima (Groundswell: "Preparing for internal climate migration"), la Banca mondiale ha lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, infatti, potrebbe arrivare a 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa dei fenomeni meteorologici estremi o delle condizioni ambientali diventate invivibili;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha a sua volta evidenziato l'incidenza del cambiamento climatico sugli elementi sociali ed ambientali che hanno effetti diretti sulla salute, cioè aria pulita, acqua potabile, cibo in quantità sufficienti, sicurezza e condizioni igieniche degli alloggi, messi in pericolo da inondazioni, ondate di calore, incendi, siccità, così come il limitato accesso all'acqua in conseguenza proprio dal cambiamento climatico che genera la fosca previsione di un incremento sostanzioso dei decessi (oltre 250.000 annui) nel periodo tra il 2030 e il 2050;
in Europa i disastri naturali del 2018 sono stati simili a quelli registrati negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, con un totale di 113 eventi con perdite di 16 miliardi di euro. Le perdite maggiori sono state causate dalla siccità, costata circa 4 miliardi di dollari; nel 2018 si sono contati 850 disastri naturali, soprattutto alluvioni, inondazioni, frane, uragani e tempeste;
nonostante ciò, appare preoccupante il dato che vede l'Italia dal 1998 al 2018 spendere, secondo dati Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all'anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi, secondo dati del CNR e del Dipartimento della protezione civile, per "riparare" i danni del dissesto (un miliardo all'anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro);
uno studio internazionale pubblicato dalla rivista scientifica "Climate" ha precisato che i danni per le inondazioni in Europa potrebbero arrivare a costare 17 miliardi di euro all'anno, qualora le temperature medie dovessero salire di 3 gradi centigradi rispetto alla media preindustriale, mentre il numero di cittadini che subiranno le conseguenze delle piene potrebbe raggiungere le 780.000 unità, in crescita del 123 per cento rispetto ad oggi. Il problema, dunque, non riguarderebbe solo il sud del mondo;
in Italia la situazione non è migliore; il 2018 è stato l'anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 e si assiste al susseguirsi di record che non possono lasciare indifferenti. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici intensi ed estremi, dovuti in primis ai cambiamenti climatici, stanno causando danni ai territori e alle città, indietro nelle politiche di adattamento al clima, e alla salute dei cittadini; soltanto nel 2018 sono state 32 le vittime ricollegabili a 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d'aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 da esondazioni fluviali;
da ultimo si veda quanto è avvenuto a Venezia, ove si è avuta una sequenza di maree eccezionali, mai verificatasi in precedenza, con l'acqua alta che ha raggiunto quota 187 centimetri, la seconda marea più elevata di sempre dopo l'alluvione del 1966; l'alta marea ha, come noto, colpito anche le isole di Lido e di Pellestrina e Chioggia; in ogni caso, la frequenza delle maree eccezionali che hanno colpito la città è stato causato in via principale dal cambiamento climatico, la cui portata rischia di mettere in difficoltà la sopravvivenza non solo della città lagunare ma anche di significative porzioni della terraferma;
contestualmente si sono verificati eventi meteorologici eccezionali che hanno investito con conseguenze drammatiche l'intero territorio italiano: dal Piemonte, in particolare nell'alessandrino, alla Liguria, con il crollo di un viadotto autostradale sulla A6, dalla Calabria con Reggio Calabria, alla Basilicata con Matera e il metapontino, ed allerta rossa per il maltempo;
nonostante la portata storica dell'accordo di Parigi siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di sviluppo divenuto ormai insostenibile sotto il profilo ambientale ma anche sotto quello sociale ed economico;
nella Cop24 (conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici) tenutasi nel dicembre 2018 a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della comunità internazionale; elemento positivo è stato l'aver dotato l'accordo del 2015 di linee guida (rulebook) per la sua attuazione a partire dal 2020, ma non sono stati purtroppo concordati impegni sull'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso;
il 23 settembre 2019 si è svolto a New York il Climate action summit 2019 dedicato a raccogliere nuove iniziative e gli impegni di governi, imprese e società civile per raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e per orientare l'azione verso la sostanziale riduzione a zero delle emissioni entro il 2050;
nel mese di dicembre si è tenuta a Madrid la conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici (Cop25), che ha riunito scienziati, uomini d'affari, rappresentanti istituzionali, organizzazioni non governative e governi di tutto il mondo, per incontri e trattative ufficiali che avevano l'obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera e di limitare ben al di sotto dei 2 gradi l'aumento della temperatura, realizzando quegli impegni vincolanti tra i Paesi partecipanti per la piena attuazione dell'accordo di Parigi, che deve entrare pienamente in vigore entro gennaio 2020; tuttavia, la Cop25 non è riuscita a rispondere con strumenti adeguati e programmi ambiziosi alle impellenti esigenze di risposta al cambiamento climatico;
ripetutamente, negli ultimi mesi, giovani e studenti si sono riuniti nelle piazze di tutto il mondo nelle manifestazioni "Youth for Climate", comprese quelle italiane, sull'esempio dell'adolescente svedese Greta Thunberg, chiedendo l'impegno concreto dei Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta non pregiudicandone oltre il futuro;
considerato altresì che:
secondo gli scienziati dell'IPCC, il tempo per giungere ad un'inversione di marcia sul cambiamento climatico è davvero breve: secondo tali previsioni si avrebbe tempo fino al 2030 per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi e, anche sulla scorta di tali previsioni scientifiche allarmanti, molti parlamenti di Paesi europei hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica;
per dare una risposta a queste istanze bisogna investire al più presto in innovazione e ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze, investimenti in infrastrutture e manutenzione;
in questo drammatico contesto l'Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibili ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie, il tutto per uscire quanto prima dalla crisi climatica, economica e sociale;
è positivo che nel programma il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici, sia stata espressamente prevista la realizzazione di un "green new deal", che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti ad inserire la protezione dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale. Viene stabilito, altresì, che tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell'ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Viene, inoltre, stabilità la necessità di adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese e perseguano la piena attuazione della eco-innovazione. Vengono, infine, espressamente richiamati i principi dello sviluppo tecnologico sostenibile e le ricerche più innovative in modo da rendere quanto più efficace la "transizione ecologica" e indirizzare l'intero sistema produttivo verso un'economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e del riuso e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto;
come noto, il green new deal è il perno della strategia di sviluppo del Governo e si inserisce nel disegno di bilancio 2020 con la finalità di promuovere il benessere equo e sostenibile, la cui programmazione è stata introdotta in Italia in anticipo rispetto agli altri Paesi europei;
è fondamentale rimarcare che un green new deal non deve essere solo un'agenda di impegni, seppur in chiave verde e sostenibile, ma deve essere un programma organico, sociale ed economico, che ha tra i principali obiettivi la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico così come allo stesso tempo un programma che comporti un "fisco green" capace di sostenere la transizione ecologica e sostenga le attività di prevenzione del rischio di danno ambientale, tramite una legislazione che attui pienamente il principio del "chi inquina paga" e della responsabilità estesa del produttore che realizza prodotti e sistemi produttivi impattanti;
altrettanto essenziale ed urgente è progredire nelle politiche di adattamento al cambiamento climatico che rivisiti e renda più incisive le politiche di prevenzione e mitigazione dei rischi e dei danni prodotti dalle frane e dalle alluvioni; in questo senso, va affrontato il dissesto idrogeologico con una gestione del territorio che tenga conto del nuovo contesto climatico in modo tale che rischi e danni possano essere prevenuti e mitigati, e particolare attenzione deve essere riservata ai temi della rigenerazione urbana e a norme più incisive sul consumo del suolo nonché a tutti gli interventi, in una logica infrastrutturale, di ripristino degli habitat e delle reti idrografiche;
il Governo, attraverso l'articolo 1 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 141, ha già istituito il programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria in cui sono individuate le misure di competenza nazionale da porre in essere al fine di assicurare la corretta e piena attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, volta a contrastare i cambiamenti climatici. È auspicabile che tale politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici si coordini con il nuovo Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) e con la pianificazione di bacino per il dissesto idrogeologico e che venga approvato e attuato con urgenza il PNACC (piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici); è stata altresì riconosciuta la necessità della trasformazione del CIPE in CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile), come strumento di indirizzo strategico di tutti gli investimenti pubblici per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite;
vanno considerate, altresì, un passo nella giusta direzione le recenti misure poste in essere dal Governo in ordine alla riforestazione, comprensive di misure per la messa a dimora di alberi, di reimpianto e di silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane con l'obiettivo di garantire la salvaguardia ambientale, la lotta e l'adattamento al cambiamento climatico così come previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34;
la legge di bilancio per il 2020 ha previsto, altresì, misure importanti per transizione ambientale, tra cui il fondo investimento delle amministrazioni centrali, finalizzato al rilancio degli investimenti sull'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, a misure di sostegno e per l'innovazione nel comparto agricolo, uno tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, l'estensione degli incentivi di "industria 4.0" per le imprese che realizzano progetti ambientali nell'ambito dell'economia circolare così come il piano "rinascita urbana" finalizzato a migliorare la qualità dell'abitare e che punta, inter alia, alla riqualificazione urbana e delle periferie;
è necessario affrontare in modo integrato i rischi del cambiamento climatico con altri rischi naturali rappresentati dal rischio sismico, idrogeologico e vulcanico, unitamente alla valorizzazione del patrimonio abitativo,
impegna il Governo ad adottare iniziative per:
1) riconoscere la necessità di intervenire per affrontare l'emergenza ambientale e climatica nel nostro Paese ed operare, in raccordo con il Parlamento, per consentire in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;
2) accelerare la realizzazione degli interventi di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico, in particolare sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico;
3) sostenere l'azione parlamentare tesa all'inserimento del principio della tutela della natura, dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile nella Costituzione;
4) rafforzare le misure contenute nel piano nazionale integrato per l'energia e il clima per dare piena attuazione agli impegni adottati nell'ambito dell'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;
5) procedere alla ricognizione degli incentivi esistenti per l'efficientamento energetico, anche per favorire l'utilizzo migliore delle tecnologie esistenti per aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, incrementare lo sviluppo del solare fotovoltaico, la valorizzazione delle aree verdi e per il sostegno all'utilizzo di tecniche e materiali di edilizia ecocompatibile, adottando le iniziative necessarie per la loro razionalizzazione e stabilizzazione e favorire l'autoproduzione distribuita di energia da fonti rinnovabili;
6) attuare ogni misura che favorisca la transizione dall'economia lineare verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti, nel rispetto della gerarchia europea, alla riduzione, al riuso e al recupero di materia ed energia, rispettando i tempi per il recepimento nell'ordinamento giuridico nazionale delle direttive europee del "pacchetto economia circolare" che permetta di prolungare la durata, l'uso condiviso e la riparazione dei prodotti, incrementando il riciclo e migliorando l'impiego e l'innovazione dei materiali riciclati e delle tecnologie di produzione, nonché, in materia di rifiuti, di imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile, che riduca il conferimento in discarica e favorisca raccolta e gestione differenziata dei rifiuti;
7) pervenire alla progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 221, attraverso un percorso di transizione che contempli ipotesi alternative e compensative con carattere di sostenibilità, come previsto dall'art. 1, comma 98, della legge di bilancio per il 2020 (di cui alla legge n. 160 del 2019), con l'obiettivo di salvaguardare, innovare e rafforzare le attività produttive collegate, con misure volte alla loro conversione ecologica, a cominciare dall'agricoltura;
8) elaborare politiche di trasporto, edilizia e modelli produttivi sostenibili che rispondano in maniera coerente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e che coinvolgano Regioni e Comuni;
9) favorire la transizione verso un sistema di trasporto pubblico sostenibile e verso la mobilità elettrica, pubblica e privata, con l'obiettivo della completa decarbonizzazione (emissioni zero) del settore;
10) attuare, al fine di ridurre gli sprechi energetici, un percorso di ecoefficienza energetica da applicare al patrimonio pubblico e privato;
11) intervenire in materia di politica industriale e di riqualificazione del settore manifatturiero, sostenendo e favorendo la transizione equa e giusta verso un modello economico-produttivo ecologicamente sostenibile;
12) adottare, nell'ambito delle proprie competenze, ogni iniziativa finalizzata alla decarbonizzazione dell'economia fissando come obiettivo l'impatto climatico zero entro il 2050, come indicato dalla strategia a lungo termine dell'Unione europea per la riduzione delle emissioni di gas serra (COM(2018) 773 del 28 novembre 2018);
13) promuovere lo sviluppo di sistemi ecoefficienti di produzione ricorrendo alla bioeconomia e all'ecodesign;
14) realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati;
15) favorire le politiche di rigenerazione urbana delle città e del tessuto urbano, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all'abusivismo edilizio, stabilendo modalità e certezze per la riqualificazione energetica del patrimonio pubblico, abbandonando il modello dell'urbanistica espansiva e adottando una nuova governance che agevoli le procedure che favoriscono l'innovazione;
16) individuare, in particolare, le azioni e le politiche di mitigazione e adattamento del territorio con uniformità di indirizzi in tutto il Paese ma con considerazione specifica per quelle aree del Paese sottoposte a più forte rischio idrogeologico o soggette con frequenza a eventi meteorologici estremi dagli effetti devastanti su uomini, attività economiche e territorio;
17) garantire un adeguato utilizzo i fondi a disposizione del nostro Paese, combinando contributi europei previsti nella programmazione europea, anche per il periodo 2021-2027, e risorse nazionali, per accompagnare la transizione e il superamento dell'utilizzo dei combustibili fossili, con l'attuazione della strategia energetica nazionale che punti sul risparmio e sull'efficienza energetica e sull'utilizzo su larga scala delle energie rinnovabili;
18) realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;
19) promuovere, in particolare, lo sviluppo della filiera agricola biologica e delle buone pratiche agronomiche, in modo da ridurre l'impatto della chimica nel suolo e tutelare le risorse sotto il profilo qualitativo e quantitativo, aumentare e mantenere la qualità del territorio, la fertilità organica del suolo ed il sequestro di carbonio;
20) favorire l'occupazione giovanile attraverso l'introduzione di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani per svolgere attività finalizzate alla salvaguardia delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione del territorio e alla gestione delle emergenze, nonché all'implementazione delle fonti di energia rinnovabili e allo sviluppo della economia circolare;
21) attuare la strategia nazionale per Io sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la cabina di regia "Benessere Italia", istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2019;
22) farsi promotore nelle opportune sedi internazionali, tra le quali rivestirà importanza particolare il prossimo incontro della conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow nel novembre 2020 (Cop26), in accordo e coordinamento con le istituzioni europee, di ogni necessaria azione che permetta di giungere al traguardo dell'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso per l'attuazione dell'accordo di Parigi, e più in generale di politiche a livello globale tese ad un reale cambio di direzione in tutti i settori dell'economia che consenta, in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche entro un accordo internazionale, la transizione energetica verso la riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera e la progressiva e rapida decarbonizzazione dell'economia.
Senato della Repubblica
Martedì 9 giugno 2020.
La seduta è iniziata alle 15:02.
Discussione delle mozioni nn. 194 (testo 3), 198, 199 e 244 su iniziative per affrontare l'emergenza climatica
Approvazione della mozione n. 194 (testo 5), dei punti 3), 6), 7), 8), 10), 12) e 14) della mozione n. 198 (testo 2), dei punti 3) e 5) della mozione n. 199 (testo 2) e dei punti 1), 2), 3), 3a), 3b), 3c), 3d), 4), 5), 6) 7) 8) e 9) della mozione n. 244 (testo 3). Reiezione delle premesse e dei punti 1), 2), 4), 5), 9), 11) e 13) della mozione n. 198 (testo 2), delle premesse e dei punti 1), 2), 4) e 6) della mozione n. 199 (testo 2) e delle premesse della mozione n. 244 (testo 3)
(Mozioni)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni 1-00194 (testo 3), presentata dal senatore Ferrazzi e da altri senatori, 1-00198, presentata dal senatore Iannone e da altri senatori, 1-00199, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, e 1-00244, presentata dal senatore Briziarelli e da altri senatori, su iniziative per affrontare l'emergenza climatica.
Ha facoltà di parlare il senatore Ferrazzi per illustrare la mozione n. 194 (testo 3).
FERRAZZI (PD). Signor Presidente, senatori e senatrici, dirò alcune parole ed esprimerò alcuni concetti chiave relativi ad una mozione molto articolata; una relazione di maggioranza su un tema di natura assolutamente straordinaria, come quello dell'emergenza ambientale e climatica a livello nazionale e naturalmente a livello europeo e, conseguentemente, di tutte le iniziative che dobbiamo assolutamente intraprendere.
Come dicevo poc'anzi, Presidente, la mia presentazione sarà molto sintetica, ma nella mozione n. 194 (testo 3), che è molto articolata, si vedranno esplicitati ben 22 punti, che vanno da un'impostazione generale e dalla necessità di innalzare questo nuovo concetto, che è il principio della tutela ambientale e dello sviluppo sostenibile, addirittura al livello di norma di rango costituzionale, inserendolo in Costituzione, fino all'inserimento di tutta la nuova normativa relativa all'economia circolare. Ricordo a tutti che proprio in Commissione ambiente è in corso in queste settimane il lavoro per recepire con osservazioni gli schemi relativi alle nuove direttive europee, che vanno dai rifiuti a tutto il sistema del riciclo, ai veicoli usati e via dicendo.
Vi sono poi i temi della progettazione, del consumo del suolo, della rigenerazione urbana; il tema dell'innovazione e degli investimenti in innovazione e ricerca; il tema dell'efficientamento energetico in tutti i settori; il tema delle infrastrutture e poi, da ultimo, la questione dei SAD da trasformarsi in SAF, cioè appunto in sussidi ambientalmente favorevoli. (Brusio).
Presidente, se possibile, chiederei ai colleghi un po' di silenzio.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, coloro che non sono interessati possono anche uscire.
FERRAZZI (PD). Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente, se la temperatura dovesse crescere di 2 gradi centigradi, i danni sarebbero stimabili in 120 miliardi di euro all'anno.
Nel caso di aumento di tre gradi centigradi, i danni salirebbero a 200 miliardi di euro all'anno. Questo perché avverrebbero, così come stanno già avvenendo, alluvioni, siccità e ondate di calore e si avrebbe l'innalzamento del livello dei mani, l'innalzamento della temperatura media del mare con l'aumento del cuneo salino, la diffusione delle epidemie, come già provato a livello scientifico internazionale, e la crescita esponenziale dei migranti climatici. Voglio ricordare a tal proposito che il rapporto su clima e migrazione della Banca mondiale stima in 14.300.000 cittadini del mondo, coloro che entro il 2050 dovranno abbandonare il proprio Paese per motivi legati al mutamento del clima. Si tratta di una mole di persone ben maggiore, rispetto a coloro che saranno costretti ad abbandonare il proprio Paese per altre ragioni, ad esempio per ragioni di guerra.
L'IPCC, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, ha stabilito in base a dati oggettivi, a studi empirici e ad approfondimenti multidisciplinari, che siamo ormai vicini al cosiddetto punto di non ritorno. Attenzione: c'è chi sostiene che questo punto di non ritorno in realtà non esista o non sarebbe in essere, in quanto nella storia del nostro pianeta c'è stata una concentrazione di gas climalteranti anche peggiore di quella in essere nei giorni attuali. Questo è senz'altro vero, signor Presidente, ma chi dice questo omette un particolare decisivo: c'è stata una maggiore concentrazione di inquinamento, nel momento in cui non c'era la vita umana sulla Terra, ma oggi abbiamo la maggiore concentrazione di gas climalteranti da quando l'uomo si è affacciato sulla Terra e un innalzamento della temperatura media, come mai si era visto nella storia dell'umanità.
Ho voluto sottolineare questi dati e i valori quantitativi, perché è ancora in corso, in maniera sbalorditiva, un dibattito tra scettici, benaltristi e neonegazionisti, che tendono quantomeno ad eludere una discussione sana e approfondita su questo tema. Questi invece sono i dati e i fenomeni complessivi di cui stiamo parlando non riguardano solamente i Paesi tropicali, del Sud-Est asiatico o quelli storicamente ad alta siccità, come i Paesi africani, ma riguardano, come è noto e testimoniato anche dalle cronache recenti, l'Europa e il nostro Paese.
Dunque, signor Presidente e colleghi, siamo in piena emergenza ambientale e climatica. Con la nostra mozione riconosciamo questo e facciamo un passo successivo, dicendo che, a fronte di questo riconoscimento, è assolutamente necessario mettere in atto immediatamente tutte le politiche di mitigazione e di adattamento, per rovesciare questa situazione. Alcuni passaggi sono essenziali per uscire da questa situazione di emergenza, il primo dei quali è l'abbandono di ogni sciocca ideologia e la consapevolezza che un piano di rilancio e di sostenibilità si basa su tre pilastri di sostenibilità. C'è il pilastro della sostenibilità ambientale e c'è quello della sostenibilità sociale. Abbiamo già visto, anche in Paesi a noi vicini, che politiche interessanti e intelligenti, che guardavano al futuro del Paese, come in Francia, hanno causato, con riferimento alla compatibilità e alla sostenibilità ambientale, reazioni non gestibili dal punto di vista sociale. È dunque del tutto evidente che tutto questo va tenuto insieme e non a caso l'Unione europea stabilisce che, nel grande piano di trasformazione verde dell'economia, 100 miliardi di euro vanno destinati a quella che si chiama transizione giusta, per accompagnare i processi di trasformazione sociale, del lavoro e della produzione, nel momento in cui si intraprende un cammino di questo tipo, assolutamente necessario.
Poi, naturalmente, è fondamentale un altro pilastro, come la seconda gamba di un tavolo che se non ha almeno tre gambe non sta in piedi, ed è quello economico. Badate bene che ormai il settore privato questo l'ha già capito: nella Conferenza sul clima di New York del settembre scorso i maggiori gruppi bancari hanno sottoscritto un impegno per il finanziamento dei progetti green delle imprese, i più grandi finanziatori a livello mondiale oggi di tutte le politiche di riconversione sono i fondi di investimento e sono contemporaneamente anche le grandi compagnie di assicurazioni, perché si trovano e si troveranno a pagare danni che sono più sostenibili dalle loro casse. Ora l'hanno capito i privati ed è tempo che lo capiamo tutti insieme.
Il terzo passaggio è che l'emergenza climatica non ha confini. Non ha senso parlare di politiche sovraniste dal punto di vista delle politiche ambientali e dal punto di vista climatico e quindi vanno viste con estremo favore tutte le iniziative poste in essere della Commissione europea e del Parlamento europeo. Il green new deal del 14 gennaio scorso per il finanziamento della transizione verso la neutralità climatica è un passo gigantesco ed importante. Il Next generation plan presentato il 27 Maggio scorso, che si affianca al recovery instrument di 750 miliardi di euro, è un altro passo fondamentale e, tra l'altro, non a caso al suo interno, dei tre pilastri, ha esattamente il tema della transizione verde e della digitalizzazione.
L'ultimo elemento è che questo tema riguarda tutti, non solamente l'una o l'altra forza politica o il movimento dei Fridays for future dei giovani. Soprattutto, riguarda i nostri figli, quindi se dobbiamo dividerci lo dobbiamo fare, casomai, sulle singole proposte, in una gara per trovare le soluzioni migliori. Dobbiamo stare assolutamente tutti uniti e questa è un'esortazione anche al Senato, perché ne va della vita sul nostro pianeta. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Iannone per illustrare la mozione n. 198.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che la discussione su questo tema sia una discussione di straordinaria importanza, nella consapevolezza della correlazione tra i cambiamenti climatici e l'azione antropica.
La temperatura del pianeta è aumentata di un grado centigrado dal 1860 ad oggi e si stima un ulteriore aumento che varia da 1,4 gradi a 5,8 gradi da qui alla fine del secolo. Si consideri che l'aumento di due gradi centigradi genererebbe un effetto domino incontenibile per ciò che concerne gli equilibri dell'ecosistema. È necessaria, nella maniera più assoluta, una strategia europea per i cambiamenti climatici. La carbon neutrality da raggiungere entro il 2050 rappresenta una priorità con la promozione della ricerca in materia di innovazione tecnologica e di sviluppo del gas naturale senza emissione di anidride carbonica, come sostenuto da eminenti scienziati, quale il senatore a vita Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica.
L'aumento della temperatura si manifesta anche nel fenomeno della desertificazione, che interessa già un quarto del territorio terrestre e l'inaridimento del 47 per cento delle terre emerse. L'innalzamento del livello dei mari dai 10 ai 25 centimetri potrebbe arrivare addirittura ad 88 centimetri per il 2100, quindi per la fine di questo secolo.
Questo, naturalmente, con enormi ricadute in termini di perdita di biodiversità e con una maggiore diffusione di malattie e di problemi di produzione alimentare.
In questo quadro planetario, la nostra nazione, purtroppo, non può dirsi messa meglio. Molti eventi confermano le gravi preoccupazioni che tutti abbiamo: eventi franosi, alluvioni, erosione costiera; 29.000 chilometri quadrati del nostro suolo sono a rischio e circa 10 milioni di cittadini vivono in aree a rischio; gli insediamenti urbani e gli insediamenti industriali sono aumentati del 500 per cento dal Dopoguerra ad oggi.
È assolutamente necessario evitare il consumo di nuovo suolo con gli effetti ereditati dal processo di industrializzazione di ieri e, purtroppo, di deindustrializzazione di oggi. Non bisogna assolutamente trascurare, inoltre, l'impatto sulla salute degli eventi correlati ai cambiamenti climatici. Il peggioramento della qualità dell'aria ha determinato, nel 2016, oltre 45.000 decessi prematuri per esposizione a PM 2,5.
L'Italia, purtroppo, è una delle nazioni europee che segna dati peggiori da questo punto di vista, senza considerare la dimostrata correlazione (e qui veniamo anche alla stretta attualità dell'emergenza del coronavirus) tra l'innalzamento della temperatura e il diffondersi di malattie infettive.
C'è grande sensibilità tra i nostri giovani sui temi ambientali, eppure, nelle scuole italiane l'insegnamento dell'educazione ambientale non esiste. Voglio ricordare, al Ministro e al Governo, che giace, fin dall'inizio di questa legislatura, un nostro progetto di legge per l'introduzione dell'educazione ambientale nelle scuole. Noi riteniamo, infatti, che, oltre a tutte le giuste azioni concrete, che chiediamo al Governo di mettere in campo attraverso gli impegni della nostra mozione, sia importante svolgere un'azione culturale che vada a creare una nuova sensibilità sul tema ambiente e che dia alle nuove generazioni una piena coscienza del problema che noi viviamo.
Signor Ministro, il nostro partito, Fratelli d'Italia, è un partito che vive nella convinzione di un ambientalismo antropocentrico. Dobbiamo preservare il nostro ambiente, perché l'ambiente serve alla vita dell'uomo. La nostra destra ha una tradizione, fatta di vero ambientalismo, che è cosa diversa dall'ambientalismo arcadico e di maniera, che ha prodotto molti convegni, molte chiacchiere e pochi risultati.
Per questo, noi, nella nostra mozione, che abbiamo presentato già nel mese di gennaio, chiediamo al Governo 14 impegni, molto precisi e molto seri, in particolare per quelle che sono le problematicità che tutti quanti riscontriamo e viviamo sui nostri territori e che storicamente attendono una soluzione.
Della qualità dell'aria ho detto; aggiungo della qualità delle nostre acque, dei problemi che riguardano l'erosione costiera che, oltre a deturpare un patrimonio unico al mondo, rappresentano anche l'occasione per preservare un dato straordinario della nostra economia turistica e balneare, che è apprezzata in tutto il mondo.
Allo stesso modo, faccio espresso riferimento al tema dello smaltimento dei rifiuti. Purtroppo, in troppe realtà italiane segniamo ancora il passo rispetto a una chiusura del ciclo; penso anzitutto alla mia Regione, la Campania, che lei ben conosce, dove il problema della terra dei fuochi è ancora esistente: pur essendoci state risorse importanti a disposizione della Regione, nulla è cambiato in questi anni.
Attraverso le nostre formulazioni, chiediamo un impegno preciso del Governo affinché si possa pensare al problema globale, ma agendo concretamente a livello locale. Dobbiamo fare tutti quanti la nostra parte. Le nostre non sono proposte figlie di una visione ideologica, certamente figlie di una visione politica, perché siamo convinti che, se Greta è stata necessaria, non altrettanto necessari sono i gretini che, pur avendo posti di responsabilità quale classe dirigente di questa Nazione, poco hanno fatto in concreto, se non manifestazioni che lasciano soltanto un sapore radicalchic. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Berutti per illustrare la mozione n. 199.
BERUTTI (FI-BP). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, l'Accordo ha compreso elementi per una riduzione progressiva delle emissioni globali di gas serra e si è basato, per la prima volta, su principi comuni validi per tutti i Paesi senza distinzione tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo.
Uno degli obiettivi principali è stato quello di orientare i flussi finanziari privati e statali verso lo sviluppo a basse emissioni di gas serra e migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. In particolare, sono stati decisi i criteri con cui misurare le emissioni di anidride carbonica e valutare le misure dei singoli Paesi.
L'Unione europea ha pertanto approvato il quadro di politica climatica ed energetica a orizzonte 2030, che definisce una serie di obiettivi chiave e misure di intervento per il periodo 2020-2030.
L'8 gennaio 2019 è stata resa nota la proposta di Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, inviata a Bruxelles dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il piano è strutturato su cinque dimensioni: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell'energia, ricerca, innovazione e competitività.
Il PNIEC contiene gli obiettivi per l'energia e il clima che gli Stati membri si impegnano a raggiungere entro il 2030. Il documento dovrebbe anche indicare le politiche, le misure e le relative coperture economiche attraverso le quali credibilmente si intende raggiungere tali obiettivi.
Si può cogliere questa possibilità per programmare investimenti in grandi opere, come il treno ad alta velocità e l'ammodernamento della rete ferroviaria, che incrementano la competitività del Paese, tenendo presente l'impatto ambientale del trasporto su gomma soprattutto per quanto riguarda le merci.
Occorrono azioni per la rigenerazione delle grandi città in un'ottica di efficientamento energetico e della rete metroferrotramviaria e, quindi, un programma di gestione del ciclo dei rifiuti in sinergia tra Stato e privati.
In questo quadro è fondamentale che la transizione climatica dell'Europa debba essere sostenibile da un punto di vista ecologico, economico e sociale e non possa prescindere, data la natura globale della questione, da una cooperazione a livello internazionale che coinvolga gli Stati americani e asiatici.
Il 23 settembre 2019 si è svolto a New York un vertice ONU sull'azione per il clima che si è basato sulle azioni da intraprendere in sette campi: transizione verso le energie rinnovabili; finanziamento dell'azione climatica e della tariffazione del carbonio; riduzione delle emissioni delle industrie; ricorso a soluzioni basate sulla natura; città sostenibili; azioni a livello locale e resilienza al cambiamento climatico. Dal 2 al 13 dicembre 2019 si è svolta a Madrid la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop 25). Le priorità indicate dalla Presidenza cilena della Cop 25 sono state le seguenti: energie rinnovabili, elettro-mobilità, estrazione mineraria verde, economia circolare, oceani, foreste e agricolture resistenti al cambiamento climatico, città sostenibili e infrastrutture resistenti e finanza climatica. Nonostante i buoni auspici iniziali, il vertice non ha prodotto i risultati sperati dai suoi proponenti, tanto che il presidente delle Nazioni Unite Antonio Guterres avrebbe detto di essere contrariato per l'esito della XXV Conferenza mondiale sul clima.
Se da una parte i Paesi di Asia, Africa, America del Sud e quelli in via di sviluppo rimproverano a Occidente e Stati Uniti le loro responsabilità storiche sul fronte delle emissioni, sostenendo che dovrebbero fare molto di più anche dal punto di vista finanziario per sorreggere i più colpiti, dall'altra gli Stati Uniti d'America non hanno mai firmato il protocollo di Kyoto del 1997 e a breve usciranno dagli Accordi di Parigi 2015.
Purtroppo, senza un vero accordo tra gli Stati Uniti d'America e la Cina - sono rispettivamente il primo emettitore pro capite di anidride carbonica e il primo quanto a valore assoluto - è evidente che molto poco si riuscirà a fare. All'Europa fa capo solo il 9-10 per cento delle emissioni mondiali di gas serra.
In questo quadro, il nostro Paese ha responsabilità importanti per gli anni a venire e non si può nascondere che, prima di interrompere l'utilizzo dell'energia derivato da fonti fossili, bisognerebbe prevedere un grande piano di investimenti volti a riconvertire gli impianti verso un'economia verde e a puntare su nuove fonti di approvvigionamento. Ciò probabilmente sarebbe una grande opportunità per creare uno dei nuovi pilastri di rilancio di questo Paese. Un esempio emblematico è costituito dalla Sardegna, che ha attive due centrali carbonifere importanti, una al nord dell'isola, in provincia di Sassari, e l'altra nel Sulcis iglesiente, in provincia di Cagliari.
L'Italia nei prossimi anni dovrà necessariamente puntare su un diverso modello energetico più incentrato sul risparmio, efficienza energetica e le fonti rinnovabili, partendo dalla generazione distribuita in piccoli impianti alimentati sempre più da energie rinnovabili allacciate a rete intelligente (smart grid) e integrate con efficienti sistemi di accumulo.
Un sistema coordinato e bilanciato di riciclo e termovalorizzazione consentirebbe al nostro Paese di ottenere l'autonomia energetica con evidenti benefici per le industrie di manufatti, che si vedrebbero diminuire sensibilmente il loro costo di produzione, e per i consumatori finali, che usufruirebbero del prodotto finito a un costo più basso. Una gestione corretta del ciclo dei rifiuti può, dunque, trattenere o attirare ricchezza all'interno di un Paese, evitando così le spese legate al trasporto e i costi di smaltimento all'estero. Inoltre, considerando che dai rifiuti è possibile ricavare energia termica ed elettrica in parte rinnovabile, potrebbero ricavarsi ulteriori vantaggi. Superare l'emergenza dei rifiuti in grandi agglomerati urbani come Roma e Napoli per proiettarsi verso un circuito virtuoso ed efficiente di gestione deve rappresentare una delle maggiori priorità di un Paese civile.
Noi chiediamo, quindi, al Governo di impegnarsi a farsi carico tra i Paesi partecipanti alle conferenze delle Nazioni Unite sul clima dell'adozione di un codice che esiga un livello elevato di trasparenza con solide norme vincolanti per tutte le parti e regole chiare che non penalizzino in modo irragionevole gli Stati membri e, in particolare, l'Italia, conciliando sviluppo industriale e scelte ecologiche al fine di misurare accuratamente i progressi e consolidare la fiducia tra le parti che partecipano al processo internazionale.
Chiediamo altresì un impegno ad adoperarsi in sede europea e internazionale affinché sia intrapresa ogni azione per giungere ad un vero accordo che includa tutti i Paesi in cui maggiori sono le emissioni di gas serra; ad adoperarsi affinché l'Europa, sul tema dell'emergenza climatica e non solo, sia unita nel portare avanti la propria strada, al fine di essere più incisiva durante il confronto con gli altri Paesi.
Chiediamo al Governo di garantire il completamento del capacity marketing, finalizzato a una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento, e il sostegno alla fonte idroelettrica, rinnovabile e programmabile al tempo stesso; di prevedere un piano di investimenti pubblici finalizzato a promuovere un nuovo modello energetico e ambientale, fondato sull'efficienza dei consumi energetici nell'edilizia, nell'industria e nei trasporti, attraverso la digitalizzazione delle reti, la diffusione della mobilità elettrica, lo sviluppo di tecnologie elettro-efficienti in ambito residenziale e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, attraverso l'introduzione di incentivi fiscali per cittadini e imprese e di misure di semplificazione, nonché un piano di sostegno al riciclo e alla trasformazione in risorse dei rifiuti (circular economy).
Intendiamo impegnare il Governo nel creare un sistema coordinato e bilanciato di riciclo e nell'avviare un piano per la costruzione di termovalorizzatori, al fine di consentire al nostro Paese di ottenere un'autonomia energetica, con i benefici che di conseguenza verrebbero generati. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Briziarelli per illustrare la mozione n. 244.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, mi permetto di ringraziare la maggioranza per la scelta della mozione. Ovviamente noi abbiamo presentato le nostre, perché di fatto quella in esame - spiace dirlo e mi rivolgo a tutti, me compreso - è una replica della discussione che già abbiamo svolto in questa sede nel giugno dell'anno passato, quando si discusse di mozioni sul cambiamento climatico. Nel frattempo è cambiato un Governo, ma di fatto - ce lo dobbiamo dire tutti - non è cambiata in maniera significativa la situazione ambientale né nel nostro Paese, né a livello mondiale.
Come diceva il collega Ferrazzi, sicuramente questo è uno di quei temi per cui non c'è confine e ciò vale nei due sensi, ovviamente, anche in quello che imponiamo a noi stessi rispetto a quello che avviene altrove. Siamo spesso severi con il nostro sistema imprenditoriale ed economico, ma non ci rendiamo conto che ragionare di millimetri, se poi ci sono problemi chilometrici altrove, è inutile dal nostro punto di vista.
Essere qui oggi ci ha permesso di presentare una mozione non con lo spirito di contraddizione e neanche con il rischio di cadere, nelle premesse, in una contrapposizione fra allarmismo e negazionismo, ma concentrandoci su quegli impegni su cui fino all'ultimo abbiamo lavorato, limandoli e inserendone alcuni nel testo che illustrerò e consegneremo all'Assemblea, per dare comunque il nostro fattivo contributo. Noi raccogliamo la sfida che la maggioranza ci lancia.
Non sto qui a ricalcare - su questo siamo d'accordo - la fotografia delle premesse; mi concentro sugli impegni che, come Gruppo Lega, abbiamo voluto inserire nella mozione e che ci auguriamo possano essere recepiti.
Il primo è un impegno a essere concreti: non possiamo continuare ad approvare mozioni, a fare annunci e poi non dare a essi concreta attuazione. Il primo impegno che noi rivolgiamo al Governo è approvare tutti quei provvedimenti necessari e indispensabili per dare immediata attuazione a normative già vigenti. Penso alla legge di bilancio 2019, in cui era inserito il geobonus, di cui non è arrivato il decreto attuativo; penso a tantissimi altri decreti che attendono, Governo dopo Governo, di essere attuati.
Occorre un maggior rispetto del Parlamento, se si considera che nell'emanazione del decreto che richiama la legge n. 167 del 2017, sul quale siamo chiamati a esprimere delle osservazioni, il Governo non ha ritenuto di tener conto di quanto approvato dal Parlamento nella legge di delegazione europea, in particolare sui pannelli fotovoltaici. Credo che la leale collaborazione debba esserci anche fra Governo e Parlamento.
Chiediamo al Governo di dare concreta attuazione ai provvedimenti annunciati e in alcuni casi partiti, ma non ancora arrivati. In particolare mi rivolgo al Ministro e penso ai decreti salvamare e cantierambiente: per carità, non possono rimanere enunciazioni. Noi siamo pronti a collaborare e a migliorare i testi base, ma devono partire e ciò sicuramente dipende dall'organizzazione che, anche in Parlamento, la maggioranza si darà.
Il secondo impegno per il Governo è quello di non porsi in termini di decrescita felice: se si deve pensare all'ambiente - e questo è chiaro - lo si deve fare considerandola un'opportunità sul piano economico, oltre che in termini occupazionali e di competitività. Lo si deve fare anche - come dicevo prima - pensando alle distorsioni che sul piano della concorrenza possono colpire il nostro sistema economico, se si chiedono degli sforzi grandissimi, ma poi non si va a lavorare nei Paesi che per ovvi motivi, qualche volta per scelta e qualche volta per obbligo, ancora non tengono conto degli aspetti ambientali.
C'è poi un altro tema su cui chiediamo l'impegno del Governo, che può sembrare di minore importanza o solo una dichiarazione di intenti, ma non è così: si pensa sempre al coinvolgimento dei cittadini, all'impegno dal basso, al coinvolgimento delle associazioni, mentre quasi mai, purtroppo, si trovano elencati fra i soggetti con cui confrontarsi le categorie, le imprese, le università per quanto attiene la ricerca, gli enti locali e le Regioni.
Sempre in tema di concretezza degli impegni - come diceva il collega Ferrazzi, possiamo dividerci sulle azioni concrete, ma non sugli obiettivi da perseguire - non si può parlare dell'impatto del trasporto su gomma e della necessità di agire sul parco veicoli e poi ritrovarsi nella condizione per cui attualmente sono stati stanziati 398 milioni di euro per le 38 città italiane più inquinate ma stiamo aspettando la firma del ministro Gualtieri sul decreto interministeriale: la Conferenza Stato-Regioni ha fatto quello che doveva; il ministro Patuanelli e il Ministro dei trasporti hanno apposto la loro firma, ma Gualtieri ancora no. Ripeto che sono 38 le città italiane che aspettano, ovviamente senza diversità di colore, ma purtroppo con una cappa comune di inquinamento, di avere quelle risorse per poter agire sul trasporto locale. È allora inutile approvare oggi l'ennesima mozione, se poi una firma tiene bloccati 398 milioni di euro. (Applausi).
Badate bene: parliamo di milioni di euro che riguardano le città, perché poi siamo spesso impegnati a volare alto, a fare dichiarazione di intenti e non ci rendiamo conto delle iniziative individuali che chiediamo ai singoli.
Quest'anno ricorreva il cinquantesimo anno della Giornata mondiale della terra, che non a caso è stata dedicata al clima, peraltro in una situazione particolare e mi piace ricordarlo. In piena emergenza Covid c'è stata una maratona di ventiquattro ore in cui si sono consigliate ai cittadini best practice individuali da portare avanti per ridurre l'impatto ambientale. Direi, però, che è quasi offensivo chiedere magari ai cittadini di utilizzare l'acqua pubblica, quando le condutture delle reti perdono il 42,4 per cento, con punte di oltre il 50 per cento di dispersione idrica. Allo stesso modo, quando magari si dice di stare attenti a scaricare l'olio della frittura nel lavandino e poi ci si accorge che siamo sottoposti a procedura di infrazione europea per centinaia di centri urbani non ancora collegati alla rete fognaria e comunque non ancora serviti dal trattamento delle acque reflue, stona trovare in ciascuna delle mozioni un passaggio sull'importanza di tener conto del valore dell'acqua e della necessità di assicurare il servizio ai cittadini. Serve in questo senso che ci sia completa assonanza fra le dichiarazioni di intenti e le scelte.
Su questo uno degli impegni che chiediamo al Governo è dare il proprio contributo - è un percorso parlamentare, ma è innegabile che il Governo abbia un peso - sul tema del consumo del suolo, come comunemente viene indicato, che - a nostro giudizio - deve diventare utilizzo responsabile, con l'introduzione dei concetti di bilancio ecologico e ambientale. A questo proposito, non mi si può venire a contestare - ad esempio - l'utilizzo del suolo per il raddoppio di una linea ferroviaria che potrebbe permettere l'aumento del trasporto su ferro e la riduzione di quello su gomma o, ancora, la realizzazione di un impianto di depurazione, anche occupando uno o due ettari di terreno, che consentirebbe però di ridurre lo scarico a mare.
Noi chiediamo complessivamente di passare oltre le dichiarazioni di intento che non trovano poi rispondenza. Peraltro, sono temi presi in considerazione non solo dal Parlamento ma anche dalle task force: uno dei pilastri individuati dalla strategia 2020-2022 della task force guidata da Colao è quello dell'ambiente; a noi sembra però che ci sia qualche discrepanza fra alcune posizioni assunte all'interno di quel documento e quelle che si ritrovano nelle mozioni qui presentate e nelle dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo.
Avviandomi alla conclusione, dico questo perché tutti, qualora dovessimo attenerci alle dichiarazioni e non passare ai fatti concreti, saremmo chiamati a risponderne fra qualche mese e anno e Dio non voglia che dovessimo trovarci ad arrampicarci sugli specchi - o peggio sul plexiglas - delle contraddizioni ideologiche che troppo spesso si riscontrano in materia ambientale (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
È iscritta a parlare la senatrice Nugnes. Ne ha facoltà.
NUGNES (Misto-LeU). Signor Presidente, la mozione n. 194 (testo 3) arriva in ritardo: il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sull'emergenza climatica lo scorso a novembre a Strasburgo in vista della Conferenza Cop 25 di Madrid e a dicembre la Camera dei deputati ha dichiarato finalmente l'emergenza climatica, a distanza di sei mesi dal rifiuto del Senato, con il precedente Governo, di votare la dichiarazione.
Il Parlamento europeo chiedeva la Commissione che le proposte legislative e di bilancio fossero pienamente in linea con l'obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi e di arrivare a zero emissioni di gas serra entro il 2050. Purtroppo però anche la Cop 25 ha rinviato quasi tutto alla Cop 26 del novembre prossimo, sperando che i nuovi eventi abbiano meglio predisposto i partecipanti.
Noi siamo stati fermati dal Covid-19; per questo siamo in un bel ritardo. Tuttavia, l'emergenza sanitaria che ci ha rallentato ha rappresentato anche un sicuro assist a questa urgenza: ha messo al centro la necessità di prendere atto e di dichiarare non più rinviabile la messa in campo di azioni, oltre alle parole e agli impegni privi di azioni conseguenti. Il Covid-19 ci ha messo dinanzi agli occhi un'altra evidenza. Oltre l'emergenza ambientale e climatica, che sovverte e crea fenomeni metereologici estremi (alluvioni, siccità, ondate di calore, l'innalzamento del livello del mare che inabissa terre, che affonda Venezia e tutto il Nord-Est); oltre l'impatto sociale ed economico che causa immigrazione - è stato calcolato che, se non ci saranno provvedimenti efficaci, 143 milioni di persone saranno costrette a lasciare le loro terre entro il 2050 - oltre gli effetti diretti sulla salute, quelli causati dal monossido di carbonio, dal particolato sottile e dalle diossine che hanno causato solo in Italia oltre 80.000 morti premature nel 2013: oltre tutto questo la pandemia ci ha insegnato che esiste anche una correlazione tra inquinamento, cambiamenti climatici e diffusione di nuovi virus mutanti, aggressivi, capaci come non mai di fare il salto di specie e di passare dagli animali, privati dei loro habitat (le foreste), ma anche trasportati in mercati da una parte all'altra del mondo, all'uomo; un uomo indebolito dagli inquinanti e dallo stile di vita, esposto a infiammazioni croniche dell'apparato respiratorio.
Sembra tutto molto chiaro e semplice, evidente. Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ci dice che abbiamo pochi anni per invertire questo ciclo, altrimenti non ci sarà più tempo e non ci sarà più modo.
Eppure, è così difficile imporre condizioni ai Paesi europei e sembra sempre più difficile vedere in atto azioni concrete anche da parte del nostro Governo, che pure continua a prendere impegni sulla carta, in Europa e a livello nazionale, che però non si concretizzano se non in azioni isolate, fuori da un piano programmatico unitario.
Eppure, non si può parlare di economia e di costi perché i costi ambientali sono altissimi e sono noti; si valuta che in Italia - per fare solo un esempio - si siano spesi negli ultimi trenta anni 5 miliardi di progettazione di opere per la prevenzione del rischio idrologico e oltre 20 miliardi, nello stesso lasso di tempo, per riparare i danni. Quindi, è una questione non economica, ma di chi paga cosa.
In Europa nel 2018 sono stati registrati 113 eventi calamitosi che hanno causato 16 miliardi di euro di perdite, oltre molti morti.
Gli impegni del Governo sulla carta ci sono. Al punto 7 del programma di Governo è prevista la realizzazione del green new deal, che comporterebbe un vero cambio di paradigma, un vero piano Marshall dell'ambiente, che non può limitarsi a incentivi sulle bici e a ecobonus fino alla fine del 2021. Occorre decarbonizzare, attivando finalmente il tavolo sui sussidi ambientalmente dannosi (SAD). Per tale sussidi spendiamo ogni anno 16 miliardi. Sul punto il Governo ha già preso un impegno con il Parlamento, ma bisogna anche rivedere il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), con obiettivi più ambiziosi anche nella fase di transizione, abbandonando l'idea di fare tale fase con il gas, perché sappiamo i danni che provoca, rivedendo quindi con la ricerca anche sistemi come quello dell'idrogeno, che non deve essere usato più solo come vettore.
Occorre uno stop al consumo di suolo, che pesa sui costi ambientali per il 25 per cento, e bisogna ripristinare gli habitat delle reti idrogeologiche, che pesano per il 24 per cento. Ci vogliono un grande piano di riforestazione e un massiccio investimento pubblico sul trasporto pubblico sostenibile. Bisogna inserire altresì in Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile.
Stiamo perdendo grandi occasioni, Ministro; lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo in questo momento con il recepimento del pacchetto dell'economia circolare. Stiamo perdendo un treno per quanto riguarda - per esempio - la responsabilità estesa del produttore, perché è da lì che parte la vera economia circolare.
Lo stiamo facendo anche noi in Parlamento che da due anni stiamo discutendo una legge sul suolo che non va avanti, anche perché il Governo continuamente si inserisce con modifiche a norme sull'edilizia con decreti. E intanto preme - come ci siamo detti anche giovedì scorso - sul nostro collo un decreto semplificazioni che non credo andrà nella direzione auspicata. Servirebbe una programmazione economico-industriale per i prossimi dieci anni per un rilancio del nostro sistema Paese ai fini di una riconversione ecologica, sulla base della quale definire i settori strategici per l'Italia, che non c'è nel decreto specifico e che non si evince, certo, dal documento degli Stati generali dell'economia della task force di Colao, dove ambiente è uguale a infrastrutture. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS (FIBP-UDC). Signor Ministro, le mozioni di oggi trattano un tema molto interessante per la Sardegna, che è quello dell'energia. Come ha già detto il collega Berutti e diranno la collega Gallone e altri che interverranno, alla Sardegna sta particolarmente a cuore il problema energetico, avendo due supercentrali a carbone di cui vorremmo disfarci.
So che all'interno delle mozioni c'è anche una considerazione per quanto riguarda la trasformazione della produzione energetica dalle energie alternative, ma probabilmente anche dal metanodotto che si dovrebbe realizzare in Sardegna.
Questo tema ci sta particolarmente a cuore per i suoi riflessi ambientali ed economici: la Sardegna paga 400 milioni all'anno per la produzione energetica, rispetto a quelle che sono le tariffe nazionali, in quanto, non essendoci continuità energetica, noi abbiamo una regolazione che non parte da ARERA, ma che deriva dai costi per l'energia del gestore locale della rete. Siamo particolarmente interessati all'aspetto ambientale di Porto Torres e del Sulcis, ma anche agli aspetti economici collegati al tema dell'energia in Sardegna.
Ringrazio per questo breve intervento e chiederei al Governo un impegno, laddove fosse possibile, perché la situazione sarda trovi uno sbocco felice per la produzione di energia e per i relativi costi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Coltorti. Ne ha facoltà.
COLTORTI (M5S). Cari colleghi, la comunità scientifica ha da tempo evidenziato l'importanza e l'intensità dei cambiamenti climatici, ma purtroppo c'è ancora oggi chi nega questa evidenza, portando a supporto il fatto che il clima è cambiato attraverso le ere geologiche e ci sono sempre state oscillazioni climatiche. Molte persone aderiscono all'idea dei cambiamenti climatici perché colpite dall'aumento dei fenomeni estremi che colpiscono le nostre città. Le evidenze principali giungono però dagli studi sulle calotte polari, dove i gas serra intrappolati nelle bolle d'aria all'interno del ghiaccio mostrano quantità di anidride carbonica e metano mai raggiunte negli ultimi 700.000 anni.
Questo processo ha subito un'accelerazione enorme con l'era industriale, sino ai giorni nostri. È uno dei più importanti goal da raggiungere, ma anche uno dei più difficili, perché le variabili in gioco sono numerose e riguardano non solamente i singoli Stati, ma l'interno pianeta. Ogni Stato deve fare la sua parte. Ma come possono gli Stati che già hanno una ricchezza pro capite elevata chiedere ai Paesi in via di sviluppo di interrompere la propria crescita? Non parlo solamente dei Paesi del terzo mondo. Sino a venti anni fa la stessa Cina o l'India erano Paesi in via di sviluppo, a cui i Paesi cosiddetti sviluppati portavano aiuti. La Cina, l'India e tanti altri Paesi hanno velocità estremamente differenziate e al loro interno milioni di persone vivono ancora in condizioni di arretratezza e aspirano a migliorare il proprio standard di vita. È impossibile negare queste prerogative dopo che i Paesi occidentali hanno avuto per decenni uno sviluppo sfrenato e continuano ad averlo. Purtroppo, tra i Paesi che non intendono intervenire ci sono anche quelli con un'economia avanzata, come ad esempio gli Stati Uniti; intraprendere iniziative che riducano gli effetti significa cambiare il modello di sviluppo industriale e ciò comporta costi elevati.
Per contrastare il cambiamento climatico sarebbe necessario un cambiamento culturale: dovremmo ricordare ad ogni istante che il pianeta è interconnesso e quello che facciamo in un luogo si ripercuote ovunque. L'inquinamento della Pianura padana, per esempio, viene portato dal vento verso sud, come gli incendi conseguenti alla distruzione della foresta equatoriale, che inducono un aumento della temperatura del pianeta non solo con la combustione, ma anche con la variazione dell'albedo. Il disboscamento ha indotto la formazione dei deserti, inesistenti fino a 8.000 anni fa, e cioè prima dell'avvento dell'economia agricola e pastorale. Negli ultimi decenni il neoliberismo ha dettato le regole dello sviluppo, che si è quasi sempre manifestato con perdita di beni comuni. Il profitto del singolo non ha avuto freni ed è stato auspicato come soluzione dei problemi economici. Mai come ora dobbiamo essere consapevoli che il disboscamento di aree immense di foresta - come sta avvenendo in larga parte del mondo per realizzare monocolture, spesso dirette del singole multinazionali - oltre che distruggere interi ecosistemi, ha conseguenze letali per la resilienza dell'intero pianeta. E nuovamente, in questi interventi, l'economia neoliberista ha una responsabilità immensa.
Dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un compito enorme e ben fanno le giovani generazioni a ricordarci di iniziare a preoccuparci dei cambiamenti climatici.
Si deve intervenire in maniera diffusa con decisione e rapidità. Il rischio principale è lo scioglimento delle calotte glaciali, con un aumento del livello medio dei mari di decine di centimetri nell'arco di una vita umana. Città patrimonio dell'umanità come Venezia e tante altre città costiere, tesoro dell'umanità, verranno sommerse e distrutte. L'altro rischio elevatissimo è quello dell'aumento, ancora più ingente, dei fenomeni idrometeorologici estremi, con conseguenze enormi per le nostre città e reti infrastrutturali. Ci sono poi tante perdite che non sono secondarie, come il deterioramento della qualità dell'aria, dell'acqua, dei fiumi e dei mari.
Siamo dunque chiamati a intervenire su due livelli. Occorre anzitutto un intervento a lungo termine per rallentare l'aumento medio della temperatura, il quale prevede l'abbandono il prima possibile di energie fossili a favore delle rinnovabili. A tal proposito, sono felice di appartenere a un Gruppo politico che sta portando avanti politiche mai viste prima in questa direzione. Spero che il rapido sviluppo delle tecnologie permetterà di abbattere le emissioni che influiscono sui cambiamenti climatici a lungo termine, anche se vorrei fossimo tutti consapevoli che i tempi a disposizione sono estremamente ridotti.
Per mitigare gli effetti degli eventi estremi dobbiamo però operare capillarmente sul territorio, intervenendo sulla vulnerabilità delle strutture del costruito. Dobbiamo evitare di commettere gli errori del passato ma, dato che molti errori sono stati compiuti, purtroppo dovremo continuare a registrare per decenni eventi catastrofici associati a eventi estremi. (Richiami del Presidente).
Dato che il tempo a mia disposizione è scarso (mi sono dilungato), passo alla parte più importante. Abbiamo costruito ponti sottodimensionati, la cui sezione è facilmente occlusa da un albero. In sostanza, viviamo in un territorio fragile in cui dovremmo rivedere il costruito nella prospettiva che si verificheranno eventi eccezionali. Da questo punto di vista, non dovremmo sperperare denaro pubblico per opere faraoniche di dubbio risultato, ma concentrarci sul rendere resiliente il nostro territorio, intervenendo capillarmente. (Applausi). Dovremmo inoltre cambiare leggi, spesso regionali, che determinano un aumento del rischio. (Applausi).
PRESIDENTE. Senatore Coltorti, la invito a concludere. Sta parlando da sette minuti, nonostante il tempo a sua disposizione fosse di cinque minuti.
COLTORTI (M5S). Sì, signor Presidente.
Vogliamo frenare il cambiamento climatico? Iniziamo da noi stessi: smettiamo di sprecare e iniziamo a dare importanza all'essere, piuttosto che all'avere. Qualcuno potrebbe osservare che sul consumo di sempre maggiori quantità di beni è basato il nostro sviluppo economico. Purtroppo è vero. Le persone devono essere consapevoli che la maggior parte di quello che viene prodotto comporta l'aumento di energia e la liberazione, in un modo o nell'altro, di calore.
Dobbiamo lavorare meno, per avere più tempo per vivere la propria vita e occuparsi della propria felicità e di quella altrui; lavorare tutti, diminuendo l'assurdo divario tra chi ha tutto in estrema abbondanza e chi non arriva a fine mese. Vogliamo combattere il cambiamento climatico? Torniamo a rendere attuale lo slogan «Lavorare meno, lavorare tutti»; lavorare per la felicità e la gioia di tutti. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Nastri. Ne ha facoltà.
NASTRI (FdI). Signor Presidente, l'esame delle mozioni in materia ambientale cade a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell'ambiente, un evento simbolico che dà ancora maggiore solennità a quanto diremo oggi in quest'Aula.
Signor Ministro, in quella Giornata l'attenzione si è focalizzata soprattutto sulla biodiversità, cioè sulla ricchezza dell'ambiente che ci circonda. Proteggere e ripristinare la biodiversità vuol dire valorizzare la vita e l'equilibrio nelle sue varie forme. Per la nostra società compromettere la ricchezza della diversità biologica significa aumentare anche le probabilità che i cambiamenti ambientali si abbattano su di noi come una calamità. Tuttavia, il venir meno di questa diversità ci espone anche al rischio di rendere più incerta la stessa coscienza scientifica che abbiamo del mondo nel quale viviamo.
Dinanzi all'epidemia che ci ha colpiti la ricerca, la scienza e la cultura scientifica rappresentano strumenti ineludibili, di cui sicuramente non possiamo fare a meno. È bene ricordare che sono questi, insieme alle politiche lungimiranti, gli unici strumenti che potranno consentirci di guardare al futuro con una certa fiducia.
Le recenti drammatiche vicende che - come dicevo prima - hanno riguardato il nostro pianeta, non ultima la vicenda legata al Covid-19, ci impongono di riflettere sul modello di sviluppo che in questi decenni abbiamo creato, ma anche sul legame imprescindibile che esiste tra l'equilibrio della natura e la nostra stessa sopravvivenza. In particolare, il Covid-19 può rappresentare l'occasione per ridisegnare il nostro stile di vita, ma per farlo chiaramente occorre un certo tipo di sensibilità da parte di tutti, anche e soprattutto da parte delle istituzioni.
Dobbiamo essere sempre più consapevoli che le nostre azioni e i modelli di produzione e di consumo impattano anche sul fronte dell'ecosistema e sull'adattamento ai cambiamenti. Pensiamo per un attimo se fosse vera la teoria secondo la quale la diffusione del Covid-19 è legata ai livelli di inquinamento: ci troveremmo dinanzi ad una drammatica consequenzialità tra lo sviluppo industriale e gli effetti prodotti sull'ambiente e capiremmo quanto le nostre scelte riguardanti il modello produttivo possano ripercuotersi sull'ecosistema e, di conseguenza, sulla nostra vita e su noi stessi. Come ho detto, ancora non ci sono conferme scientifiche di questa tesi, ma soltanto immaginare che possa avere un piccolo fondamento ci impone di riflettere con attenzione sulle scelte che da qui in poi adotteremo e anche sulla drammaticità del momento che purtroppo stiamo vivendo. Questo è ancor più vero se pensiamo che in questi mesi saremo posti dinanzi alla necessità di scegliere la via migliore per uscire dalla crisi economica seguita all'emergenza sanitaria che il Paese ha vissuto, sta vivendo e purtroppo vivrà ancora nei prossimi mesi.
Dobbiamo prendere atto che si è aperta nel Paese una riflessione importante e le scelte devono riguardare chiaramente un periodo medio-lungo per la ripartenza dell'Italia e questo significa anche assumere un esplicito impegno per orientare il modello di crescita attraverso la sostenibilità e verso politiche capaci di riarmonizzare il nostro sistema economico con l'ambiente, per ricreare, Ministro, una sinergia tra la parte economica e quella dell'ambiente.
In questi giorni si susseguono appunto notizie e dichiarazioni da parte del Governo su quello che andrete a fare nei prossimi giorni e quindi sugli Stati generali dell'economia. Sento l'obbligo di sottolineare a questo punto che il Governo non può e non deve dimenticare l'ambiente nelle scelte che saranno fatte nei prossimi giorni e di rivolgere un appello affinché si punti ad immaginare un modello di sviluppo sostenibile. Bisognerà anche capire - ma questo dipenderà molto, Ministro, anche dalla sua forza - quali risorse saranno dedicate al tema dell'ambiente e ci auguriamo chiaramente che non sia un obiettivo di secondo piano, ma di primissimo piano.
Al Governo spetta quindi l'obbligo di chiarire quante e quali risorse saranno destinate all'ambiente e in che modo i progetti e i programmi di rilancio saranno ecosostenibili e capaci di armonizzare le esigenze della nostra economia, che deve ritornare a crescere in sintonia e nel pieno rispetto dell'ambiente. Mi auguro che questo Esecutivo sia capace, in tema di ambientalismo, di fare di più e soprattutto, Ministro, di osare di più rispetto a quanto è stato fatto finora. È chiaro che se la vostra risposta è la plastic tax, le diciamo subito chiaramente che non ci siamo.
Purtroppo, soprattutto a sinistra, si è preferito un approccio molto ideologico in questi anni per quello che riguarda l'ambiente e anche sulla visione dell'ambientalismo come sviluppo; un monopolio delle tematiche ambientaliste che non ha fatto bene allo stesso ambientalismo, ma lo ha fatto diventare terreno di confronto politico-elettorale. L'ambiente è un tema che riguarda tutti e non può esservi un approccio di una o dell'altra parte politica, ma deve avere il contributo di tutte le forze politiche, nessuna esclusa.
Il Gruppo Fratelli d'Italia su questo punto intende dire la propria. Perciò bisogna avere il coraggio, come dicevo in precedenza, di innovarsi, di sviluppare idee e progetti in sintonia con l'ambiente, che consentano di realizzare sistemi di produzione ecosostenibili e moderni. Questo perché deve essere chiaro che la difesa dell'ambiente non può e non deve essere vista come contraria allo sviluppo e vorremmo che il Governo fosse chiaro anche sugli obiettivi in termini ambientali, che il piano Colao ha fissato. È apprezzabile che la task force abbia dedicato una parte del piano allo «Sblocco e accelerazione investimenti operatori del settore energetico» e all'«Economia circolare di impresa», ma temiamo che questi siano purtroppo - speriamo di no, ma sarà soltanto il tempo a dimostrarlo - soltanto capitoli o paragrafi, buoni per fare qualche comunicato stampa o per qualche lancio di agenzia. Crediamo invece che il Governo, nel momento in cui si è impegnato nel delineare una strategia di rilancio e sviluppo di questo tipo, non la possa relegare a una posizione di secondo piano.
Quindi - ripeto - che l'ambiente deve essere messo in primo piano e non in secondo piano. Vanno fatte delle scelte forti e serie, ma non ideologiche, che, come dicevo in precedenza, vanno prese con il contributo di tutte le forze politiche. La sfida che ci troviamo oggi davanti è perciò quella di individuare una via allo sviluppo, che non sia in contrasto con l'ambiente e la sua tutela. Soltanto ponendo la tutela dell'ambiente al vertice della nostra scala di priorità riusciremo a dare anche una maggior forza al nostro programma, soprattutto per quello che riguarda il rilancio economico. Signor Ministro, attivare delle politiche ambientali significa parlare anche di occupazione, di lavoro, di opportunità e di sviluppo. In Italia, attraverso la leva dell'economia sostenibile, puntando sulla messa in sicurezza delle infrastrutture nei territori minacciati da rischi idrologici e cambiamenti climatici, è possibile creare le condizioni per far crescere l'occupazione, coniugando così la ripresa economica alla tutela delle risorse naturali. Il Gruppo Fratelli d'Italia è convinto che non si possa essere dei patrioti, senza essere anche difensori della natura e dell'ambiente. Questo perché patria, terra dei padri, e ambiente sono parole molto vicine e noi rivendichiamo chiaramente e con grande forza la nostra identità.
Concludo, signor Presidente, dicendo che, a nostro avviso, è fondamentale si coniughino sviluppo e rispetto dell'ecosistema: da questo dipenderà non soltanto il futuro della nostra economia, ma anche quello dei nostri figli e dei nostri nipoti. Signor Ministro, è tempo che ambientalismo ed economia camminino insieme, che non siano due cose separate e che non vengano visti solo in maniera ideologica. Dunque bisogna mettere da parte quello che fino a oggi è stato purtroppo un principio negativo soprattutto del centrosinistra. Noi ci siamo e ci auguriamo che anche le altre forze politiche siano all'altezza di questo compito. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Buccarella. Ne ha facoltà.
BUCCARELLA (Misto). Signor Presidente, voglio provare a spendere i tre minuti a mia disposizione cercando di richiamare l'attenzione dei colleghi, nonché del Ministro presente, per esprimere innanzitutto il mio personale apprezzamento per la mozione presentata dalla maggioranza, che tocca molti punti assolutamente condivisibili, tra cui mi piace ricordare il settimo punto della parte dispositiva, che parla della necessità della progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi: speriamo si tratti di un'iniziativa che possa svolgersi nel tempo più breve possibile, compatibilmente con le esigenze produttive del Paese.
C'è solamente una piccolo appunto, se così si può dire, che mi sentirei di fare in tutta coscienza a questa mozione, ovvero l'assenza di due elementi che, secondo me, sono preponderanti e di estrema attualità. Avrei aggiunto, se fosse stato nella mia disponibilità, un riferimento esplicito all'idrogeno rinnovabile, ovvero l'idrogeno ottenuto da fonti rinnovabili, come strumento - come vettore energetico, nel caso di specie - che, nell'ambito degli impegni governativi può aiutare - e lo farà comunque, senz'altro - a realizzare gli obiettivi indicati negli impegni che il Parlamento comunica al Governo, e alle comunità energetiche.
Questi punti, signor Ministro, penso che siano di particolare rilevanza. Lei saprà benissimo e sappiamo tutti, in realtà, che di idrogeno si parla in tema di mobilità e di altri utilizzi da molto tempo, da decenni. La novità è che lo sviluppo tecnologico e lo sviluppo delle economie di scala in ambito planetario che stanno avendo luogo nell'ultimissimo periodo stanno rendendo realizzate, non già più realizzabili, infrastrutture e mezzi di mobilità terrestre e navale e sappiamo che in Svizzera ciò avviene anche nei procedimenti industriali, come ad esempio in quelli siderurgici. Abbiamo visto anche che Timmermans ha invitato a tracciare un percorso che porti Taranto ad una decarbonizzazione attraverso l'utilizzo dell'idrogeno rinnovabile.
Non avendo il tempo di poter esprimere un concetto pienamente formulato, faccio una piccola rassegna stampa. Oggi, 9 giugno, la testata tedesca «Handelsblatt» annuncia che domani, 10 giugno, il Governo federale tedesco annuncerà il piano nazionale dell'idrogeno. Io dico - e su questo penso che dovremmo trovare un'unità di intenti veramente al di là di ogni colorazione politica e appartenenza di maggioranza o di opposizione - che è il momento che l'Italia capisca che investire in ricerca, sviluppo e produzione di elettrolizzatori, cioè gli strumenti che separano l'elemento idrogeno dall'acqua e di celle a combustibile, le fuel cell, che traducono l'idrogeno immagazzinato in energia elettrica e producono come scarto l'acqua, è una necessità impellente che ha a che fare con lo sviluppo economico, con la geopolitica, con il riuscire a staccarsi veramente dalle dipendenze dalle fonti fossili, del petrolio, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e delle guerre, di un ambiente migliore. (Applausi). Non c'è un motivo, se non quello di magari legittimi interessi delle lobby, che debba o possa contrastare questo e mi auguro che questo Governo vada in questo senso, avendo già dimostrato certamente sensibilità in questo senso, ad esempio con l'articolo 42-bis del mille proroghe, che apre alle comunità energetiche. Ringrazio sin da ora il senatore Girotto, che so che interverrà dopo di me, perché è uno dei colleghi che per anni hanno condotto battaglie su questi temi che stanno diventando realtà. Il super ecobonus del 110 per cento è una misura storica, che non ha eguali. Vi prego, per il futuro di tutti noi e di questo Paese, di concentrare l'attenzione e le risorse anche sull'utilizzo di questi due elementi. Da senatore che non conta nulla, in un Gruppo senza appartenenza particolare, vi invito a individuare le risposte che sono già intorno a noi. Mille camion Hyundai a idrogeno rinnovabile stanno per invadere, per così dire, la Svizzera. L'idrogeno dobbiamo crearlo con l'utilizzo delle fonti rinnovabili. L'Italia è favorita rispetto alla Germania, alla Svezia e all'Austria perché abbiamo - lo sappiamo tutti - almeno la fortuna di poter avere le risorse dirette e indirette che ci dà il sole. Utilizziamo queste risorse, impegniamoci perché una via di raggiungimento degli obiettivi economici e di contrasto ai cambiamenti climatici e di maggiore giustizia sociale sta nell'idrogeno rinnovabile e nella comunità energetica. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Messina. Ne ha facoltà.
MESSINA Assuntela (PD). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, già lo scorso anno quest'Assemblea discuteva le mozioni sulle azioni da intraprendere per contrastare il preoccupante fenomeno dei cambiamenti climatici. Oggi, a distanza di un anno, è necessario riconsiderare quella discussione e le determinazioni che ne sono seguite, anche alla luce dei vasti e gravi avvenimenti occorsi. Viviamo infatti un'epoca straordinaria di crisi larghe e profonde, un tempo in cui alle questioni strutturali che preoccupano la società umana, come appunto l'urgenza del contrasto ai cambiamenti climatici, si affiancano anche inquietudini contingenti altrettanto allarmanti. L'inaspettata e trasversale emergenza sanitaria che ha mutato radicalmente la prospettiva, ponendo in primo piano lo snodo tra la mutazione antropologica indotta dal coronavirus e il ruolo delle politiche pubbliche. Credo commetteremmo un errore se trascurassimo, tra le cause di questa pandemia, anche un elemento molto importante: la rottura dell'equilibrio fra le specie animali e l'ambiente naturale.
Una rottura che annovera, fra le sue cause, l'antropizzazione incontrollata e lo sviluppo quantitativo (purtroppo, a volte solo quantitativo e non qualitativo) del paradigma industriale.
L'impellenza di arginare gli effetti più dannosi della crisi epidemiologica e dei derivanti riflessi economici in termini di crescita e di occupazione incrocia strutturalmente la serietà e l'attualità della crisi climatica. Il contrasto al cambiamento climatico entra, allora, a pieno titolo nelle azioni volte a prevenire i rischi di nuove pandemie.
Una sequenza ben presente nella grande banca dati della storia ci ricorda come entri in scena anche la dinamica collettiva di fronte ad ogni cambiamento epocale. Per dirla con Jared Diamond, alle grandi sfide sopravvivono solo le civiltà che sono in grado di superare le inerzie degli interessi più radicati, cambiando anche per tempo le gerarchie di valore.
Signor Ministro, mi rivolgo a lei, ovviamente, al Governo e a tutti noi che collaboriamo, nel dire che si tratta di cogliere e di risolvere la connessione tra l'imminenza di un'azione decisiva per contrastare l'emergenza climatica e le giuste e pressanti risposte alle difficoltà economiche e sociali che ci aspettano anche nei prossimi mesi. Ed è più che mai opportuno allargare lo sguardo e pensare alla ricostruzione economica come all'occasione migliore per una "rivoluzione verde".
L'opportunità per cambiare alla radice è questa ed è questa la nostra occasione per vivere nuovamente una nuova stagione, che coniughi soprattutto sviluppo e rispetto per l'ambiente e per le biodiversità, tendenze confermate anche nella nuova strategia per la biodiversità 2030. Dobbiamo, insieme, rielaborare e attraversare questo passaggio come occasione e ripartire da un'economia, ripensandola alla luce di una sua conversione ecologica.
È, dunque, fondamentale il nostro impegno per orientare anche l'azione europea e globale verso un approccio sistemico e integrato, che contempli, al tempo stesso la drastica riduzione delle emissioni di anidride carbonica, l'investimento massiccio nelle politiche economiche ambientali in materia di trasporti, consumi, fisco, produzione di energie rinnovabili ed uso efficiente e responsabile delle risorse disponibili.
Ovviamente, vi è un orientamento chiaro, da parte della Commissione europea e della presidente von der Leyen, che si è impegnata a richiamare la centralità dell'ambiente e della questione climatica, per fare proprio dell'Europa il primo Continente a emissioni zero entro il 2050. Un impegno che ha trovato il primo rilevante riscontro con la presentazione del green deal il 14 gennaio scorso, un piano imponente e importante, volto a finanziare la transizione nei prossimi anni verso la neutralità climatica e poi a mettere in campo azioni mirate per promuovere l'uso efficiente delle risorse e stimolare il passaggio ad una economia circolare, che tuteli la biodiversità e riduca l'inquinamento, investendo in tecnologie rispettose dell'ambiente e sostenendo l'industria nell'innovazione.
L'Unione europea, quindi, si è mostrata attenta a convogliare gli investimenti pubblici e i fondi privati, per un totale di almeno 1.000 miliardi; a introdurre il meccanismo per una transizione giusta, per mobilitare almeno 100 miliardi nel periodo 2021-2027 e attenuare così l'impatto socio-economico della transizione all'economia verde.
È stato presentato anche l'altro strumento importante, il Next generation. Ovviamente, sono tutte misure importanti, che trovano anche spazio e che mettono a fuoco l'importante transizione all'economia green e all'economia digitale, sia nel sostegno agli Stati per investimenti e riforme, ma anche nel sostegno agli investimenti privati, che interesserà le imprese, ovviamente in difficoltà a causa del lockdown, per aiutarle anche nella loro produzione.
A fianco dell'azione europea, è stato ed è importante e decisivo l'apporto del Governo nazionale. Con l'approvazione di questa mozione, ribadiamo un punto politico essenziale: la consapevolezza di una necessaria inversione di tendenza, coniugata alla volontà di mettere in campo le strategie certe per una ripresa resiliente, sostenibile, generativa, che individui nell'ecologia integrale il quadro di senso da cui far partire le nostre scelte. L'ecologia integrale è anche un elemento culturale fondamentale. Si fonda sulla visione comune ed esige un effettivo e verificabile passaggio da una società competitiva a una società effettivamente ed efficacemente comunitaria, che superi la mera competizione, assumendo fino in fondo il modello della cooperazione, in una idea di lotta alle diseguaglianze, che sono incompatibili con la ripresa.
Il green new deal, al centro dell'azione del nostro Governo, è la vera e unica strada per costruire società ed economie più resilienti, capaci di conciliare creazione di valore economico, lavoro, salute, sostenibilità ambientale e ridurre anche l'esposizione del nostro sistema produttivo a nuovi rischi e fragilità.
A questo punto mi sembra opportuno sottolineare un altro aspetto: la finanza sostenibile con investimenti sostenibili sarà un attore chiave per il rilancio della crescita economica, ed obbliga tutti noi a un ripensamento e a una coraggiosa riforma anche della fiscalità, pensando a una fiscalità compensativa, declinata non solo sulla capacità reddituale, ma anche su quella di inquinare meno.
Lo stesso mondo delle imprese sta governando il passaggio dei propri bilanci, immaginando il bilancio sostenibile come evoluzione del bilancio sociale. Un approccio realmente ecologico è sempre un approccio sociale proprio perché supera le differenze, ed è indispensabile motore in un momento come quello che stiamo attraversando, in cui la cultura del bene comune è in difficoltà, necessita di un dialogo ampio per raggiungere obiettivi sintetici e condivisi. L'obbligo, allora, è quello di promuovere un rapido e profondo riequilibrio di valori, necessario a risolvere la sfida che è davanti a noi.
Ovviamente le grandi sfide impongono grandi scelte, ma il nostro Paese, l'Italia, anche attraverso questa mozione, può rivestire un ruolo di leader nel grande processo di cambiamento che il pianeta e i cittadini ci chiedono di attuare.
Abbiamo l'occasione di dar vita a un'età nuova, a una nuova relazione etica tra uomo e natura.
Futuro, tempo, equilibrio sociale, sviluppo sostenibile, solidarietà: sono moltiplicatori in grado di coniugare tutti gli aspetti del benessere; ognuno di noi deve trasformarsi in una comunità energetica. Ognuno di noi deve essere democrazia energetica, realizzando l'approdo a una welfare society che, anche grazie alla trasparenza, elimini le asimmetrie e rivaluti la cifra del dovere, e tra i doveri quello di aiutare e sostenere gli altri, nel rispetto della prossimità e della sostenibilità. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Papatheu. Ne ha facoltà.
PAPATHEU (FI-BP). Signor Presidente, cari colleghi, dall'Accordo di Parigi del 2015 in poi le politiche ambientali clima ed energia hanno avuto una svolta più o meno in tutto il mondo, e anche l'Italia ha dovuto fare la sua parte.
La decisione presa alla Conferenza sul clima Cop 21 di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto del 2 per cento, addirittura prevedendo anche il limite dell'aumento all'1,5 per cento ha naturalmente inciso anche sulle politiche ambientali di questo Paese. Si è voluto mettere in pratica questo Accordo con piani di mitigazione che ci hanno portato a ridurre ancora le emissioni, e che lei stesso, Ministro, ci ha illustrato quando si è insediato venendo in Commissione e affascinandoci con gli obiettivi del suo programma politico.
Oggi, però, rispetto a tutti questi che sono impegni gravosi, sono costretta a chiedere forse una maggiore presa di coscienza e la consapevolezza del fatto che oggi non possiamo più perseguire questi obiettivi così ambiziosi perché abbiamo mezzo milione di disoccupati in Italia a causa del Covid. Quindi, l'ulteriore impegno da parte del Governo italiano nelle politiche ambientali non può prescindere dal dare nuovamente occupazione e sostegno alle imprese che dichiarano di aver perso 420.000 posti.
Noi queste direttive europee le abbiamo adottate finora; abbiamo anche subito un appesantimento delle autorizzazioni e su questo vi racconto un piccolo aneddoto. Un certo Miccichè, un mio amico palermitano a voi tutti noto, in due anni ha dovuto chiedere 23 autorizzazioni per avere un impianto fotovoltaico a casa sua per poi non avere nessun controllo nei cinque anni successivi.
Mi chiedo oggi se il coraggio che lei ha dichiarato di voler avere nel suo mandato come Ministro lo impegnerà ancora di più per snellire la burocrazia del Paese perché dalla sburocratizzazione scaturirebbe un'accelerazione del PIL nazionale. Le richieste continue di timbri, infatti, in Italia e in Sicilia hanno appesantito le procedure. Ministro, negli altri Paesi le autorizzazioni vengono rilasciate a vista e, quindi, non capisco perché l'Italia non possa adottare lo stesso metodo.
Possiamo onorare molti impegni sicuramente, ma a patto che questi non penalizzino la nostra economia, che si garantisca il mantenimento dei posti lavori e il ripristino di quelli persi durante l'emergenza pandemica che ha avuto ripercussioni su ogni decisione.
Colleghi, gli obiettivi di riduzione europea del 2030 sono importanti, ma prima di tutto devono venire la crescita economica, la salvaguardia della ricchezza del Paese e del lavoro della gente. La transizione richiesta dagli obiettivi che ci attendono tra dieci anni (riduzione del 40 per cento delle emissioni, 32 per cento di consumi energetici da rinnovabili, 32,5 per cento di miglioramento dell'efficienza energetica) ha un costo economico, fiscale e sociale pesante che non possiamo scaricare oggi sulle nostre imprese. La strategia di lungo termine, tra l'altro, persegue la neutralità emissiva nel 2050, cioè l'azzeramento delle emissioni al netto degli assorbimenti. Si tratta di una strategia ambiziosa che può tornare alla nostra portata solo se l'Italia non si impoverisce ulteriormente. Ogni Paese ha modificato le proprie strategie e, quindi, con essa dovrà modificare necessariamente i sistemi produttivi.
L'Italia ha già raggiunto e persino superato alcuni obiettivi, mentre altri in questo momento storico di crisi economica deve raggiungerli necessariamente con prudenza. I costi della transizione sono notevoli e in questa fase riguardano milioni di posti di lavoro e un intero assetto produttivo e sociale. In questo momento ci chiediamo, per esempio, se abbia senso spingere l'acceleratore sulla chiusura delle centrali termiche a carbone, peraltro in territori isolati dalla rete nazionale. Certamente ha senso spingere sugli investimenti verso sistemi di produzione di energia più pulita perché creano impresa e attivano posti di lavoro diretti e indotti, ma valutando attentamente costi e benefici immediati. Le risorse di oggi non possono essere distolte dall'obiettivo principale e prioritario che deve essere ricucire completamente il tessuto sociale del nostro Paese. Per fare questo, bisogna essere sicuri che ogni scelta importante in materia ambientale non vada a penalizzare il ripristino delle condizioni preesistenti e la creazione di nuove opportunità. Quindi, anche la riduzione dei consumi di energia, che è sempre stato un punto auspicabile dagli ambientalisti, non è augurabile per i settori produttivi perché sono lo specchio di una crisi economica e di un'industria che non riesce a ripartire.
L'economia in questo momento ha bisogno di essere liberata e di meno vincoli, pur capendo bene che gli ambiziosi obiettivi ambientali prima o poi dovranno essere raggiunti. Lo status quo ante aveva già visto un Paese in difficoltà fino al 2019 con un calo del PIL vistoso. L'Italia aveva già rallentato a causa delle vostre ricette economiche che si sono dimostrate inefficaci. Quelle precedenti avevano messo al centro dell'azione politica un piano verde mal coniugato con il contesto industriale italiano. Le nuove ricette verdi di questo Governo si limitano a incentivare l'uso della bicicletta elettrica e del monopattino elettrico. Ministro, rimango basita. Non so come si siano potuti introdurre i monopattini elettrici. C'è già uno scempio e poi si tratta di un uso limitato. Non lo dico io perché ho visto città, come San Francisco, dove gli incidenti sono cresciuti del 222 per cento e i ricoveri del 315 per cento. Camminando per le strade di Roma già vediamo gente che gira in due su un monopattino. Li lasciano abbandonati dappertutto. (Applausi). Ma come si può prevedere un sistema del genere totalmente avulso da regole? Non sono previsti caschi, targhe o sanzioni per queste persone.
Ma come si può introdurre una misura, che avrebbe potuto essere anche efficace, senza che fosse accompagnata da una norma che in qualche modo responsabilizzasse i conducenti di monopattini, che finiranno tutti all'ospedale? Questo voi lo sapete benissimo, non ve lo devo certo dire io.
Tornando alla mozione, vi è stata ora la conferma che la regolazione e la tassazione hanno raggiunto veramente un livello alto e non si può decrescere. Mentre gli altri Paesi europei sono riusciti a uscire dalla morsa del lockdown, noi ci siamo ancora dentro e non abbiamo messo in campo le misure per far ripartire il Paese.
Dovendo concludere, chiedo di poter consegnare il testo integrale del mio intervento affinché sia allegato al Resoconto.
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.
PAPATHEU (FIBP-UDC). Vorrei però fare un ultimo richiamo alla vostra attenzione. Vi è la nuova idea di mettere i plexiglas nelle scuole, che naturalmente porterà un incentivo al consumo di plastica; quelle stesse plastiche che voi avete penalizzato, ad esempio, con la plastic tax. L'azienda della Coca-Cola, infatti, con quella misura si vedrà costretta, ancora una volta, a mettere alla porta i propri impiegati: sono stati già annunciati 150 esuberi, poi rimandati a gennaio, grazie all'intervento di Italia Viva, che si è espressa in questa direzione accogliendo le nostre preghiere.
Ministro, le chiedo veramente, al di là della sua storia, della sua cultura e del suo mandato (sono passati due anni), di impegnare il coraggio che lei ha avuto nella sua carriera professionale anche per incentivare le produzioni e tutto quello che può essere utile per questa economia, compresi i termovalorizzatori. Ci sono aziende bresciane che hanno costruito, ad esempio, a Copenaghen, sopra un termovalorizzatore, un impianto da sci; lei si rende conto? È diventato un'attrazione turistica quello che, invece, in Italia viene vietato. E noi dobbiamo sostenere i costi per il trasporto della spazzatura e di tutto quello che, invece, potremmo consumare e far diventare risorsa per il nostro Paese. Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pazzaglini. Ne ha facoltà.
PAZZAGLINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, Governo, colleghi, superata la soglia dei cinquant'anni mi sto convincendo che gli italiani siano i più grandi tifosi del mondo. Non tanto per qualità del tifo - perché francamente su quello non mi saprei esprimere - ma sicuramente per quantità di tifo non ci batte nessuno: noi tifiamo le squadre, come è giusto che sia, tifiamo i partiti politici - e questo forse è meno giusto - e arriviamo all'assurdo di tifare anche le posizioni ideologiche. Ripeto: l'assurdo di tifare le posizioni ideologiche. C'è chi è negazionista, che non prende minimamente in considerazione le argomentazioni della controparte, e chi invece è allarmista fino all'estremo e vede la fine del mondo dietro l'angolo. Non c'è mai una posizione intermedia.
Adesso parliamo dei cambiamenti climatici, come se fossero un fenomeno recente, mai verificatosi prima nella storia e che sta per sconvolgere gli equilibri della nostra Terra. Io ricordo, dai miei studi di tanto tempo fa (preferisco non ricordare quanto), che, quando fu scoperta la Groenlandia, fu chiamata Grönland (terra verde) appunto perché era rigogliosa, non era ghiacciata come potrebbe essere adesso. Quindi i cambiamenti climatici ci sono sempre stati.
Con questo non voglio dire che l'uomo non abbia un effetto patologico sul clima e non influisca sul clima: sappiamo benissimo che non è così. Ciò che voglio dire è che noi non dobbiamo prendere un effetto, che in piccola parte o in gran parte è determinato da una nostra azione, e reagire a quello arrivando a soluzioni estreme, che non hanno niente di scientifico, se non il fatto che, appunto, sono una reazione, spesso di pancia. Purtroppo infatti non arriviamo mai a programmare con anticipo, ma cerchiamo sempre di eliminare gli effetti di quello che abbiamo fatto. È una reazione di pancia, che la maggior parte delle volte si rivela inutile, qualche volta addirittura dannosa.
Voglio fare un esempio. Molti sostengono che, tra le principali cause di inquinamento mondiale, vi sia il trasporto veicolare. A fronte di quello che viene visto come uno dei maggiori problemi che causano alterazioni climatiche, si decide di intervenire per puntare all'obiettivo di riduzione delle polveri sottili.
Gli autoveicoli e l'autotrasporto determinano anche le emissioni di gas a effetto serra, ma tecnicamente non sono propriamente degli inquinanti, per cui ci si concentra principalmente sulle polveri sottili e sul particolato. Dunque, che cosa si fa? Si decide di andare ad intervenire per limitare la circolazione di chi si ritiene responsabile di queste emissioni.
Poi però arriva il Covid-19 e praticamente tutto il traffico per un periodo si interrompe e la conseguenza, che tutti conosciamo, è che a livello mondiale le emissioni inquinanti - e quindi l'inquinamento - mediamente si dimezzano. Tuttavia, se andiamo a vedere le rilevazioni del particolato e delle polveri sottili, non solo non si sono dimezzate, ma si sono ridotte solo del 10 per cento. Quando però a fine marzo c'è stata un'ondata di caldo determinata da venti africani, quindi con la presenza di molte polveri sottili trasportate dal vento, abbiamo raggiunto dei picchi massimi.
I fatti dunque - fatti che qualcuno cerca di interpretare a proprio favore - dimostrano che la situazione è esattamente quella opposta, ma noi che facciamo? Ideologicamente combattiamo la soluzione del trasporto a diesel, che è più efficiente e determina l'emissione di meno gas ad effetto serra, con un impatto sicuramente meno negativo sull'ambiente, per favorire soluzioni che hanno un impatto più pregiudizievole. La benzina, contro cui nessuno ha mai avviato una guerra ideologica come quella purtroppo portata avanti contro il diesel, inquina di più, ma questo argomento non viene mai considerato. Che facciamo allora? Cerchiamo di stimolare l'elettrico. Ricordo che il primo mercato mondiale per l'elettrico è quello cinese, dove oltre il 50 per cento della produzione di energia elettrica viene da fonti combustibili, da fonti fossili.
Quello che voglio evidenziare con questo è che noi non dobbiamo adottare delle misure spot, non dobbiamo cercare di fronteggiare le conseguenze, ma dobbiamo predisporre un piano, un progetto che ci porti certamente nel 2050 all'obiettivo di produrre non da fonti fossili, ma dobbiamo farlo senza incidere sul sociale, sull'aspetto economico e su quella che evidentemente è la nostra base economica e produttiva, che ci consente un'autosufficienza economica, che ci consente di scegliere. Quello che infatti non ho sentito ancora dire mai in quest'Aula è che, senza la nostra autosufficienza economica, senza la nostra capacità di autodeterminazione, non potremo più scegliere. Paradossalmente però andiamo a farlo ora, limitando enormemente le nostre potenzialità future, per ossequiare uno spirito che francamente, da un punto di vista scientifico, non ha alcun fondamento.
A supporto di questa dichiarazione voglio portare un esempio, sempre facendo riferimento al trasporto veicolare. L'unico tipo di trasporto che non si può permettere di assecondare le mode, dovendo essere efficiente, è il trasporto pesante, che deve trasportare merci da un punto A a un punto B senza evidentemente poter impiegare il tempo necessario per le ricariche dell'elettrico, senza poter sprecare risorse economiche, come potrebbe avvenire con le macchine ibride che percorrono tratti lunghi. Il trasporto veicolare pesante, non influenzato da nessuna ideologia, se non quella dell'efficienza massima, non sta sviluppando sistemi elettrici, ma sistemi a celle a combustibile (idrogeno). Perché è stata fatta questa scelta? Perché, scevra da condizionamenti ideologici, la ricerca della modalità più efficiente di trasporto si è concentrata sulle soluzioni reali, vere, che purtroppo qui non vengono mai prese in considerazione.
Quando il collega Briziarelli nell'illustrare la nostra mozione ha evidenziato che è concreta e finalizzata all'ottenimento di misure che potrebbero consentire di ottenere risultati veri, era appunto influenzata da questo.
Il nostro approccio pragmatico al problema non ignora quello che dovrebbe essere il primo insegnamento della storia nel nostro Paese. L'Italia è antropizzata: è piccola in termini di superficie, con un'estensione di poco più di 300.000 chilometri quadrati, su cui vivono 60 milioni di persone, con una densità abitativa quindi di circa 200 persone a chilometro quadrato.
Questo significa che il nostro Paese è sempre stato abitato in quasi ogni sua parte e questa antropizzazione non ha impedito che si realizzassero aree protette in oltre il 10 per cento della superficie, con influenze dirette o indirette su oltre il 20 per cento della superficie. Pertanto, se siamo stati in grado di istituire parchi nazionali e regionali che hanno competenza su oltre il 20 per cento del nostro territorio, significa che l'antropizzazione, il rapporto uomo-territorio, non ha pregiudicato lo stesso, ma anzi lo ha mantenuto nelle condizioni di poter essere insignito del riconoscimento di parco, nazionale o regionale che sia.
Questa simbiosi, questa cura del territorio, questo rapporto diretto e questa gestione diretta del territorio non pregiudicano la qualità dello stesso; l'uomo non è un virus. Quello che non riusciamo ad accettare è la concezione implicita che l'uomo sia un virus, che deve essere limitato nelle proprie attività, a cui devono essere precluse parti del territorio perché altrimenti le distrugge. Così non è: quando i nostri avi avevano l'obbligo di pulire i fiumi, i pendii e il territorio, perché in questo modo prevenivano i dissesti idrogeologici e le catastrofi che purtroppo ci colpiscono sempre più spesso, andavano a realizzare questa simbiosi, che è fondamentale. Noi invece adesso impediamo qualsiasi intervento, perché la nostra idea di ecologismo è quella di mummificare tutto, quindi non facciamo toccare più nulla e quando poi inevitabilmente si verifica la catastrofe, e solo in quel caso, permettiamo di intervenire (nemmeno sempre) con misure di emergenza. Questo non va più bene. Se dobbiamo programmare i prossimi trent'anni, dobbiamo avere la coscienza e la conoscenza di ciò che effettivamente serve a questa Nazione, quindi dico no alle misure ideologiche e sì a quel pragmatismo fondamentale senza il quale noi ci troveremo sempre di più in crisi (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Girotto. Ne ha facoltà.
GIROTTO (M5S). Signor Presidente, colleghi, quelli affrontati oggi in Aula sono argomenti fondamentali e pienamente condivisibili, sui quali è necessario stabilire un confronto politico quotidiano. Tale confronto ha già portato qualche discreto risultato: il superecobonus al 110 per cento che adesso stiamo realizzando, le comunità energetiche (rispetto alle quali ringrazio i colleghi che le hanno citate) che adesso stiamo mettendo in piedi perché mancano i provvedimenti attuativi del Ministero dello sviluppo ecologico e dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), che sono stati rallentati dal coronavirus, ma stiamo stimolando gli organismi proposti ad emanarli. Tra l'altro ringrazio il collega Buccarella che ha ricordato anche lo strumento dell'idrogeno e, rispondendo anche ad altri colleghi, vorrei dire che per noi l'idrogeno è uno dei componenti che entrerà nel mix tecnologico che ci aiuterà in questa transizione. Abbiamo elaborato un programma energetico nel quale ci siamo dichiarati tecnologicamente neutrali e continueremo a esserlo, quindi ciascuna tecnologia potrà avere il suo spazio, poi sarà il mercato a chiarire in che misura il rapporto costi-benefici sarà a suo favore.
Stavo dicendo che superecobonus, green new deal e comunità energetiche mostrano chiaramente l'impegno del Parlamento, del Governo, con il quale collaboriamo costantemente, e della Commissione europea nella costruzione di un progetto di decarbonizzazione che guarda al 2050 e la considero la giusta strada.
Personalmente in questa fase post-Covid ritengo che il riconoscimento dello stato di emergenza ambientale e climatica nel nostro Paese sia un atto di responsabilità politica verso le nuove generazioni, che ad alta voce e con diverse modalità ci chiedono di attivarci. Noi lo abbiamo fatto. Pertanto, colleghi, la mozione in discussione non è identica a quella precedente che discutemmo mesi fa, perché in quella precedente non si parlava dello stato di emergenza. Ci siamo attivati e abbiamo recepito questi istanza.
Le voci che ci chiedono questo risveglio sono ormai inarrestabili, sono una di quelle onde che non si possono fermare, che non possiamo ignorare; inoltre, anche le ultime vicende devono essere oggetto di ispirazione verso una trasformazione del modello attuale, ancora centralizzato, in quello che si chiama un sistema Ridef, cioè rinnovabile, decentrato ed efficiente, quindi un sistema di economia circolare, decarbonizzazione e mobilità sostenibile capace di alimentare meccanismi virtuosi e trovare le risposte necessarie.
Questo ci porterà enormi benefici sociali, ambientali, economici, politici e sanitari.
La costruzione di questo sistema non è fantascienza. La disponibilità e l'impiego delle tecnologie innovative non potranno che stimolare intere filiere produttive nazionali, artigianali, industriali e dei servizi e creare nuove professionalità e posti di lavoro.
Ricordo che un recentissimo studio pone l'Italia al secondo posto, a livello mondiale, nella classifica delle green growth tiger, cioè le tigri della crescita economica green del XXI secolo. Si tratta di uno studio recentissimo condotto dalla Oxford Martin School e dalla Smith school of enterprise and environment.
Pensiamo solamente a cosa potranno scatenare i settori dell'automotive, e naturalmente il nuovo automotive più sostenibile, la sharing economy, la digitalizzazione, la riqualificazione energetica e sismica del patrimonio edilizio, le comunità energetiche, le altre forme di autoconsumo collettivo e tanti altri argomenti e filoni.
Sono tutti temi che con i colleghi della 10a Commissione abbiamo avuto modo di affrontare approfonditamente, contribuendo concretamente alla costruzione di un nuovo modello industriale del Paese.
Ricordiamoci sempre che le direttive europee ci spingono già verso questa direzione. Quindi, la nostra priorità è accelerare il loro recepimento, esattamente come abbiamo fatto per le comunità, che vi abbiamo anticipato.
Ringrazio anche la collega Messina, che ha parlato di un cambio della finanza e di finanza sostenibile. Io rilancio ancora di più, come ha detto anche lei, parlando di finanza etica, che ha dimostrato di essere completamente diversa dalla finanza tradizionale e - udite, udite - persino più redditizia.
Concludo, colleghi, chiedendo la vostra attenzione sull'ultimo aspetto essenziale relativo al fattore tempo. Abbiamo urgenza di rispondere ai bisogni quotidiani delle persone, tutelare la salute e dare lavoro. Sono tutti diritti costituzionali che possiamo tutelare e garantire solamente se nel più breve tempo possibile avremo la forza di costruire un modello di produzione e consumi sostenibili.
Rilancio quindi a quello che sarà probabilmente un prossimo decreto-legge sulle semplificazioni, tutto il tema del repowering e reblading per le energie rinnovabili, per esempio.
Facciamo in modo che da subito gli impegni che approveremo oggi non rimangano solo oggetto di volontà sulla carta, ma diventino materiale concreto in grado di coinvolgere la sensibilità di tutti noi a prescindere dagli schieramenti, per essere realizzati velocemente con il coinvolgimento delle migliori competenze che nel nostro Paese di sicuro non mancano. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, dopo uno scambio fra i vari Gruppi, è emersa la necessità di avere una sospensione di dieci minuti per valutare le riformulazioni dei vari testi. Al riguardo, dopo aver ascoltato anche il Governo, vi è un accordo unanime.
PRESIDENTE. Non essendoci contrari, sospendo la seduta fino alle ore 17, a condizione che la sospensione, come quella precedentemente concordata, sia produttiva.
(La seduta, sospesa alle ore 16,48, è ripresa alle ore 17,25).
Avverto che sono pervenuti un testo 4 della mozione n. 194, presentata dal senatore Ferrazzi e da altri senatori, un testo 2 della mozione n. 198, presentata dal senatore Iannone e da altri senatori, e un testo 2 della mozione n. 244, presentata dal senatore Briziarelli e da altri senatori.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate.
COSTA, ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, ringrazio - e non sono ringraziamenti retorici - tutti i gruppi perché porre al centro dell'attenzione, oggi, in questo momento storico, il concetto di natura, di ambiente e di sostenibilità, e farlo qui in Senato, nella sede più sacra della Repubblica italiana, significa voler fare un percorso insieme, finalmente, direi.
Dico finalmente perché non dobbiamo dimenticare nemmeno quel pezzo di storia che ci appartiene, laddove l'accordo di Parigi del 2015, quando fu recepito nel 2016, vide alcuni rappresentanti delle forze politiche attualmente seduti in Parlamento della cosiddetta opposizione votare contro e ricordo che la Lega non era d'accordo, all'epoca. Oggi ringrazio per questo cambiamento di posizione, perché vuol dire rendersi conto che effettivamente il green è il percorso nuovo al quale guardare per posti di lavoro e per uno sviluppo che ha un concetto completamente diverso e una visione completamente nuova. Per questo ringrazio tutti, senza dimenticare la storia come l'abbiamo detta.
Rispetto al percorso che abbiamo disegnato, le quattro mozioni, che attraversano l'arco costituzionale, ci consentono tutte di riflettere e di dibattere su alcune argomentazioni forti che attraversano il Paese e l'Europa. Basti pensare che nei giorni scorsi è stata presentata la nuova strategia per la tutela della biodiversità dalla Commissione ambiente, voluta fortemente dall'Italia. È stato presentato il piano Farm to fork, dove si parla di riduzione dei pesticidi; è stata presentata - il 4 marzo - la nuova legge sul clima dell'Unione europea, e, prima ancora del Covid, dalla Commissione presieduta dalla von der Leyen sono stati annunciati investimenti per 1.000 miliardi di euro (100 miliardi all'anno) e ancora non si parlava dei finanziamenti post Covid, che hanno, però, una condizione. L'Europa ci chiede sostanzialmente solo questo: far sì che quei finanziamenti siano orientati al green, perché cosa riconosce, per essere chiari? Che per ogni posto di lavoro prodotto dal fossile, con il green si producono dai tre ai cinque posti di lavoro: più lavoro, più tutela ambientale, consentitemi di dire più natura, per non fare mai la confusione che ambiente e natura siano la stessa cosa. Sono due cose diverse, che vanno tutelate con percorsi simili, ma diversi.
Oggi, di tutto questo si parla e allora si parla di elementi per me significativi, qual è il PNIEC, il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, che taglia del 40 per cento le emissioni in atmosfera, già depositato dall'Italia. Il nostro Paese, insieme al sottoscritto, è pronto a renderlo ancora più ambizioso in relazione allo studio di impatto che l'Unione europea depositerà a settembre in ordine al piano di decarbonizzazione del 2050. Siamo, cioè, uno dei Paesi leader a livello europeo, e non lo dico retoricamente: abbiamo firmato una nota, come Governo della Repubblica italiana, indirizzata a Frans Timmermans in questo senso: verrà depositato il nuovo piano di impatto, verrà fissata una percentuale di riduzione non già del 40 per cento, ma compresa in una forchetta tra il 50 e il 55 per cento, verrà chiaramente rielaborato, rafforzato e spinto il nuovo Piano nazionale integrato per l'energia e il clima. Ciò vuol dire tornare all'esempio di cui ho parlato ed elaborato dai grandi economisti e premi Nobel per l'economia, per cui per ogni posto di lavoro fossile se ne producono, a parità di spesa, dai tre ai cinque nel mondo del green. Il PNIEC è un punto di riferimento ulteriore, ma ciò ci consente di dire che ci avevamo già creduto.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 17,33)
(Segue COSTA, ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare). Vi ricordate la legge clima nata da un decreto-legge? Era la prima volta nella storia della Repubblica italiana in cui con notazione di urgenza e indifferibilità si parlava di ambiente e di clima. Sono poi venute la legge di stabilità, il decreto-legge rilancio e adesso il decreto semplificazioni. Molti di voi hanno sostenuto la semplificazione. Io aggiungo: sburocratizziamo, che non è la stessa cosa che semplificare e velocizziamo, che non è la stessa cosa che sburocratizzare. Coniughiamo tre verbi che spingono nella direzione del green. Lo possiamo fare: è la grande sfida.
Cosa mi piace del dibattito di oggi (e di questo ringrazio il Senato)? Mi piace che ci si sia confrontati in modo sereno, garbato e istituzionale, ognuno con la propria idea, ma per trovare un percorso assieme. È un po' la mia storia personale, ma è sempre quello il tema: quando si parla di green, di sostenibilità, di natura e di ambiente, come si fa a pensare che appartenga a un colore o a una bandiera? Nessuno ci mette colore o bandiera su questo. Ecco perché apprezzo molto e ringrazio il Senato, senza dimenticare la storia di ciascuno: chi ci ha creduto da subito e chi adesso in corsa sale sul treno e ci crede. Perfetto, l'importante è crederci! Chiaramente può dimostrarlo con i fatti concreti. Ecco perché sono lieto di questo dibattito.
Oggi ho sentito una parola molto bella da una senatrice, che ringrazio. Mi riferisco al concetto di consapevolezza. Ho apprezzato molto perché la consapevolezza, come la declino io, è figlia del principio di responsabilità e oggi penso che con questa mozione impegniamo non solo, ovviamente, il Governo, ma noi stessi, nel nostro senso di responsabilità. Ci impegniamo a contribuire, con le dovute e giuste differenze di pensiero di ciascuno di noi, non più "contro", ma "per": ecco la grandezza di questa giornata!
Signor Presidente, alla luce di questo, con il suo permesso, andrei a declinare in ordine alle quattro mozioni. Ho davanti a me la mozione n. 194, su cui, come Governo, esprimo parere favorevole con riferimento alle premesse, che invece non esprimo per le altre tre mozioni. Per quanto riguarda il dispositivo della mozione n. 194, esprimo parere favorevole con alcune riformulazioni, così come, con il permesso del Presidente, sono state già concordate e concertate in sede di Gruppi parlamentari.
Per quanto attiene alla mozione n. 198, ribadisco che esprimo parere contrario sulle premesse.
Per quanto attiene ai punti sui quali siamo favorevoli, compresi i punti su cui siamo favorevoli con riformulazione alla luce di quanto abbiamo detto poc'anzi, signor Presidente, esprimo parere favorevole sul punto 2, con riformulazione, sul punto 3, sul punto 5, sul punto 6, sul punto 7, sul punto 8, sul punto 10, sul punto 12, sul punto 13, con riformulazione, e sul punto 14. Con il permesso del Presidente, per differenza, gli altri punti (se vuole li elenco) non sono accoglibili.
PRESIDENTE. Immagino quindi che il parere sia contrario sui punti 1, 4, 9, 11 e 15. Le chiedo soltanto se sul punto 5 vi era una proposta di riformulazione.
COSTA, ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il punto 5 è in effetti accoglibile con riformulazione. Vuole che la legga?
PRESIDENTE. No, se già concordata. Era solo per un chiarimento.
COSTA, ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per quanto attiene alla mozione n. 199, presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, confermo la non accoglibilità delle premesse. Esprimo invece parere favorevole sul punto 3, con riformulazione, sul punto 4, con riformulazione, e sul punto 5, con riformulazione. Non sono invece accoglibili il punto 1, il punto 2 e il punto 6.
Con il permesso del signor Presidente, passo ad esprimermi sulla quarta mozione, la n. 244 (testo 2), presentata dal senatore Briziarelli e da altri senatori. Confermo che le premesse non sono accoglibili. (Applausi). Nel corso del dibattito è emerso un punto nuovo, che chiameremo, per comodità espositiva, 01, perché era il primo punto, prima del punto 1, che è accoglibile; esprimo quindi parere favorevole sul punto 1, con riformulazione, e sul punto 2, con riformulazione. Sul punto 3, la premessa è accoglibile con riformulazione; ove accettata la riformulazione, a catena i punti 3a), 3b), 3c) e 3d) sono accoglibili. Il parere è favorevole sul punto 4, con riformulazione, sul punto 5, sul punto 6, con riformulazione, sul punto 7, con riformulazione, sul punto 8, con riformulazione, e sul punto 9, con riformulazione.
PRESIDENTE. Preliminarmente, chiedo agli estensori delle mozioni se accettano le riformulazioni proposte dal rappresentante del Governo.
FERRAZZI (PD). Signor Presidente, accettiamo le riformulazioni.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, noi non le accettiamo.
MALAN (FIBP-UDC). Signor Presidente, non accettiamo le riformulazioni, perché snaturano completamente i due punti che restano dalla cancellazione degli altri.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, accogliamo le riformulazioni sugli impegni e chiediamo il voto sulle premesse.
FERRARI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARI (PD). Signor Presidente, intervengo solo per un chiarimento, in modo da essere pronti al momento del voto, vista anche la logistica non semplice.
Mi pare di aver capito che i colleghi di Forza Italia e di Fratelli d'Italia non abbiano accolto le riformulazioni proposte; per cui immagino che, restando i testi delle mozioni così come sono stati presentati, il parere del Governo sia contrario.
PRESIDENTE. Ha fatto bene a ricordarlo, senatore, ma direi di sì.
Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.
COMINCINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMINCINI (IV-PSI). Signor Presidente, la mozione a prima firma del senatore Ferrazzi afferma la coscienza con la quale il Senato affronta l'emergenza climatica: se approvata, la mozione prevede 22 punti con i quali Palazzo Madama impegna il Governo nell'adozione di iniziative specifiche.
Il Gruppo Italia Viva-PSI crede profondamente nell'impegno a favore dell'ambiente e lo testimoniano le tante iniziative e proposte legislative che ci hanno visto protagonisti. Credo e crediamo che sia difficile non concordare con quanto propone la mozione, ma con questa dichiarazione di voto favorevole voglio e vogliamo fare un passaggio in più.
Quanto previsto del testo in discussione, che ci apprestiamo a votare, esige due fondamentali requisiti: un cambio di mentalità e ingenti risorse da investire.
Il cambio di mentalità necessita di una lucida capacità di lettura del presente, di una piena assunzione di responsabilità, di una vision politica sul futuro e della forza di assumere decisioni con effetti immediati e prossimi, nella consapevolezza che non si deve apparecchiare un pranzo di gala, ma modificare stili di vita, abitudini e comodità. C'è di mezzo il saper tenere i piedi ancorati a terra, il non accontentarsi delle enunciazioni di principio, la volontà del legislatore di voler determinare le scelte politiche dei Governi, orientandoli e non subendone le azioni, a volte non risolute e coerenti.
Voglio portare un esempio specifico per tutti i colleghi. Se riteniamo necessario il cambiamento del nostro sistema produttivo e se mettiamo nero su bianco nella mozione che vogliamo favorire la transizione dall'economia lineare a quella circolare, dobbiamo sostenere gli investimenti delle imprese che vanno in questa direzione. Aver limitato al 31 dicembre di quest'anno le misure di "industria 4.0" non va nella direzione giusta. Il sostegno alle imprese che fanno innovazione, in modo particolare a quelle che innovando vanno nella direzione di un maggior rispetto ambientale, necessita di supporti di più lungo periodo.
In questo cambio di mentalità bisogna avere chiaro che un ruolo fondamentale lo giocano le città con le loro scelte: pianificazione del territorio, illuminazione pubblica a led, piani di sviluppo delle reti ciclabili urbane e interurbane, investimenti per l'efficientamento energetico degli edifici (dalle sedi comunali alle scuole, dai magazzini alle case popolari), tutela delle aree verdi, piantumazioni e riforestazioni. Si tratta di misure che, oltre ad essere efficaci, comporterebbero benefici percepibili da tutti i cittadini, con un valore anche pedagogico.
Per questo dobbiamo favorire gli investimenti delle città, sostenendoli, aumentandoli, anche attualizzando le importanti risorse che l'ultima legge di bilancio ha stanziato per gli anni futuri. Quanto proprio alle ingenti risorse necessarie per affrontare quello che la mozione ci sta proponendo, com'è noto a tutti stiamo vivendo la fase più critica della storia del Paese dal Dopoguerra a oggi e gli effetti della pandemia stanno richiamando importanti impegni finanziari a debito.
Le risorse disponibili vanno quindi ben orientate, come ad esempio stiamo facendo con la misura del bonus al 110 per cento per le riqualificazioni energetiche degli edifici; una misura che sapremo certamente migliorare durante la conversione del decreto-legge rilancio.
Nei prossimi mesi saremo chiamati a compiere scelte importanti per stanziare i fondi che arriveranno dall'Europa, ma le risorse che stanziamo vanno anche spese e spese celermente. Uno degli annosi problemi del nostro Paese sono gli investimenti parcheggiati, le risorse stanziate ma congelate, i blocchi burocratici e amministrativi a cui faceva riferimento anche poco fa il Ministro. Lasciatemi e lasciateci allora fare appello, affinché la mozione che voteremo possa trovare concretezza, al fatto che dobbiamo senza indugio approvare misure che liberino tutte quelle risorse che permetterebbero di realizzare investimenti che vanno nella direzione del potenziamento della mobilità su ferro, della soluzione dei problemi del dissesto idrogeologico, della soluzione di gravi criticità su strada.
Se è vero che è necessario prevedere una riforma del codice degli appalti e delle norme amministrative per contribuire a garantire un iter più snello e rapido degli appalti pubblici, in attesa di tale fondamentale intervento possiamo accelerare opere già decise e finanziate, nominando commissari straordinari responsabili di tutto il processo che va dalla progettazione all'esecuzione, sul modello del commissario di Genova o dell'Expo, definendo per tutte le opere di interesse strategico termini perentori per le impugnative e per i pronunciamenti dei ricorsi, semplificazioni in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) e rendendo perentori i termini previsti dal testo unico ambientale per il rilascio delle autorizzazioni in caso di rinnovo della commissione VIA e per la valutazione ambientale strategica (VAS) e del comitato tecnico. Verrebbero coinvolte in quest'azione tutte le istituzioni del Paese, dallo Stato centrale, alle Regioni, alle Province autonome, alle Città metropolitane, alle Province, fino ai Comuni.
Dalla Valle d'Aosta alle isole abbiamo interventi su linee ferroviarie, alta velocità, aree portuali, assi stradali. Vorrei citare Regione per Regione i principali progetti già finanziati per un valore complessivo di circa 120 miliardi di euro che, se partissero celermente, non potrebbero che fare bene al Paese, anche rispetto al contenimento e al miglioramento delle emissioni inquinanti e alle risposte al cambiamento climatico: in Valle D'Aosta l'opera ferroviaria denominata lunetta di Chivasso; in Piemonte l'autostrada Asti-Cuneo; in Liguria la nuova diga del porto e la Gronda di Genova; in Lombardia le opere per la mitigazione del rischio di esondazione del Seveso, il potenziamento della linea ferroviaria Gallarate-Rho e il raddoppio della linea ferroviaria Mantova-Cremona-Codogno; in Veneto l'alta velocità Brescia-Verona-Padova oltre ai dragaggi lagunari di Venezia; in Trentino-Alto Adige la superstrada Valsugana-Valbrenta-Bassano; in Friuli-Venezia Giulia l'alta velocità Venezia-Trieste, le bonifiche dell'area portuale di Trieste e la riqualificazione del porto vecchio del capoluogo; in Emilia-Romagna il passante autostradale di Bologna e la ferrovia pontremolese; in Toscana l'autostrada tirrenica e la darsena Europa al porto di Livorno; in Lazio le opere di difesa idraulica per le piene del Tevere, il raddoppio dell'acquedotto del Peschiera, l'autostrada Roma-Latina, il collegamento con il porto di Civitavecchia, il nodo intermodale di Orte, il completamento dell'anello ferroviario di Roma; in Umbria la strada E45 nel tratto Selci-Lama e la galleria della Guinza; nelle Marche l'itinerario E78 Fano-Grosseto e il collegamento viario con il porto di Ancona; in Abruzzo la ferrovia Pescara-Roma e la ferrovia Pescara-Bari; in Molise la bretella di collegamento fra la strada statale 6 e la strada statale 85; in Puglia la strada statale 275 Maglie-Leuca e la strada statale 7-ter Bradanico-Salentina; in Campania la messa in sicurezza idrogeologica del Sarno; in Basilicata la nuova linea ferroviaria Ferrandina-Matera; in Calabria la trasversale delle Serre; in Sicilia diverse opere idrauliche, il ripristino della linea ferroviaria Palermo-Trapani e l'alta velocità a Palermo-Catania-Messina; in Sardegna la dorsale del gas.
Si tratta di opere per complessivi 120 miliardi di euro circa, già stanziati, già in attesa di utilizzo nei bilanci dello Stato. Si tratta di un vasto insieme di opere cantierabili subito, che porterebbero ad un triplice risultato: la risposta immediata e veloce ad alcune delle principali esigenze nell'ambito degli interventi legati all'emergenza climatica, l'ammodernamento delle infrastrutture della nostra Nazione per favorirne la competitività, la crescita del PIL in questa fase critica della vita economica e sociale del Paese.
Cari colleghi, e mi avvio a concludere, serve coerenza, anche tenendo conto di quella che è la condizione del Paese e di quello che ci apprestiamo a fare con gli altri provvedimenti.
Sul tema auto, ad esempio, dobbiamo sostenere emendamenti tesi ad incentivare il ricambio del parco autoveicoli che trattano in modo diverso benzina e diesel ed elettrica e ibrida, anche tenendo conto del fatto che le case automobilistiche europee si stanno indirizzando sulla strada che vede primeggiare l'ibrido e l'elettrico.
Se vogliamo davvero andare nella direzione che con questa mozione auspichiamo, allora dobbiamo saper distinguere le diverse opzioni.
Presidente, colleghi, ad ogni crisi giungono opportunità: dalle proteste, i diritti; dalla Grande depressione, il new deal; dal Dopoguerra, il boom economico; dai terremoti, un'efficace Protezione civile; dal terrorismo, un capace sistema informativo. Tutto ciò è possibile se c'è la politica a farsi carico di tutti, come ha sottolineato proprio ieri l'ex vice presidente degli Stati Uniti Biden. È il tempo della politica, colleghi, signor Ministro, anche per l'emergenza climatica, anche per noi. (Applausi).
MAFFONI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAFFONI (FdI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, l'emergenza climatica in atto, riscontrabile nel medio e lungo periodo è oggetto di studi scientifici che individuano una netta correlazione tra il cambiamento climatico e le politiche della materia stessa.
Secondo gli ultimi studi scientifici, la temperatura del pianeta dal 1860 ad oggi è aumentata di quasi un grado centigrado nella sola Europa ed è previsto, entro la fine del secolo, un incremento termico che varia dall'1,4 ai 5,8 gradi centigradi.
Con l'Accordo di Parigi, siglato nel dicembre 2015, tra gli Stati membri della Convenzione delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, sottoscritto da 192 Paesi, tra cui l'Italia, è stata definita un'azione globale finalizzata ai contenimenti dei cambiamenti climatici attraverso la riduzione dell'incremento del riscaldamento globale.
In Europa sono state intraprese molteplici iniziative orientate all'individuazione di un'azione politica climatica concreta, finalizzata alla definizione di misure che possano ridurre e gestire i rischi connessi ai cambiamenti climatici.
Anche l'Italia deve fare la sua parte e, in questa prospettiva, nel 2015 il Ministro dell'ambiente ha promosso una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, di cui obiettivo principale è quello di elaborare una visione nazionale sui percorsi comuni da intraprendere per far fronte ai cambiamenti climatici, contrastando e attenuando i loro impatti attraverso l'individuazione di azioni e percorsi finalizzati alla riduzione dei rischi.
Per questo è fondamentale l'obiettivo della carbon neutrality, che deve essere raggiunta entro il 2050, cosicché l'Unione europea possa essere leader mondiale in materia di lotta contro il cambiamento climatico.
Dobbiamo promuovere in tutte le sedi, anche europee, la ricerca in materia di innovazione tecnologica e di sviluppo del gas naturale senza emissioni di anidride carbonica, come autorevolmente sostenuto da molti scienziati, quali il nostro collega senatore a vita Carlo Rubbia.
È giusto però evidenziare che l'incremento della temperatura determina anche altri fenomeni, quali il rischio di desertificazione che colpisce un quarto della superficie terrestre, ma non solo.
Tra le conseguenze che colpiscono moltissimo il nostro Paese si annovera la crescita del livello del mare, che è aumentata nell'ultimo secolo dai 10 ai 25 centimetri e che potrebbe addirittura aumentare di altri 80 entro il 2100; un danno incalcolabile, anche per la perdita di biodiversità, perché molte specie animali non saranno in alcun modo in grado di adattarsi ai cambiamenti del clima con la rapidità necessaria. È importante quindi adottare azioni concrete, che possano combattere in modo netto l'erosione delle coste prima che per tutti noi sia troppo tardi.
Enorme problema è poi quello legato ai rischi della produzione agricola, che subisce gli effetti della variazione climatica, con il conseguente susseguirsi di carestie che porterà, secondo la FAO, a una perdita di oltre il 10 per cento delle superfici coltivabili nei Paesi in via di sviluppo. Altro tema è quello legato al crescente rischio idrogeologico, strettamente connesso alla configurazione territoriale e infrastrutturale italiana. Il susseguirsi di eventi di attualità mette in luce le gravissime carenze strutturali presenti nel nostro Paese; basti pensare a quanto accaduto nel novembre 2019, con il crollo di una porzione di 30 metri del viadotto Torino-Savona, a causa di una frana distaccatasi dal monte vicino. I danni provocati da frane, inondazioni e alluvioni colpiscono più di 29.000 chilometri quadrati di territorio nazionale e sono potenzialmente pericolosi per 10 milioni di abitanti che vivono in insediamenti legati a forte rischio.
È necessaria quindi, colleghi, una maggiore sensibilità per le tematiche ambientali, che possa coniugare la partecipazione da parte della società alla crescente e abbondante disponibilità di informazioni prodotte da tecnologie di monitoraggio innovative, affinché si possa attuare una governance del territorio per valorizzare in modo armonico le risorse locali e per rendere più forti le comunità locali.
Da troppo tempo - mi avvio alla conclusione - viviamo nel nostro Paese con l'assenza di una cultura ambientale che, partendo dalle scuole, porti a una sensibilizzazione crescente verso la tutela dell'ambiente e la cultura del risparmio energetico. Dobbiamo ripartire dall'eliminazione degli sprechi e da una nuova politica di mobilità sostenibile, che possa rappresentare l'evoluzione della nostra società. Sappiamo, con enorme dispiacere, che l'Italia è fanalino di coda in Europa per quanto riguarda la presenza di tematiche ambientali tra le materie oggetto di insegnamento scolastico, un record che dobbiamo ribaltare il prima possibile con una politica concreta che porti l'educazione ambientale a essere fortemente presente tra le fasce più giovani del nostro Paese, che non può affidarsi alla discrezionalità e sensibilità dei singoli insegnanti.
L'emergenza legata alla diffusione del Covid-19, che ha colpito il mondo intero e che ha portato a farci vivere una tragedia inimmaginabile, non può non farci riflettere sulla precarietà che contraddistingue questo periodo storico e sociale. La precarietà può però essere contrastata solo con politiche coraggiose, scelte forti e decisioni concrete su tutti i fronti, specie su temi delicati come quello ambientale. L'auspicio di tutti noi è che alle parole seguano i fatti. Per questi motivi, signor Ministro, voteremo a favore, oltre che della mozione firmata da tutti i senatori di Fratelli d'Italia e a prima firma del senatore Iannone, anche delle mozioni presentate dai Gruppi parlamentari di Lega e Forza Italia, mentre voteremo contro le premesse della mozione presentata dalla maggioranza. (Applausi).
DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, io credo che la discussione di oggi sia molto importante. Lo dico senza enfasi. Qualcuno avrà pensato che fosse una cosa un po' strana il fatto che noi discutessimo della mozione sui cambiamenti climatici - ho sentito qualche accenno su questo - nel pieno della crisi che stiamo attraversando a causa dell'emergenza Covid. Invece io credo che sia assolutamente necessario svolgere questo dibattito, tanto più per quello che stiamo passando, per i mesi che abbiamo trascorso e per i problemi che ancora sono davanti a noi. Questo per un motivo molto semplice.
Nei mesi di lockdown, come lei sa, essendo stati tutti fermi, c'è stato un calo delle emissioni addirittura - si dice - quasi dell'8 per cento (se fosse questo il trend, saremmo a posto). Questo dato ci dice che dalle crisi si può uscire riproducendo gli errori del passato - quindi rimettendo in campo vecchie ricette - oppure rinascere, utilizzando questi momenti così difficili e drammatici per fare quello che non siamo stati capaci di fare tutti insieme fino a prima della crisi, ossia ripensare il nostro modello di sviluppo e accelerare verso quella transizione verde energetica che è l'unica possibilità che abbiamo per superare anche le difficoltà economiche.
Signor Ministro, dobbiamo ripensare lo sviluppo così come indicato nel programma che ha dato vita a questa maggioranza e nella legge di bilancio, cominciando a dare le relative indicazioni. L'espressione green new deal non è stata, anche allora, scelta a caso. Ricordo cosa produsse il New Deal dopo la grande crisi negli Stati Uniti. Ad esempio, i grandi parchi americani sono il frutto di quell'investimento forte, fatto cercando non solo di dare un impulso a fini occupazionali, ma anche di mettere in campo una visione diversa.
Molti colleghi hanno parlato della necessità di una modifica culturale; c'è la necessità di mettere in campo una nuova Weltanschauung, una nuova visione del mondo. Questa crisi ci ha detto che siamo una specie fragile e che abbiamo contribuito a rendere fragile la nostra possibilità di sopravvivenza su questa terra.
Cosa ci dicono i dati emersi nel dibattito molto interessante che si è svolto? Se li leggiamo tutti, fanno impressione: indicano quanto abbiamo ridotto la biodiversità, quante specie animali e vegetali si sono estinte e quanto il nostro modello di sviluppo ha prodotto una situazione quasi irrecuperabile. Non abbiamo più tempo e il senso della mozione in esame è anche questo. La pandemia dovrebbe averci fatto riflettere fino in fondo e fatto capire che bisogna accelerare e che non c'è più tempo da perdere.
Gli impegni contenuti in questa mozione e anche in altre presentate dai colleghi - signor Ministro, mi rivolgo a lei affinché si faccia portavoce nel Governo - sono, uno dopo l'altro, la nostra traccia e il nostro programma. Altro che piano Colao! Questi sono i punti e gli elementi. (Applausi).
In questo dibattito quest'Assemblea è all'altezza, molto più di tante task force, di dare l'impulso vero per la ripresa del Paese. Non andiamo a cercare chissà cosa. Certamente esaminiamo i contributi e facciamo discussioni, ma con gli impegni contenuti nella mozione noi abbiamo già la linea e il programma. Noi dobbiamo fare di questi impegni il nostro programma strategico. Lo rivendico qui.
Parlo per me. Ho dato l'adesione a questa maggioranza, pensando che ci poteva far fare il salto di qualità e non era affatto scontato. Mi rivolgo al collega Ferrazzi, perché a volte ci siamo confrontati su questo: riscopriamo il vero collante di questa maggioranza, che ci può far fare il salto di qualità, che è proprio quello della rivoluzione e della transizione verde, del capire che occorre mettere in campo per il nostro Paese, per le future generazioni e per l'Europa la possibilità vera di un futuro. (Applausi).
Nel nostro Paese ci sono energie incredibili, competenze e anche talenti che hanno dato vita a nuove ricerche, a investimenti, magari per conto proprio, e a innovazioni. Noi dobbiamo far questo e, quando sento dire che prima pensiamo alla crescita economica, rispondo che è questa ed è investire su questo che ci dà la possibilità di crescere; investire per risanare il nostro territorio, per fermare il consumo del suolo e fare delle nostre città dei luoghi belli, più belli di quello che sono, luoghi vivibili.
Questa è la risorsa: sono le energie che possiamo mettere in campo. Noi abbiamo anche il know-how per farlo e dobbiamo ancor di più spingere. Ci auguriamo tutti quanti che quello che è accaduto a Glasgow possa spingere tutti i decisori del mondo a fare un passo in avanti vero, perché non abbiamo più tempo. Ci hanno dato dieci anni e, se non riusciamo ad invertire la tendenza, non ce la possiamo fare. Ma non è un messaggio soltanto drammatico quello che dobbiamo dare. Il messaggio che oggi dobbiamo dare è dire che ce la possiamo fare, perché questo fa bene a noi, fa bene al Paese, fa bene alla qualità della vita e ai nostri figli: sono queste le risposte che ci hanno chiesto i ragazzi che venerdì scorso hanno ripreso a scendere in piazza. Ci hanno chiesto, appunto, di non privarli della possibilità di avere un futuro e una vita bella.
Quindi, tutti questi impegni sono il nostro piano, quello che quest'Assemblea voterà, quello che la Camera aveva già indicato prima della pandemia. Basta che noi ad essi ci atteniamo, con tutte le possibilità di confronto. Avremo gli Stati generali adesso; confrontiamoci, certamente, suscitiamo nuove energie e collaborazioni, ma questo è l'asse fondamentale su cui dobbiamo lavorare e abbiamo tutti quanti la possibilità di costruire davvero una nuova strategia economica.
Questa è la chiave anche per sconfiggere l'altra nostra ossessione: questo modello di sviluppo ha realizzato una rapina nei confronti della natura e delle persone, perché le ha sfruttate provocando disuguaglianze enormi. Se affrontiamo in questo modo, con questa nuova strategia, un nuovo modello di sviluppo, l'economia circolare, il risanamento del territorio e tutto quello che noi e tante altre associazioni siamo stati in grado di elaborare negli ultimi anni, saremo in grado anche di investire sulla scuola, sulla ricerca e sulla riqualificazione. Diamo i fondi alle imprese, ma non è una cattiveria quando chiediamo loro di accelerare sull'innovazione e sui processi produttivi, perché in tal modo non saranno più decotte e avranno dei vantaggi.
Allora noi faremo un grande lavoro per promuovere l'occupazione e sconfiggere le disuguaglianze. Guardate che la linea dell'aggravarsi delle emergenze ambientali e quella delle disuguaglianze, se andate a vedere, sono identiche e parallele. Per questo motivo parliamo sempre di una transizione verde che sia equa e giusta. (Applausi).
FEDELI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDELI (PD). Signor Presidente, intanto voglio ringraziare il Ministro, perché mi sembra che le sue parole abbiano colto quello che anche la senatrice De Petris poco fa ha detto e condivido molto.
Questa mozione è esattamente il cuore di una scelta politica che Governo e Paese devono fare, in asse con le scelte che si discutono in questo periodo. Glielo dico perché non è così usuale sentire un Ministro che fa di una mozione un perno della politica di un Paese, anche perché consideriamo tutti che è la sfida tra le più significative e complesse che questo tempo ci ha dato responsabilmente da affrontare ed è certamente questa, la questione climatica ambientale, il punto di volta dell'innovazione trasversale a tutte le politiche.
Credo che ci sia un asse vero in quest'Assemblea, anche come finale che esprimeremo nel voto con i diversi intrecci tra le mozioni.
Certo, troppo a lungo atteggiamenti e attitudini sociali e politiche miopi hanno lasciato che l'ambientalismo diventasse, almeno nel nostro Paese, ma non solo, un punto di vista di parte e di nicchia, ed è questa la logica che adesso va sconfitta. Con il passare del tempo e con il susseguirsi di esperienze critiche, se non traumatiche, con l'avanzare - come veniva detto - di ricerche e studi scientifici e con il crescere di una generazione più sensibile all'equilibrio tra abitudini di vita e ambiente, le cose hanno iniziato a cambiare, ma non abbastanza e non velocemente, quando invece servono velocità e decisione, e soprattutto ancora in modo non abbastanza egemonico rispetto allo scenario globale, purtroppo ancora pieno di negazionismi e di atteggiamenti inclini allo sfruttamento estremo delle risorse naturali.
Non possiamo negare che dopo una fase molto promettente, culminata con gli Accordi di Parigi del 2015, il mondo ha di recente fatto passi indietro, sia nelle scelte di grandi Paesi e importanti leadership, sia negli obiettivi operativi, che insieme la comunità internazionale e ogni Paese devono impegnarsi a realizzare, come dimostra la Cop 25 di Madrid dello scorso dicembre, in cui non si è riusciti a definire impegni vincolanti per l'attuazione dell'Accordo del 2015: dobbiamo esserne consapevoli. Eppure, ci sono stati segnali positivi, a partire dalla mobilitazione delle giovani generazioni, che - lo voglio sottolineare - non solo ha saputo imporre all'agenda mediatica e politica un tema così importante e decisivo, ma ha anche portato tante famiglie e tanti pezzi della società a maturare sensibilità maggiori e più voglia di attivarsi. Questo è un dato che testimonia l'estensione della consapevolezza.
In questo scenario e in questa nuova attenzione sociale verso l'ambiente è arrivata poi la scelta della nuova Commissione europea, guidata dalla presidente von der Leyen, di dare priorità all'ambiente e al clima, esattamente per rendere l'Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050, grazie a quel green deal, che finanzierà economia pulita e circolare, tutela della biodiversità e riduzione dell'inquinamento, innovazione e tecnologie rispettose dell'ambiente, mobilità e trasporto sostenibile, decarbonizzazione. Questo è il futuro di un Paese! Si tratta dunque di un piano concreto, in grado di mobilitare - come è stato detto in questo dibattito e nella presentazione della mozione - investimenti sia pubblici che privati, per oltre 1.000 miliardi di euro, per realizzare davvero - perché ci sono politiche e risorse - la transizione energetica. A queste scelte, avvenute all'insediamento della Commissione europea, sono poi seguiti, anche con l'esplodere della crisi sanitaria, la proposta di bilancio Next generation EU (il Recovery Instrument) di 750 miliardi di euro, per aiutare - qui sì - i settori maggiormente colpiti, che devono essere rilanciati e sostenuti attraverso la transizione verde.
In questi ultimi mesi di emergenza sanitaria e di reazione collettiva al coronavirus, ci siamo trovati di fronte - come credo mai prima, per nessuna emergenza vissuta dal pianeta - alla riflessione, non limitata solo ai contesti scientifici o all'impegno militante, su quanto sia sottile e fragile l'equilibrio con l'ambiente che ci circonda; su quanto non ci possa essere separazione tra noi che lo viviamo e lo spazio che ci ospita e sul fatto che non si possono considerare contrastanti e opposti l'umano, la vita umana e il naturale, l'ambiente. Abbiamo visto la nostra vita di tutti i giorni stravolta per un virus, che - come spiegano gli esperti - ha probabilmente trovato il modo di passare dagli animali agli uomini, anche grazie alla sovrapposizione di habitat e all'eccessivo sfruttamento, che ci porta spesso a guardare al pianeta solo con un'ottica predatoria. Abbiamo poi visto le nostre città e i nostri spazi di vita cambiare in pochissimo tempo, riscoprendo come il silenzio, l'aria più pulita, la crescita di vegetazione anche laddove credevamo non potesse più accadere, il ritorno di animali e uccelli nell'acqua, nell'aria e nel verde intorno a noi, riguardino direttamente la nostra qualità di vita. Tutto quello che facciamo e che ci accade, come risultato più o meno diretto delle nostre azioni e della nostra presenza nel mondo, influisce sull'ambiente in cui viviamo.
Certo, l'esperienza del lockdown ci ha anche messi di fronte al fatto che il miglioramento delle condizioni ambientali richiede un cambio radicale di abitudini che va oltre quello che è lecito immaginare nel momento in cui l'obiettivo politico che occorre darsi è di far crescere opportunità e condizioni di benessere, riducendo così le diseguaglianze. Sono decisamente d'accordo su questo intreccio, per cui bisogna costantemente dire che più ci si cura dell'ambiente e più si affrontano e si superano le diseguaglianze da tutti i punti di vista. Non possiamo scegliere strade al ribasso e, di conseguenza, non possiamo prendere posizioni e direzioni di decrescita, ma dobbiamo lavorare molto intensamente per una crescita più equa, più attenta all'ambiente, più sostenibile e, se mi posso permettere - forse su questo ho un punto di diversità rispetto alla senatrice De Petris relativamente al documento Colao - anche più paritaria, perché in quel documento invece c'è scritto, ma questa mozione non l'abbiamo declinata ancora così. C'è però bisogno che ci siano dei processi nel Governo e nel Parlamento, in tutte le sfide economiche, e gruppi dirigenti che hanno la cultura della sfida politica alla cura, cioè capaci di saper leggere in modo innovativo tutti questi processi. Se non c'è questo, faremo fatica a governare una delle scelte fondamentali del nostro Paese e del suo futuro che è esattamente questo. Non voglio dilungarmi sui dati che possiamo avere, rispetto al fatto di non aver curato e ovviamente prevenuto tutto quanto è avvenuto in questo periodo. Numeri alla mano, oltre che una scelta politica c'è un interesse economico, un interesse a lavorare e a prevenire e, quindi, a interpretare davvero questa mozione come scelta politica generale.
Vorrei proprio che, per uscire dalla crisi e accompagnare i mesi di convivenza con il virus che abbiamo purtroppo ancora di fronte, cogliessimo davvero nella stagione che stiamo vivendo la necessità di questo straordinario cambiamento che riguarda la cultura, la conoscenza, l'innovazione tecnologica, la sostenibilità di ogni assetto, con un approccio che sappia determinare anche una nuova etica civica, un nuovo modo di pensare e di agire come individui e come collettività. Questa scelta porta anche alla necessità di comportamenti individuali, e non solo collettivi, proprio partendo dalle scelte di Governo e Parlamento. Affrontare la sfida ambientale e climatica è quindi una priorità che in questo contesto dobbiamo saper dare e sostenere con grande forza, anche rispetto soltanto a pochi mesi fa, quando magari eravamo in ancora troppo pochi convinti di questa necessità. È importante allora, strategicamente, oggi più che mai, la scelta che ricordavo della Commissione di puntare sul green deal, a cui si aggiungono strumenti come il recovery fund, ma voglio dire anche il MES. Lo dico sommessamente, non voglio creare polemiche, ma voglio far capire che anche quel tipo di finanziamento, se dobbiamo attraversare molti cambiamenti, ha bisogno di essere pienamente utilizzato, esattamente con siffatta logica piena di trasversalità.
A me pare che la scelta di fondo che dobbiamo fare sia esattamente questa. Non stiamo affrontando con la mozione in esame un passaggio a latere. Capita spesso, quando si discutono le mozioni in Aula, che siano un passaggio a latere, semplici raccomandazioni. In questo caso è una scelta che attraversa l'insieme delle scelte politiche, economiche e sociali che dobbiamo fare. Penso che questo diventi il punto di rappresentazione di una volontà politica che attraversa, nel dibattito e nel confronto, maggioranza e opposizione, dagli Stati generali in poi. Voglio che sia la politica a fare detta scelta e, se la fa, insieme all'amministrazione e ai soggetti che se ne devono occupare, ce la faremo. È quello che ci si aspetta da noi. (Applausi).
GALLONE (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GALLONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Ministro, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, sgombriamo il campo dagli equivoci. È vero che il tema della tutela ambientale non ha bandiere e non ha colore. È vero che siamo tutti proiettati al miglioramento delle condizioni climatiche, miglioramento che passa da modelli economici e industriali ecocompatibili. È vero che il nostro atteggiamento è assolutamente propositivo, ma è vero anche che le nostre impostazioni sono diverse rispetto alle modalità di affrontare il momento di transizione che stiamo vivendo.
Sia chiaro: noi siamo quelli favorevoli all'implementazione degli impianti e ai termovalorizzatori, al fine di omogeneizzare il sistema di raccolta, di conferimento, di smaltimento e riciclo dei rifiuti, affinché ogni parte d'Italia sia indipendente nel trasformare i rifiuti in risorsa. (Applausi).
Noi siamo quelli degli incentivi strutturali e della fiscalità ambientale mirata per le aziende che riconvertono, che innovano, che lanciano il cuore oltre l'ostacolo. Noi siamo quelli della mediazione ambientale per sveltire i contenziosi e siamo quelli della realizzazione dell'ANAC dell'ambiente per scovare i disonesti. Noi siamo quelli del rilancio delle infrastrutture: infrastrutture green, come il treno ad alta velocità, come il trasporto su ferro o, addirittura, su teleferica elettrica. (Applausi).
Noi andiamo oltre. Non ci limitiamo a pensare a delle rotaie che consumano suolo. Pensiamo anche delle teleferiche alte, con dei piloni amovibili, volendo e, quindi, guardiamo oltre. Noi siamo quelli convinti che l'azione dell'uomo stia, sì, contribuendo ad accelerare un processo climatico, che però deriva, sostanzialmente, da elementi naturali e della terra: è la storia della terra che ce lo ricorda. Oggi, però, l'uomo può forse affrontare la nuova era solo grazie alla nuova sensibilità e alla innovazione tecnologica. Su queste basi non accettiamo mediazioni e compromessi, perché questa sarebbe la vera rivoluzione: essere, per una volta, concreti e veloci.
Tutto ciò premesso, le questioni legate ai cambiamenti climatici e all'ambiente non hanno più bisogno di parole. L'ambiente ha bisogno di fatti, di azioni concrete, di certezze, di investimenti importanti e strutturali e di far uscire dalle paludi ministeriali centinaia e centinaia di decreti attuativi che ancora non sono stati licenziati. (Applausi).
Sapete perché? È facile: la politica, di fatto, non deve inventare niente. Per quello ci sono i centri di ricerca, ci sono le imprese, ci sono le startup innovative, ci sono i centri di formazione, le Università e la scuola. La politica deve rendere semplice e sostenere l'iniziativa pubblica e privata in alleanza, con interventi concreti e veloci di indirizzo pratico e di semplificazione contro quella che noi chiamiamo mostruosa ecoburocrazia, che è diventata una gabbia soffocante per ogni iniziativa, e soprattutto in questo periodo in cui si ha paura anche della propria ombra.
La politica deve realizzare velocemente una fiscalità ambientale mirata, che preveda incentivi strutturali e bonus che non penalizzino nessuna delle parti, perché, nonostante i paletti e gli ostacoli di un Governo che è un po' freno a mano, siamo già tra i primi Paesi nel mondo per innovazione, tecnologia, sviluppo e riconversione industriale.
L'Italia potrà collocarsi pienamente dentro il processo europeo e globale, proponendo nelle sedi più ampie di fare muro contro chi ancora mette in circolazione prodotti che non rispettano determinate caratteristiche. Mi piace molto il concetto, che ho sentito, di dazi di civiltà. Rimane il fatto che, senza modificare ulteriormente e profondamente, in maniera omogenea nel Paese, l'attuale sistema produttivo, urbano e infrastrutturale, non otterremo i risultati sperati.
Chi vi parla è convinta che, tra le cause della maggiore sofferenza da Covid-19 nelle Regioni del Nord e soprattutto in Lombardia, ci sia anche la maggiore incidenza dell'inquinamento; quell'inquinamento per combattere il quale, però, le città italiane stanno ancora aspettando che il Governo sblocchi le risorse già assegnate. Piccole cose? Ma gli oceani sono fatti di singole gocce.
Da questa crisi - come tutti i colleghi prima di me hanno detto - devono nascere opportunità. Pensiamo a nuovi sistemi di trasporto innovativo; pensiamo a nuovi sistemi per impedire a certi sindaci di tagliare alberi maestosi nelle città per creare comode spianate di cemento; che si programmino, invece, incentivi per la riforestazione e la rigenerazione urbana e misure di contrasto con sanzioni salate a chi progetta disboscando.
Pensiamo a formare i docenti per le vere attività di educazione e prevenzione che si fanno a scuola perché non basta inserire la voce «educazione ambientale» senza prevedere un serio progetto di formazione e un programma ad hoc da seguire. Sono azioni semplici, ma estremamente efficaci.
Le azioni per la ripartenza dopo l'emergenza dovranno essere l'occasione per realizzare quel vero green deal economico-industriale che diventerà green deal sociale; altrimenti green deal rimarrà solo un insieme di paroline che fanno tanto chic ma senza costrutto. (Applausi). Pensiamo, allora, a un piano straordinario di rottamazione delle tecnologie obsolete, perché prima di dipingere una parete bisogna pulirla, per poi cominciare a produrre nuove soluzioni tecnologiche sostenibili ambientalmente ed economicamente, creando nel contempo sviluppo, occupazione, rilancio, commercializzazione.
C'è, poi, il tema del dissesto idrogeologico, perché il dissesto è una delle principali conseguenze dei cambiamenti climatici insieme alla desertificazione, e dovrà partire da una mappatura seria dei territori, da investimenti che agiscano in chiave di prevenzione e non più di emergenza, che costa ormai troppo in termini di perdite di vite umane e di distruzione dei territori. E mentre vi parlo, il Nord Italia è sotto nubifragi e grandine che stanno devastando le coltivazioni e mettendo in ginocchio ulteriormente un territorio già devastato dalla crisi Covid. Ci mancano le cavallette e poi abbiamo avuto tutto. D'altra parte, la cimice asiatica e i cinghiali stanno facendo la loro parte! (Applausi).
Ancora una volta il Governo lavorerà sull'emergenza con gli enti locali stremati e abbandonati. La transizione comunque è in corso a prescindere, perché la sensibilità è cambiata e non può essere il Governo a frenare gli impulsi. Potrebbe sembrare un paradosso, ma l'ambiente non si tutela tornando indietro, frenando lo sviluppo, ma, al contrario, incentivando in ogni modo possibile l'innovazione tecnologica, la ricerca, la libera iniziativa. Fiducia e libertà sono le parole chiave di Forza Italia. (Applausi). Ripeto: fiducia e libertà.
Ricordo sempre che l'ambiente è quel perno della ruota i cui raggi si chiamano attività produttive, salute, industria, agricoltura, pesca, paesaggio, territorio, turismo, cultura, scuola, ricerca, università - è una responsabilità grandissimo - e l'Italia è il Paese che ha l'ingegno come materia prima fantastica, che non va mortificato, ma va valorizzato e accompagnato da indirizzi visionari e aperti, che addirittura anticipino le necessità, non le intralcino.
Ricordo perché abbiamo deciso di presentare questa mozione: siamo preoccupati, ma nello stesso tempo vogliamo continuare a essere propositivi. Sono propositivi perché riteniamo che, oggi più che mai, l'Italia non possa permettersi di essere intrappolata dalla rete burocratica e fiscale e da una rete ideologica rigida anche in tema ambientale perché, se si vuole davvero riuscire a ottemperare alle direttive che l'Unione europea ci impone e che la logica ci dice corrette a prescindere, dobbiamo consentire agli operatori di lavorare con serenità.
La sostenibilità ambientale è una cosa seria e seriamente va affrontata; seriamente e pragmaticamente. Non può esserci, infatti, sostenibilità ambientale senza sostenibilità economica. (Applausi).
La domanda vera è: si affronta la questione clima semplicemente per ottemperare a una direttiva europea, perché ci piace definirci green, ambientalisti o perché crediamo veramente che sia necessario agire nel modo migliore?
Le mozioni sul clima mi fanno venire in mente che oggi ho letto il documento presentato dalla task force coordinata da Vittorio Colao: 17 esperti al lavoro per quasi due mesi di emergenza, con l'obiettivo di proporre un piano per il rilancio del Paese. Ebbene, la relazione è come un compitino ordinato con affermazioni che in diversi punti contrastano addirittura con gli indirizzi del Governo, e si riduce a mera teoria, anche un po' banale - se vogliamo - perché gli argomenti sono sul tavolo del Governo da quel dì, ma sicuramente non sono così pregnanti da giustificare la nomina di una task force che - a mio avviso - senza agire sull'immediato della necessità sminuisce anche la funzione e il ruolo dei Ministeri. D'altra parte, non avevamo bisogno di esperti che ci dicessero come dobbiamo investire sul dissesto idrogeologico, sull'end of waste, eccetera eccetera.
Quindi, i due fattori sono velocità e responsabilità. È il momento di vedere il futuro e di realizzarlo; non bastano programmi la qualunque; non basta uno svolgimento da 6 meno meno; si deve lavorare per il 10, altrimenti si smetta di parlare di green new deal.
Noi, pertanto, voteremo a favore della nostra mozione perché c'è bisogno di visione, certezze, concretezza e regole chiare a livello europeo e globale che devono partire da noi. Accogliamo le proposte di riformulazione sui punti 3) e 5), anche se ci sembrano totalmente contrarie proprio alla concretezza e alla razionalità, ma non possiamo fare altrimenti. Non ci stancheremo, però, di rivendicare il nostro approccio differente. (Applausi).
PRESIDENTE. Senatrice Gallone, c'è stato un cambiamento, perché precedentemente mi sembrava di aver inteso che non veniva accolta alcuna riformulazione?
GALLONE (FIBP-UDC). Signor Presidente, modifichiamo la nostra precedente posizione. Ringraziamo il Ministro per la riformulazione e l'accoglimento con riformulazione e accogliamo la riformulazione dei punti 3) e 5) della nostra mozione.
ARRIGONI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARRIGONI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, ministro Costa, colleghi, il tema delle mozioni è l'occasione per discutere della volontà dell'Europa di contrastare i mutamenti climatici, di mettere la transizione energetica al centro dei propri progetti e diventare leader mondiale dell'energia pulita. La Commissione europea guidata dalla presidente von der Leyen ha presentato con il green new deal un pacchetto di misure inteso a rendere l'Europa il primo continente climaticamente neutro al 2050. Al momento l'ambizioso programma è, però, di soli indirizzi. Quali sono, quindi, gli obiettivi intermedi e, soprattutto, attraverso quali traiettorie si intende perseguirli ancora non è chiaro.
Per attuare la transizione energetica sono, dunque, fondamentali alcune premesse: quando parliamo di Europa, dobbiamo sapere che oggi contribuisce solo per il 10 per cento alle emissioni di CO2 rispetto al globale. (Applausi). La maggior parte dei Paesi extra-UE (Cina, India, Russia e altri) non ha in previsione riduzioni di CO2 con obiettivi vincolanti. Dunque, visto che la competitività è globale, pensiamoci bene prima di stressare ancora le nostre imprese con ulteriori obiettivi, visto che hanno già un forte gap di costi non solo rispetto a Paesi UE, ma soprattutto nei confronti di Paesi terzi. (Applausi).
La dipendenza energetica dell'Italia è del 78 per cento contro la media europea del 54 per cento. Tale percentuale sale al 93 per cento per la fornitura di gas. Questa è una forte criticità geopolitica per l'Italia. Il nostro Paese, in coerenza all'europeo clean energy package, a inizio anno ha adottato il piano nazionale integrato per l'energia e il clima con obiettivi al 2030 sfidanti in termini di maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, di phase-out dal carbone, di maggiore efficienza e minori emissioni di gas serra. Il PNIEC è un importante fattore di sviluppo, visto che sono valutati impatti economici per 300 miliardi tra investimenti e valore aggiunto e impatti sociali con circa 140.000 nuovi addetti. Purtroppo, per come si sta procedendo, difficilmente quegli obiettivi verranno raggiunti. Nel PNIEC si afferma un'altra cosa importante che molti non vogliono vedere e, cioè, che nei prossimi trent'anni la transizione energetica dovrà essere accompagnata dal gas, che dunque sarà ancora fondamentale e strategico per sostituire le fonti fossili più inquinanti, anche perché ci sono settori che non possono fare a meno del gas come quello industriale, della ceramica, della carta, del vetro, dei laterizi e altri ancora. (Applausi).
Quando si rivendica di essere un Paese al top nelle energie rinnovabili e si vorrebbe continuare l'espansione, concedendo ulteriori incentivi, qualcuno si domanda a quale prezzo? Ve lo dico io: con quasi 15 miliardi di euro di oneri generali di sistema, che ogni anno pesano per il 25 per cento sulle bollette di famiglie e imprese. (Applausi).
Servono dunque meno demagogia e una riflessione seria. Le nostre piccole e medie imprese pagano elettricità e gas il 15 per cento in più rispetto alla media europea e questo rappresenta un grande problema.
Altro tassello importante del green new deal è l'economia circolare, che non è un'opzione, ma è una strada obbligata, un'opportunità per il Paese, e non solo per risparmiare materie prime e tutelare l'ambiente, ma anche per sostenere le nostre imprese, pronti a investire. Ma di economia circolare spesso si parla a sproposito. (Applausi).
Non basta la raccolta differenziata: servono gli impianti. L'economia circolare non si fa senza gli impianti. Mentre in Lombardia c'è sovra capacità di termovalorizzazione, nel Centro e nel Sud mancano impianti di compostaggio e termovalorizzatori. Pensate che un recente studio conclude non solo che nel nostro Paese servono nuovi termovalorizzatori, per quasi 2 milioni di tonnellate, ma anche che nel 2035, se non si interverrà con poderosi ammodernamenti, il Paese perderà almeno la metà della capacità attuale di 6 milioni di tonnellate. Quindi, basta sindrome NIMBY. Basta dire no agli impianti che chiudono il ciclo dei rifiuti. (Applausi). Basta irresponsabilità di certe politiche territoriali.
Si vuole tutelare il clima, ma poi, ipocritamente, si ignorano 200.000 TIR carichi di rifiuti che ogni anno partono verso il Nord del Paese e all'estero, (Applausi) una fila immaginaria di veicoli lunga 3.300 chilometri. Le tre Regioni protagoniste in negativo, che non hanno impianti per smaltirli, sono - ahimè - la Sicilia, la Campania e soprattutto, maglia nera, il Lazio. Dunque tutti entusiasti per il green new deal, ma possibile che l'inquinamento che provocano quei 200.000 TIR non interessi a nessuno? (Applausi).
Colleghi, quando si affrontano i temi relativi allo sviluppo sostenibile non bisogna mai dimenticare che, accanto a quella ambientale, occorre anche garantire la sostenibilità economica e quella delle nostre produzioni, nonché la sostenibilità sociale. Non farlo è negligenza e irresponsabilità, soprattutto in un momento come questo, in cui la competizione è ancora più aspra e si decide davvero della sopravvivenza del nostro tessuto economico. Le crisi che stiamo attraversando (sanitaria, economica, sociale, ambientale, climatica ed energetica) hanno minato nel profondo le certezze su cui ha sin qui operato il nostro sistema Italia.
Qual è stata la risposta attuale del Governo ai temi importanti posti dagli italiani, su cui ci dovremo cimentare? Il decreto rilancio: un lungo elenco di favori, privo di ogni visione strategica. (Applausi); un provvedimento addirittura utile all'elargizione di una bicicletta per tutti o di un monopattino elettrico, ovviamente cinese, anziché attuare qui quanto previsto dal decreto clima, che almeno prevedeva la rottamazione delle automobili. (Applausi).
Altro che piano Colao! Altro che inconcludenti stati generali, che serviranno solo a Conte per poter fare l'ennesima conferenza stampa del sabato sera! Quello che serve è un confronto per l'attuazione immediata del piano nazionale energia e clima. Lo ribadiamo con forza: su molti aspetti di quel piano, che pure abbiamo favorito, vi è l'esigenza di una maggiore aderenza alla realtà. Penso al phase-out del carbone al 2025, oppure alla sostanziale messa al bando del diesel che voi avete fatto: scelte ideologiche e disancorate dalla realtà.
Serve avviare davvero e senza ideologismi la scelta convinta sulle energie rinnovabili, rimuovendo però gli ostacoli, spesso di comodo, a partire dall'eolico, dal geotermico e anche dall'idroelettrico.
Guardate: se vogliamo centrare gli obiettivi entro il 2030, occorre pedalare e smettere con la demagogia, subito e senza perdere tempo. Per dare certezza agli investimenti, occorre velocizzare le autorizzazioni agli impianti, in particolare quelli esistenti, da fonti rinnovabili, in cui si vogliono fare operazioni di ammodernamento e potenziamento. Diversamente, signor Ministro, l'obiettivo di aumentare di 2,5 volte la capacità di produzione di energia solare e raddoppiare quella di energia eolica, anziché nel 2030, lo raggiungeremo tra cinquant'anni.
Occorre rivisitare senza ideologismi il tema della mobilità per cui, a fronte della rottamazione, siano previsti incentivi anche all'acquisto di veicoli con motorizzazione termica di ultima generazione euro 6, a bassissime emissioni. (Applausi). È assurdo dare incentivi da qui al 2030 solo a 6 milioni di macchine full electric o ibride, con un potenziale di incentivi di 36 miliardi.
Occorre poi sospendere la moratoria per l'attività di ricerca dell'oil & gas, per valorizzare le nostre georisorse. L'intero comparto italiano non può essere affossato per i ritardi dei Ministeri, per la predisposizione del piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee. Non si può condannare il Paese ad una maggiore schiavitù energetica dall'estero, il che significa anche molte più emissioni, visto che il gas lo dobbiamo importare con petroliere o metanodotti, senza contare la perdita di investimenti (quasi 2 miliardi), oltre alla perdita di posti di lavoro e alla rinuncia a un maggior gettito per le casse dello Stato derivante dal pagamento dei canoni.
Senza pregiudizi è doveroso intervenire sulla decarbonizzazione degli edifici investendo sul teleriscaldamento, visto che il riscaldamento domestico, più che la mobilità, è la principale causa dell'inquinamento atmosferico (Applausi), con un'incidenza del 60 per cento per le polveri ultrasottili.
In conclusione, ministro Costa, la Lega non ha mai cambiato idea sul tema. La Lega, che è per la libertà di impresa, per la certezza del diritto e dei tempi per gli investimenti, che ha la cultura della sostenibilità ambientale, ma soprattutto economica e sociale, si muoverà sempre all'insegna della ragionevolezza e del pragmatismo, come attore di supporto e non di ostacolo delle imprese, della ricerca e dell'innovazione.
Il voto del Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione sarà a favore anche delle mozioni dei Gruppi Forza Italia e Fratelli d'Italia, mentre sulla mozione di maggioranza non voterà le premesse e farà dei distinguo sui vari punti degli impegni chiesti al Governo. (Applausi).
L'ABBATE (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
L'ABBATE (M5S). Signor Presidente, colleghi senatori, signori esponenti del Governo, ministro Costa, la diffusione del Covid-19 è legata alla sottovalutazione dell'impatto delle attività umane sull'ambiente. Il riscaldamento climatico è una sorta di pandemia a rallentatore e non finirà con la fine di questa emergenza. Quello che stiamo vivendo è un momento storico molto particolare e unico, che ci spiega chiaramente che dobbiamo affidarci alla scienza.
Mi domando allora perché abbiamo chiesto alla scienza di risolvere i nostri problemi col Covid-19, ma poi a volte non vogliamo ascoltarla, quando ci parla di climate change, quando ci parla delle problematiche che ci sono a livello globale perché - sia chiaro - quando passerà l'emergenza da Covid-19, quella climatica ci sarà ancora.
L'emergenza sanitaria ha fatto sì che i popoli di ogni Paese si unissero per combattere un nemico comune, creando un fronte unico globale, un'unica comunità. Sul clima dobbiamo fare la stessa cosa: con la stessa forza, con la stessa grinta e resilienza che abbiamo avuto in questo momento, dal quale stiamo uscendo, dobbiamo affrontare l'emergenza climatica.
In questo periodo sono rallentate le emissioni di CO2 in atmosfera; e dico rallentate perché - guardate - la CO2 in atmosfera c'è: siamo arrivati a 417 ppm. L'anidride carbonica ha una permanenza in atmosfera di 100 e più anni e quindi continueremo a scontare una storia di emissioni passate. Invece in questo periodo di fermo sono diminuiti altri inquinanti, quelli chiamati pm5, pm10, i cosiddetti NOx; per questo abbiamo sentito un'aria più sottile, diciamo che respiriamo meglio, il pianeta ha respirato.
Bisogna però prestare attenzione ad una cosa. Se noi continuiamo a dire - come ci dice anche l'Europa - che nel 2050 vogliamo la neutralità climatica, quindi stiamo facendo una serie di azioni per eliminare l'anidride carbonica, devono essere portati avanti impianti e tecnologie sostenibili; purtroppo la termodinamica e la scienza insegnano che una combustione crea anidride carbonica in atmosfera, crea NOx, SOx, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), può creare diossine (dipende da quello che si brucia). Dico quindi di cercare di affidarci alla scienza e magari di non parlare così in generale sulle varie tecnologie.
A parte questo, purtroppo l'emergenza sanitaria ha messo a rischio un'altra cosa molto importante: gli incontri che dovevamo avere per definire le strategie per la conservazione della biodiversità e del clima. Praticamente la Cop 26 è slittata al 2021, come anche la Cop 15 per la convenzione sulla biodiversità, che era prevista ad ottobre in Cina. Purtroppo anche noi in Italia con il ministro Costa, che ringraziamo, dovevamo effettuare la Cop Giovani e la cosiddetta pre-Cop, ma anche queste sono state rimandate al 2021. Incontri di questo tipo non devono passare in secondo piano, perché non sono solo Greta o i nostri ragazzi nelle piazze o il mondo scientifico a chiederci in questo momento un cambiamento delle azioni concrete; ce lo chiede anche il mondo dell'economia e della finanza, perché tutto è collegato. Può sembrare scontato, ma trovare soluzioni per l'emergenza climatica significa trovare soluzioni per il nostro futuro in generale, per il nostro modello economico, per la nostra stessa salute. Con il green new deal l'Europa sta di fatto proponendo un patto economico non solo tra i vari Paesi, ma fra tutti gli stakeholder, quindi l'industria, le associazioni, i policy maker, quindi abbiamo tutta la cittadinanza.
È chiaro che il vecchio modello economico ha fallito e che la nuova via deve essere green e basarsi assolutamente sull'economia circolare, che non è greenwashing perché le nostre aziende italiane sono bravissime a poter ricostruire questa filiera inversa; ovviamente hanno bisogno di sostegno da parte del Governo, che si sta impegnando con tutte le sue forze. Chiaramente devono essere supportate le aziende e le tecnologie veramente sostenibili e a basso impatto.
Un'altra cosa di cui vorrei parlarvi per farvi capire è che alla fine non ci rendiamo conto di quanto un modello economico possa sbagliare; ad esempio qualche tempo fa il prezzo del petrolio è calato perché la domanda è scesa a causa del blocco. Quando noi parliamo di sviluppo sostenibile intendiamo che dobbiamo lasciare alle generazioni future gli stock di energie combustibili non rinnovabili come il petrolio, quindi dovevamo essere felici che il petrolio non doveva essere estratto, ma rimaneva lì per le generazioni future. Invece i prezzi si sono abbassati, hanno fatto concorrenza alle energie rinnovabili, che stiamo portando avanti, ma anche alle nostre aziende italiane perché i prodotti e i materiali riciclati adesso sono in competizione con le materie prime vergini, perché ovviamente sono realizzate da petrolio e gas naturale. Ciò significa che dobbiamo cambiare modello, dobbiamo revisionare tutto. Questo nuovo modello deve essere economico ed ecologico.
Come ho detto prima, l'emergenza climatica richiede il risveglio di una responsabilità collettiva, uno sforzo su scala globale. Servono dei piani di prevenzione; in queste settimane di gestione del virus abbiamo potuto osservare cosa significa combattere contro qualcosa che non conosciamo, perché ovviamente non c'era nulla in precedenza; per questo bisogna effettuare dei piani di prevenzione chiari. Contro i cambiamenti climatici servono misure di mitigazione e adattamento.
L'emergenza climatica è stata dichiarata da 1.432 giurisdizioni, da Comuni e Nazioni, e in Italia il Governo, con il nostro premier Giuseppe Conte, ha avuto la capacità di farsi carico di un indefinito spettro come il coronavirus. Lo abbiamo affrontato a testa alta.
Ora tutto il MoVimento 5 Stelle chiede che venga affrontato con la stessa forza il tema dell'emergenza climatica e noi lo faremo. Lo faremo perché un bambino nato oggi vivrà un mondo che sarà di oltre quattro gradi più caldo della media preindustriale, con i cambiamenti climatici che incideranno sulla salute umana, dall'infanzia fino all'adolescenza, all'età adulta e alla vecchiaia.
È vero che in questo momento nel cesto delle preoccupazioni quotidiane di un genitore ci sono le bollette da pagare, un figlio ammalato o come poter pensare al sostentamento della propria famiglia. Quindi la preoccupazione per il clima è un progetto che può sembrare magari a lungo termine, è come una specie di rumore di fondo. Il clima purtroppo è percepito in questo modo; l'ambiente è percepito come qualcosa di esterno. Il virus lo abbiamo vissuto sulla nostra persona, ma il clima lo vediamo un po' lontano. Purtroppo però non è così; è tutto collegato. Questo è il momento di mettere sullo stesso piano non quello che viene definito un fenomeno o un problema, ma la nostra stessa vita.
Molto spesso a cosa ci portano la nostra quotidianità e la nostra vita urbana? Nelle città ci muoviamo da un appartamento climatizzato a un auto climatizzata, per lavorare in un ufficio climatizzato. Siamo sempre meno esposti al clima naturale. In certi casi estremi una persona può uscire di casa, tuffarsi in una metro e passare in ufficio, praticamente senza mai vedere il cielo e la maggior parte della gente non sa neppure da dove arriva l'acqua che scorre nel suo rubinetto. La nostra civiltà umana dell'era dell'antropocene ha un'idea molto astratta e distante del mondo naturale e, ancor di più, del clima, giacché non si vede e non si tocca. Questo è il nostro problema.
Vi ricordo però anche un'altra cosa: nel 2017 l'Organizzazione mondiale della sanità aveva avvertito che le infezioni virali, batteriche o da parassiti sarebbero state una delle minacce più consistenti per il pianeta, proprio a causa dei cambiamenti climatici.
Concludo: viviamo un momento di responsabilità. Serve una conversione ecologica dell'economia e della società. Vi dico le parole di Papa Francesco: «è necessario unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale». Il nostro Governo sta portando una grande rivoluzione culturale: efficientamento energetico, piantumazione degli alberi, stop alle trivellazioni, bonus mobilità e incentivi per l'acquisto di veicoli green, efficienza energetica e tanto altro.
L'Italia in questo contesto deve giocare un ruolo fondamentale e il nostro Governo ha le capacità e la forza per portare avanti questa battaglia. Sarà un lungo cammino, ma insieme ce la faremo.
Per questo oggi il MoVimento 5 Stelle voterà a favore della nostra mozione che riconosce l'emergenza climatica, l'attuazione dell'accordo di Parigi e degli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 (Applausi) per i diritti di tutti i cittadini, perché nessuno deve essere lasciato indietro, per realizzare equità e per i nostri ragazzi che ci chiedono una casa nella quale poter avere un futuro. (Applausi).
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.
Avendo ogni mozione una diversa strutturazione di pareri e di riformulazioni, vi prego di prestare attenzione.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, facendo seguito al percorso che abbiamo assunto, per darci la possibilità di sostenere convintamente lo sforzo e votare favorevolmente la parte della mozione che condividiamo, chiediamo di mettere ai voti per parti separate non solo le premesse e il dispositivo della mozione n. 194, ma di separare ulteriormente il voto dei punti 6), 7) e 9) del dispositivo, perché noi siamo favorevoli a tutti i punti tranne che a questi tre. Siamo contrari ai punti 6) e 7) e ci asterremo sul punto 9), mentre chiediamo la possibilità di contribuire responsabilmente a un percorso unitario sul resto della mozione.
PRESIDENTE. Senatore Ferrari, va bene procedere così? Va bene.
IANNONE (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, il Gruppo Fratelli d'Italia chiede che ci venga data la stessa possibilità, cioè di votare per parti separate le premesse e i punti 6), 7) e 9) degli impegni. Voteremo invece a favore degli altri punti del dispositivo della mozione n. 194.
PRESIDENTE. Senatore Iannone, ero attenta a seguire il suo intervento e mi è sfuggito che eccezionalmente lei è intervenuto dal posto, dove bisogna sempre intervenire indossando la mascherina.
Senatore Briziarelli, non ho capito se la sua proposta è di votare separatamente anche le premesse o solo alcuni punti del dispositivo.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Per quanto riguarda le premesse, eravamo d'accordo che tutte le mozioni sarebbero state votate separatamente.
PRESIDENTE. No, non è così. Comunque mi dica cosa intende fare.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Come ha annunciato il senatore Arrigoni, il nostro voto sulle premesse sarà contrario. Voteremo poi a favore di tutti i punti del dispositivo, tranne i punti 6), 7) e 9).
PRESIDENTE. Come intendete votare è un de cuius. Io le sto chiedendo l'ordine delle votazioni.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Premessa, 6), 7) e 9).
PRESIDENTE. Sì, questo era chiaro.
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Esprimeremo un voto contrario sulle premesse e sui punti 6) e 7), mentre ci asterremo sul punto 9).
PRESIDENTE. Va bene, mi sembra chiaro.
Ricordo all'Aula che il Governo ha espresso parere favorevole su tutto il testo della mozione. Procederemo a due votazioni. La prima votazione è sulle premesse e sui punti 6) e 7) del dispositivo.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse e dei punti 6) e 7) del dispositivo della mozione n. 194 (testo 5), presentata dal senatore Ferrazzi e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della restante parte della mozione n. 194 (testo 5), presentata dal senatore Ferrazzi e da altri senatori.
(Segue la votazione). (Commenti).
Senatore Briziarielli, avevo inteso che la richiesta fosse di procedere con due distinte votazioni e non tre. Dal suo Gruppo mi era arrivato questo segnale, ma forse ho inteso male?
BRIZIARELLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, abbiamo chiesto due votazioni sul dispositivo; eravamo contrari sui punti 6) e 7) e li abbiamo votati con le premesse. Noi ci asteniamo sul punto 9). Votiamo il resto. Abbiamo chiesto una distinta votazione per la parte su cui ci asteniamo.
PRESIDENTE. Dal suo Gruppo mi erano arrivati segnali discordanti.
Annullo pertanto la votazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del punto 9) del dispositivo della mozione n. 194 (testo 5), presentata dal senatore Ferrazzi e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della restante parte della mozione n. 194 (testo 5), presentata dal senatore Ferrazzi e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Colleghi, con questo sistema è più difficile votare. Un attimo di pazienza, non dichiaro chiusa la votazione perché da alcune postazioni non si riesce a votare. Senatore Verducci, cosa succede? Ho difficoltà a sentirla. (Brusio). Chiedo scusa ai colleghi, ma ci sono dei problemi tecnici che non dipendono da me.
Annullo la votazione.
Chiedo agli assistenti di intervenire sulla postazione del senatore Verducci e di risolvere velocemente il problema.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della restante parte della mozione n. 194 (testo 5), presentata dal senatore Ferrazzi e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
IANNONE (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, chiediamo che la mozione n. 198 venga votata allo stesso modo della mozione n. 194 (testo 5), cioè separatamente la premessa e poi le parti degli impegni, quelli su cui c'è il parere favorevole del Governo e quelli su cui c'è il parere contrario per la mancata accettazione delle riformulazioni.
CALDEROLI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, sulla procedura che stiamo utilizzando, per non far notte, come si suol dire, chiedo all'Assemblea se vogliamo votare separatamente prima le parti su cui il Governo si è espresso contrariamente e poi le parti su cui invece si è espresso favorevolmente, eventualmente con accettazione delle riformulazioni, in modo che con due voti per ogni mozione ce la caviamo.
PRESIDENTE. Ci sono osservazioni su queste modalità di voto? Però la questione, presidente Calderoli, è che in questo caso erano stati espressi pareri con riformulazioni in parte accettate, in parte no.
CALDEROLI (L-SP-PSd'Az). Presidente, le parti che sono state accolte come riformulate le consideriamo come parere favorevole, tutto il resto lo consideriamo come parere contrario.
PRESIDENTE. Il problema è che in questa mozione in particolar modo non è stata accettata alcuna riformulazione.
FERRARI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARI (PD). Presidente, giusto per ricordare i pareri: il Governo è contrario sulle premesse ed è contrario sugli impegni nn. 1), 2), 4), 5), 9), 11) e 13). Questi impegni, con il parere contrario del Governo, vanno votati insieme alle premesse; sugli altri impegni il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Quindi, faremo ugualmente. Il problema era che non era stata accettata alcuna riformulazione.
Quindi poniamo in votazione prima le parti del testo su cui il Governo ha espresso parere contrario, che nel caso della mozione a prima firma del senatore Iannone sono le premesse e i punti che sono stati appena elencati dal senatore Ferrari.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse e dei punti 1), 2), 4), 5), 9), 11) e 13) del dispositivo della mozione n. 198 (testo 2), presentata dal senatore Iannone e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Sui restanti impegni della parte dispositiva mi pare fosse stata proposta una riformulazione, che i proponenti avevano rifiutato. Quindi, se è così, rimane il parere contrario del rappresentante del Governo. Altrimenti il senatore Iannone mi potrà comunicare, come hanno fatto i colleghi di Forza Italia, se ha cambiato intendimento.
IANNONE (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IANNONE (FdI). Signor Presidente, se ho ben inteso, abbiamo appena votato le premesse della nostra mozione e gli impegni della parte dispositiva sui quali il rappresentante del Governo aveva chiesto una riformulazione, da noi rifiutata e su cui, quindi, è stato espresso parere contrario. I restanti impegni, che adesso potranno essere messi in votazione, sono quelli sui quali il rappresentante del Governo ha espresso parere favorevole.
PRESIDENTE. Il senatore Ferrari ha elencato gli impegni su cui era stato espresso parere contrario e poi mi risulta ci fossero gli impegni su cui era stata chiesta una riformulazione, che il senatore Ferrari non ha elencato. C'è stato forse un impiccio, ma mi pare fosse esattamente così.
FERRARI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARI (PD). Signor Presidente, mi scusi, oggettivamente non è facile fare così tante votazioni, ma abbiamo fatto lo sforzo di provare a farne tante insieme e direi che vale la pena di completarlo.
A me pare di ricordare che il parere del Ministro fosse pienamente favorevole sugli impegni nn. 3), 6), 7), 8), 10), 12) e 14).
PRESIDENTE. Previa riformulazione.
FERRARI (PD). No, non previa riformulazione. Il Ministro ha dato pareri favorevoli secchi, quindi come tali noi siamo disposti a votarli.
PRESIDENTE. Riverifichiamo. Il rappresentante del Governo ce lo può confermare? Perché l'annotazione degli Uffici era diversa. Il parere non era condizionato a riformulazione?
COSTA, ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Se vuole glieli elenco di nuovo.
PRESIDENTE. Me li elenchi pure, ma la questione è se fossero riformulati o no. Se il parere è favorevole senza riformulazione, li possiamo mettere in votazione tranquillamente senza che lei li rilegga.
COSTA, ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Glielo confermo.
PRESIDENTE. Benissimo. Il parere era favorevole sugli impegni così come erano scritti, senza riformulazione.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dei punti 3), 6), 7), 8), 10), 12) e 14) del dispositivo della mozione n. 198 (testo 2), presentata dal senatore Iannone e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Per quanto riguarda la mozione n. 199 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori, il Governo ha espresso parere contrario sulle premesse, parere contrario sui punti 1), 2) e 6) e poi parere favorevole previa formulazione sui punti 3), 4) e 5).
MALAN (FIBP-UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FIBP-UDC). Presidente, alla luce dei pareri proposti dal Governo, chiediamo la votazione per parti separate con un voto sulle parti su cui c'è il parere contrario, oppure favorevole ma condizionato ad una riformulazione che noi non abbiamo accettato e cioè sulle premesse, sul punto 1), sul punto 2), sul punto 4), su cui c'è una proposta di riformulazione che noi non abbiamo accettato e il punto 6). Chiediamo che venga effettuata separatamente una votazione sui punti 3) e 5), su cui il Governo ha proposto una riformulazione, che noi abbiamo accettato.
PRESIDENTE. Coincide con quanto avevamo annotato. Seguiamo il metodo precedentemente utilizzato.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse e dei punti 1), 2), 4) e 6) del dispositivo della mozione n. 199 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dei punti 3) e 5) del dispositivo della mozione n. 199 (testo 2), presentata dalla senatrice Bernini e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo delle premesse della mozione n. 244 (testo 3), presentata dal senatore Briziarelli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del dispositivo della mozione n. 244 (testo 3), presentata dal senatore Briziarelli e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
La seduta è terminata alle 19:40.
MOZIONI
(1-00194) (testo 5) (09 giugno 2020)
Ferrazzi, L'Abbate, Comincini, Nugnes, Unterberger, De Petris, Assuntela Messina, Mirabelli, Girotto, Fedeli, Moronese, La Mura, Coltorti, Lanzi, Floridia. -
Votata per parti separate. Approvata
Il Senato,
premesso che:
il nostro Paese si confronta con sempre maggiore frequenza con eventi climatici estremi, che rappresentano l'effetto dei profondi mutamenti climatici subiti dal pianeta; alluvioni, siccità, ondate di calore, innalzamento del livello del mare ed aumento del cuneo salino si susseguono senza sosta, in diverse parti del mondo, determinando lutti e danni economici a persone, animali e interi sistemi produttivi;
il cambiamento climatico in atto è direttamente influenzato dalle attività umane, siano esse industriali o meno, come dimostrano ormai numerosi studi scientifici, a cominciare da quelli elaborati dall'Intergovernmental panel on climate change (IPCC), il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite; in assenza di azioni concrete per invertire tale tendenza, dunque, entro pochi anni ci si potrebbe trovare di fronte ad un punto di non ritorno; le emissioni di gas serra, l'inquinamento dell'aria e delle acque, il degrado di matrice antropica dei terreni hanno infatti generato profondi mutamenti tali da comportare che il circolo vizioso dell'emergenza climatica possa essere spezzato unicamente attraverso azioni decisive, immediate e continuative;
l'urgenza di un intervento decisivo e immediato per invertire tale processo non è quindi più in alcun modo rinviabile, come ampiamente dimostrato dal sempre crescente numero di allarmi che giungono dall'intera comunità scientifica;
secondo l'ultimo rapporto del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale ovvero il momento nel quale i cambiamenti saranno divenuti non più ripristinabili; l'organismo scientifico dell'ONU ha invitato tutti i legislatori e i governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente;
la nuova Commissione europea guidata dalla presidente Ursula Von der Leyen si è orientata, sin dal suo insediamento, a dare priorità all'ambiente e al clima per "rendere l'Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050", favorendo verifiche di impatto sociale, economico e ambientale in grado di stimolare "innovazione, competitività e occupazione"; il 14 gennaio 2020, a questo scopo, è stato presentato l'atteso progetto legislativo sul "Green Deal" finalizzato a finanziare tra il 2021 e il 2027 la transizione verso la neutralità climatica entro il 2050, con azioni volte a promuovere l'uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento, investendo in tecnologie rispettose dell'ambiente, sostenendo l'industria nell'innovazione, modificando il trasporto privato e pubblico per renderlo più pulito, economico e sano, decarbonizzando il settore energetico, garantendo una maggiore efficienza energetica degli edifici; a questo scopo, l'Unione europea ha inteso far leva sugli strumenti finanziari dell'UE, in particolare "InvestEU", per mobilitare investimenti pubblici e fondi privati che si dovrebbero tradurre in almeno 1.000 miliardi di euro di investimenti, ed ha introdotto il "meccanismo per una transizione giusta", per mobilitare almeno 100 miliardi nel periodo 2021-2027, per attenuare l'impatto socioeconomico della transizione all'economia verde;
il 27 maggio 2020, poi, la Presidente della Commissione europea, Von der Leyen, ha presentato, nel corso della sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo, per garantire la risposta efficace dell'Europa alla crisi da COVID-19 lo strumento denominato "Next Generation EU": proposta di Bilancio UE 2021-2027, cui si affianca un Recovery Instrument di 750 miliardi di euro, per aiutare i settori maggiormente colpiti dall'emergenza sanitaria e rilanciare gli investimenti in Europa;
nei tre pilastri del "Next Generation EU", uno dei focus trasversali è quello diretto a sostenere le transizioni verde e digitale; ciò sia nel sostegno agli Stati per investimenti e riforme, in particolare accelerare la transizione verso la neutralità climatica, e a questo scopo la Commissione incrementerà anche i finanziamenti per il Fondo per una transizione giusta fino a 40 miliardi di euro e propone di rafforzare il bilancio del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale di 15 miliardi per aiutare le zone rurali a introdurre i cambiamenti strutturali richiesti dal Green Deal europeo; sia nel sostegno agli investimenti privati, che interesserà le imprese economicamente sostenibili in difficoltà, a causa della crisi da Coronavirus per aiutarle nella loro trasformazione verde;
sarebbe dunque essenziale procedere, in particolare in l'Italia, ad una programmazione economico-industriale a lungo termine, per il rilancio del nostro sistema-Paese: un piano di rilancio ambientale da sviluppare nei prossimi anni al fine di una riconversione ecologica compiuta;
vista la provata correlazione tra l'inquinamento e il diffondersi di microorganismi pericolosi per la salute umana, come per esempio il Coronavirus;
considerato che:
gli effetti dei cambiamenti climatici non generano solo conseguenze ambientali, ma anche profonde conseguenze sociali. Con la pubblicazione, il 19 marzo 2018, del rapporto su migrazioni e clima (Groundswell: "Preparing for internal climate migration"), la Banca mondiale ha lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, infatti, potrebbe arrivare a 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa dei fenomeni meteorologici estremi o delle condizioni ambientali diventate invivibili;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha a sua volta evidenziato l'incidenza del cambiamento climatico sugli elementi sociali ed ambientali che hanno effetti diretti sulla salute, cioè aria pulita, acqua potabile, cibo in quantità sufficienti, sicurezza e condizioni igieniche degli alloggi, messi in pericolo da inondazioni, ondate di calore, incendi, siccità, così come il limitato accesso all'acqua in conseguenza proprio dal cambiamento climatico che genera la fosca previsione di un incremento sostanzioso dei decessi (oltre 250.000 annui) nel periodo tra il 2030 e il 2050;
in Europa i disastri naturali del 2018 sono stati simili a quelli registrati negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, con un totale di 113 eventi con perdite di 16 miliardi di euro. Le perdite maggiori sono state causate dalla siccità, costata circa 4 miliardi di dollari; nel 2018 si sono contati 850 disastri naturali, soprattutto alluvioni, inondazioni, frane, uragani e tempeste;
nonostante ciò, appare preoccupante il dato che vede l'Italia dal 1998 al 2018 spendere, secondo dati Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all'anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi, secondo dati del CNR e del Dipartimento della protezione civile, per "riparare" i danni del dissesto (un miliardo all'anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro);
uno studio internazionale pubblicato dalla rivista scientifica "Climate" ha precisato che i danni per le inondazioni in Europa potrebbero arrivare a costare 17 miliardi di euro all'anno, qualora le temperature medie dovessero salire di 3 gradi centigradi rispetto alla media preindustriale, mentre il numero di cittadini che subiranno le conseguenze delle piene potrebbe raggiungere le 780.000 unità, in crescita del 123 per cento rispetto ad oggi. Il problema, dunque, non riguarderebbe solo il sud del mondo;
in Italia la situazione non è migliore; il 2018 è stato l'anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 e si assiste al susseguirsi di record che non possono lasciare indifferenti. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici intensi ed estremi, dovuti in primis ai cambiamenti climatici, stanno causando danni ai territori e alle città, indietro nelle politiche di adattamento al clima, e alla salute dei cittadini; soltanto nel 2018 sono state 32 le vittime ricollegabili a 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d'aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 da esondazioni fluviali;
da ultimo si veda quanto è avvenuto a Venezia, ove si è avuta una sequenza di maree eccezionali, mai verificatasi in precedenza, con l'acqua alta che ha raggiunto quota 187 centimetri, la seconda marea più elevata di sempre dopo l'alluvione del 1966; l'alta marea ha, come noto, colpito anche le isole di Lido e di Pellestrina e Chioggia; in ogni caso, la frequenza delle maree eccezionali che hanno colpito la città è stato causato in via principale dal cambiamento climatico, la cui portata rischia di mettere in difficoltà la sopravvivenza non solo della città lagunare ma anche di significative porzioni della terraferma;
contestualmente si sono verificati eventi meteorologici eccezionali che hanno investito con conseguenze drammatiche l'intero territorio italiano: dal Piemonte, in particolare nell'alessandrino, alla Liguria, con il crollo di un viadotto autostradale sulla A6, dalla Calabria con Reggio Calabria, alla Basilicata con Matera e il metapontino, ed allerta rossa per il maltempo;
nonostante la portata storica dell'accordo di Parigi siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di sviluppo divenuto ormai insostenibile sotto il profilo ambientale ma anche sotto quello sociale ed economico;
nella Cop24 (conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici) tenutasi nel dicembre 2018 a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della comunità internazionale; elemento positivo è stato l'aver dotato l'accordo del 2015 di linee guida (rulebook) per la sua attuazione a partire dal 2020, ma non sono stati purtroppo concordati impegni sull'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso;
il 23 settembre 2019 si è svolto a New York il Climate action summit 2019 dedicato a raccogliere nuove iniziative e gli impegni di governi, imprese e società civile per raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e per orientare l'azione verso la sostanziale riduzione a zero delle emissioni entro il 2050;
nel mese di dicembre si è tenuta a Madrid la conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici (Cop25), che ha riunito scienziati, uomini d'affari, rappresentanti istituzionali, organizzazioni non governative e governi di tutto il mondo, per incontri e trattative ufficiali che avevano l'obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera e di limitare ben al di sotto dei 2 gradi l'aumento della temperatura, realizzando quegli impegni vincolanti tra i Paesi partecipanti per la piena attuazione dell'accordo di Parigi, che deve entrare pienamente in vigore entro gennaio 2020; tuttavia, la Cop25 non è riuscita a rispondere con strumenti adeguati e programmi ambiziosi alle impellenti esigenze di risposta al cambiamento climatico;
ripetutamente, negli ultimi mesi, giovani e studenti si sono riuniti nelle piazze di tutto il mondo nelle manifestazioni "Youth for Climate", comprese quelle italiane, sull'esempio dell'adolescente svedese Greta Thunberg, chiedendo l'impegno concreto dei Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta non pregiudicandone oltre il futuro;
considerato altresì che:
secondo gli scienziati dell'IPCC, il tempo per giungere ad un'inversione di marcia sul cambiamento climatico è davvero breve: secondo tali previsioni si avrebbe tempo fino al 2030 per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi e, anche sulla scorta di tali previsioni scientifiche allarmanti, molti parlamenti di Paesi europei hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica;
per dare una risposta a queste istanze bisogna investire al più presto in innovazione e ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze, investimenti in infrastrutture e manutenzione;
in questo drammatico contesto l'Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibili ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie, il tutto per uscire quanto prima dalla crisi climatica, economica e sociale;
è positivo che nel programma il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici, sia stata espressamente prevista la realizzazione di un "green new deal", che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti ad inserire la protezione dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale. Viene stabilito, altresì, che tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell'ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Viene, inoltre, stabilità la necessità di adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese e perseguano la piena attuazione della eco-innovazione. Vengono, infine, espressamente richiamati i principi dello sviluppo tecnologico sostenibile e le ricerche più innovative in modo da rendere quanto più efficace la "transizione ecologica" e indirizzare l'intero sistema produttivo verso un'economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e del riuso e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto;
come noto, il green new deal è il perno della strategia di sviluppo del Governo e si inserisce nel disegno di bilancio 2020 con la finalità di promuovere il benessere equo e sostenibile, la cui programmazione è stata introdotta in Italia in anticipo rispetto agli altri Paesi europei;
è fondamentale rimarcare che un green new deal non deve essere solo un'agenda di impegni, seppur in chiave verde e sostenibile, ma deve essere un programma organico, sociale ed economico, che ha tra i principali obiettivi la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico così come allo stesso tempo un programma che comporti un "fisco green" capace di sostenere la transizione ecologica e sostenga le attività di prevenzione del rischio di danno ambientale, tramite una legislazione che attui pienamente il principio del "chi inquina paga" e della responsabilità estesa del produttore che realizza prodotti e sistemi produttivi impattanti;
altrettanto essenziale ed urgente è progredire nelle politiche di adattamento al cambiamento climatico che rivisiti e renda più incisive le politiche di prevenzione e mitigazione dei rischi e dei danni prodotti dalle frane e dalle alluvioni; in questo senso, va affrontato il dissesto idrogeologico con una gestione del territorio che tenga conto del nuovo contesto climatico in modo tale che rischi e danni possano essere prevenuti e mitigati, e particolare attenzione deve essere riservata ai temi della rigenerazione urbana e a norme più incisive sul consumo del suolo nonché a tutti gli interventi, in una logica infrastrutturale, di ripristino degli habitat e delle reti idrografiche;
il Governo, attraverso l'articolo 1 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 141, ha già istituito il programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria in cui sono individuate le misure di competenza nazionale da porre in essere al fine di assicurare la corretta e piena attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, volta a contrastare i cambiamenti climatici. È auspicabile che tale politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici si coordini con il nuovo Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) e con la pianificazione di bacino per il dissesto idrogeologico e che venga approvato e attuato con urgenza il PNACC (piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici); è stata altresì riconosciuta la necessità della trasformazione del CIPE in CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile), come strumento di indirizzo strategico di tutti gli investimenti pubblici per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite;
vanno considerate, altresì, un passo nella giusta direzione le recenti misure poste in essere dal Governo in ordine alla riforestazione, comprensive di misure per la messa a dimora di alberi, di reimpianto e di silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane con l'obiettivo di garantire la salvaguardia ambientale, la lotta e l'adattamento al cambiamento climatico così come previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34;
la legge di bilancio per il 2020 ha previsto, altresì, misure importanti per transizione ambientale, tra cui il fondo investimento delle amministrazioni centrali, finalizzato al rilancio degli investimenti sull'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, a misure di sostegno e per l'innovazione nel comparto agricolo, uno tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, l'estensione degli incentivi di "industria 4.0" per le imprese che realizzano progetti ambientali nell'ambito dell'economia circolare così come il piano "rinascita urbana" finalizzato a migliorare la qualità dell'abitare e che punta, inter alia, alla riqualificazione urbana e delle periferie;
è necessario affrontare in modo integrato i rischi del cambiamento climatico con altri rischi naturali rappresentati dal rischio sismico, idrogeologico e vulcanico, unitamente alla valorizzazione del patrimonio abitativo,
impegna il Governo ad adottare iniziative per:
1) riconoscere la necessità di intervenire per affrontare l'emergenza ambientale e climatica nel nostro Paese ed operare, in raccordo con il Parlamento, per consentire in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;
2) accelerare la realizzazione degli interventi di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico, in particolare sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico;
3) sostenere l'azione parlamentare tesa all'inserimento del principio della tutela della natura, dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile nella Costituzione;
4) rafforzare le misure contenute nel piano nazionale integrato per l'energia e il clima per dare piena attuazione agli impegni adottati nell'ambito dell'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;
5) procedere alla ricognizione degli incentivi esistenti per l'efficientamento energetico, anche per favorire l'utilizzo migliore delle tecnologie esistenti per aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, comprese le tecnologie dell'idrogeno rinnovabile, in coerenza con il PNIEC, la valorizzazione delle aree verdi e per il sostegno all'utilizzo di tecniche e materiali di edilizia ecocompatibile, adottando le iniziative necessarie per la loro razionalizzazione e stabilizzazione e favorire l'autoproduzione distribuita di energia da fonti rinnovabili;
6) attuare ogni misura che favorisca la transizione dall'economia lineare verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti, nel rispetto della gerarchia europea, alla riduzione, al riuso e al recupero di materia ed energia, rispettando i tempi per il recepimento nell'ordinamento giuridico nazionale delle direttive europee del "pacchetto economia circolare" che permetta di prolungare la durata, l'uso condiviso e la riparazione dei prodotti, incrementando il riciclo e migliorando l'impiego e l'innovazione dei materiali riciclati e delle tecnologie di produzione, nonché, in materia di rifiuti, di imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile, che riduca il conferimento in discarica e favorisca raccolta e gestione differenziata dei rifiuti;
7) pervenire alla progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 221, attraverso un percorso di transizione che contempli ipotesi alternative e compensative con carattere di sostenibilità, come previsto dall'art. 1, comma 98, della legge di bilancio per il 2020 (di cui alla legge n. 160 del 2019), con l'obiettivo di salvaguardare, innovare e rafforzare le attività produttive collegate, con misure volte alla loro conversione ecologica, a cominciare dall'agricoltura;
8) elaborare politiche di trasporto, edilizia e modelli produttivi sostenibili che rispondano in maniera coerente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e che coinvolgano Regioni e Comuni;
9) favorire la transizione verso un sistema di trasporto pubblico e privato sostenibile con l'obiettivo della completa decarbonizzazione (emissioni zero) del settore;
10) attuare, al fine di ridurre gli sprechi energetici, un percorso di ecoefficienza energetica da applicare al patrimonio pubblico e privato;
11) intervenire in materia di politica industriale e di riqualificazione del settore manifatturiero, sostenendo e favorendo la transizione equa e giusta verso un modello economico-produttivo ecologicamente sostenibile;
12) adottare, nell'ambito delle proprie competenze, ogni iniziativa finalizzata alla decarbonizzazione dell'economia fissando come obiettivo l'impatto climatico zero entro il 2050, come indicato dalla strategia a lungo termine dell'Unione europea per la riduzione delle emissioni di gas serra (COM(2018) 773 del 28 novembre 2018);
13) promuovere lo sviluppo di sistemi ecoefficienti di produzione ricorrendo alla bioeconomia e all'ecodesign;
14) realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati;
15) favorire le politiche di rigenerazione urbana delle città e del tessuto urbano, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all'abusivismo edilizio, stabilendo modalità e certezze per la riqualificazione energetica del patrimonio pubblico, abbandonando il modello dell'urbanistica espansiva e adottando una nuova governance che agevoli le procedure che favoriscono l'innovazione;
16) individuare, in particolare, le azioni e le politiche di mitigazione e adattamento del territorio con uniformità di indirizzi in tutto il Paese ma con considerazione specifica per quelle aree del Paese sottoposte a più forte rischio idrogeologico o soggette con frequenza a eventi meteorologici estremi dagli effetti devastanti su uomini, attività economiche e territorio;
17) garantire un adeguato utilizzo i fondi a disposizione del nostro Paese, combinando contributi europei previsti nella programmazione europea, anche per il periodo 2021-2027, e risorse nazionali, per accompagnare la transizione e il superamento dell'utilizzo dei combustibili fossili, con l'attuazione della strategia energetica nazionale che punti sul risparmio e sull'efficienza energetica e sull'utilizzo su larga scala delle energie rinnovabili;
18) realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;
19) promuovere, in particolare, lo sviluppo della filiera agricola biologica e delle buone pratiche agronomiche, in modo da ridurre l'impatto della chimica nel suolo e tutelare le risorse sotto il profilo qualitativo e quantitativo, aumentare e mantenere la qualità del territorio, la fertilità organica del suolo ed il sequestro di carbonio;
20) favorire l'occupazione giovanile attraverso l'introduzione di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani per svolgere attività finalizzate alla salvaguardia delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione del territorio e alla gestione delle emergenze, nonché all'implementazione delle fonti di energia rinnovabili e allo sviluppo della economia circolare;
21) attuare la strategia nazionale per Io sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la cabina di regia "Benessere Italia", istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2019;
22) farsi promotore nelle opportune sedi internazionali, tra le quali rivestirà importanza particolare il prossimo incontro della conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow nel novembre 2021 (Cop26), in accordo e coordinamento con le istituzioni europee, di ogni necessaria azione che permetta di giungere al traguardo dell'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso per l'attuazione dell'accordo di Parigi, e più in generale di politiche a livello globale tese ad un reale cambio di direzione in tutti i settori dell'economia che consenta, in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche entro un accordo internazionale, la transizione energetica verso la riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera e la progressiva e rapida decarbonizzazione dell'economia.
(1-00198) (testo 2) (09 giugno 2020)
Iannone, Maffoni, Nastri, Ciriani, Rauti, Balboni, Bertacco, Calandrini, de Bertoldi, Fazzolari, Garnero Santanchè, La Pietra, La Russa, Petrenga, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini.
Votata per parti separate. Approvata la parte evidenziata in neretto; respinta la restante parte
Il Senato,
premesso che:
la consapevolezza dell'emergenza climatica in atto, e degli effetti connessi e riscontrabili nell'attualità e sul medio-lungo periodo, è oggetto di molteplici ed autorevoli studi scientifici orientati non solo verso l'individuazione della correlazione tra cambiamento climatico e azione antropica, ma anche e soprattutto verso l'individuazione di prospettive di intervento tese al contenimento degli effetti deleteri sull'ecosistema, che devono essere riferimento imprescindibile per le politiche in materia;
i dati del quinto rapporto di valutazione, pubblicato nel 2013 e 2014 dall'IPCC (Intergovernmental panel on climate change), gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, evidenziano come l'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera sia da individuare come la causa alla base dei più complessi e deleteri cambiamenti climatici in atto: in particolare, si evidenzia come la temperatura del pianeta sia aumentata, dal 1860 ad oggi, di quasi un grado centigrado nella sola Europa e che le previsioni scientifiche attestano un incremento della temperatura tra 1,4 e 5,8 gradi entro la fine del secolo. Nello specifico è stato registrato, nel corso dell'ultimo trentennio, un incremento del 70 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica con il conseguente superamento del 20 per cento della soglia limite di concentrazioni delle 400 parti per milione;
si sottolinea che, stando ai dati del rapporto "Trajectories of the earth system in the Anthropocene", pubblicato dalla National academy of sciences degli USA nel 2018, il solo incremento della temperatura di 2 gradi potrebbe configurarsi come conditio per un "effetto domino incontenibile", in ragione della consequenzialità sussistente tra incremento della temperatura ed evoluzioni climatiche correlate ad eventi estremi ed i loro riverberi sul versante degli equilibri ecosistemici, della sicurezza dei territori rivieraschi e dell'accessibilità ai rifornimenti idrici;
con l'accordo di Parigi siglato nel dicembre 2015 tra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), sottoscritto da 192 Paesi, tra cui l'Italia, è stato siglato il primo accordo universale sul clima mondiale, nel quale è definito un piano d'azione globale, finalizzato al contenimento dei cambiamenti climatici attraverso la riduzione dell'incremento del riscaldamento globale;
sul versante dell'Unione europea sono state intraprese molteplici iniziative orientate all'individuazione di un'azione di politica climatica concreta e lungimirante finalizzata alla definizione di adeguate misure di adattamento per ridurre e gestire i rischi connessi ai cambiamenti climatici. Nel 2009 con il libro bianco "Adattarsi ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo", la Commissione europea ha richiesto agli Stati membri di elaborare le rispettive strategie di adattamento nazionale. Nel 2013 con l'adozione della "Strategia europea per i cambiamenti climatici" e con le successive conclusioni del Consiglio europeo del 13 giugno 2013 "Una strategia europea di adattamento al cambiamento climatico" è stato richiesto agli Stati membri di avviare una revisione del concetto di vulnerabilità, di rivedere le soglie critiche di rischio a livello nazionale e di misurare le proprie capacità di resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici attraverso politiche basate su un approccio locale e un determinante coinvolgimento di tutti gli interlocutori socio-economici;
in questa prospettiva è stata adottata nel 2015 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNAC), il cui obiettivo principale è quello di elaborare una visione nazionale sui percorsi comuni da intraprendere per far fronte ai cambiamenti climatici contrastando e attenuando i loro impatti, attraverso l'individuazione di azioni e di percorsi finalizzati alla riduzione dei rischi correlati ai cambiamenti climatici; nel 2016 è stata avviata la definizione del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC) al fine di sostenere l'attuazione della SNAC;
l'obiettivo della "carbon neutrality" da raggiungere entro il 2050 rappresenta una priorità: sebbene questa prospettiva rientri tra gli obiettivi proposti dalla Commissione europea, la mancata approvazione del Consiglio europeo può rappresentare un limite nella direzione della 25esima conferenza delle parti dell'United Nations framework convention on climate change (Cop25 Unfccc) del dicembre 2019;
si evidenzia come la Commissione ambiente del Parlamento europeo abbia sollecitato la UE a veicolare in sede di Cop25 Unfccc "La sua strategia a lungo termine per raggiungere la climate neutrality al più tardi nel 2050", al fine di consentire il mantenimento in capo alla UE della "leadership mondiale in materia di lotta contro il cambiamento climatico";
si ritiene opportuno promuovere, in tutte le sedi, anche europee, la ricerca in materia di innovazione tecnologica e di sviluppo del gas naturale senza emissione di anidride carbonica, come anche autorevolmente sostenuto da eminenti scienziati tra i quali il senatore a vita Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica;
si sottolinea, inoltre, come uno degli effetti più evidenti del cambiamento climatico si rintracci nella progressiva riduzione della disponibilità idrica a cui corrisponde, di contro, un incremento della variabilità estrema delle dinamiche dei volumi di acqua dei bacini fluviali e lacuali: le conseguenze correlate a questa variabilità sono da rintracciarsi nella compromissione della sicurezza del territorio unitamente ad un'alterazione dei ritmi di produzioni, soprattutto di alcune specie ittiche, e di effetti deleteri sulla produzione agricola in ragione della difficoltà di accesso agli approvvigionamenti, con inevitabili danni agli ecosistemi e progressiva perdita di biodiversità;
si evidenzia, inoltre, che l'incremento delle temperature determina l'aumento del rischio di desertificazione, da cui attualmente è interessato un quarto della superficie terrestre, e che l'inaridimento caratterizzato da carenza di piogge e da alte temperature riguarda circa il 47 per cento delle terre emerse;
tra le conseguenze dei cambiamenti climatici si annoverano la crescita del livello del mare, aumentato nell'ultimo secolo di 10-25 centimetri e che sembra possa aumentare di altri 88 centimetri entro il 2100, la perdita di biodiversità, perché molte specie animali non saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti del clima con la rapidità necessaria, una maggiore diffusione di malattie e problemi nella produzione alimentare;
molteplici sono i rischi anche per la produzione agricola, che subisce gli effetti delle variazioni climatiche estreme con il conseguente susseguirsi di carestie: la FAO ha rilevato che entro il 2080 ci sarà una perdita di oltre 10 per cento della superficie coltivabile nei Paesi in via di sviluppo, con riduzione della produzione di cereali e il conseguente aumento della fame nel mondo;
a tal riguardo si rileva come l'impasse climatica ed il continuo avvicendarsi di fenomeni atmosferici estremi stia mettendo in evidenza in tutta la sua drammaticità il crescente rischio idrogeologico strettamente connesso alla configurazione territoriale ed infrastrutturale italiana: il susseguirsi di eventi di attualità mettono in luce, ancora di più rispetto al passato, le gravissime carenze strutturali presenti nel nostro Paese per quanto riguarda il dissesto idrogeologico del territorio;
quanto verificatosi il 24 novembre 2019 con il crollo di una porzione di 30 metri del viadotto Torino-Savona, a causa di una frana distaccatasi dal monte che fiancheggia il viadotto, rappresenta la conferma, allarmante e drammatica, dell'emergenza idrogeologica che condiziona il nostro Paese, il cui patrimonio infrastrutturale è palesemente incapace di fronteggiare gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici in corso; dinanzi a questo scenario e ai continui rischi cui è esposto il Paese appare non più rinviabile la pianificazione di un monitoraggio ed una mappatura completa delle zone a rischio, attraverso il coinvolgimento di istituzioni competenti, enti locali ed esperti al fine di rivolgere ai siti interessati, opportunamente studiati ed analizzati, specifici interventi strutturali, risolutivi e sistemici, che non si risolvano in misure tampone che rischiano di limitarsi alla gestione dell'emergenza in atto lasciando a se stesse tutte le altre situazioni a rischio del Paese;
sono evidenti, infatti, i danni provocati da frane, inondazioni e alluvioni, che deturpano una vasta percentuale del territorio nazionale: risultano più di 29.000 i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni i cittadini che vivono in insediamenti abitati in aree a rischio. Inoltre negli ultimi decenni l'intero patrimonio territoriale nazionale ha subito una progressiva riduzione delle aree naturali a vantaggio di un incremento degli insediamenti urbani e industriali, con incrementi vicini anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
si sottolinea pertanto che la capacità di consentire la gestione degli effetti dei cambiamenti climatici, già in atto e attesi a partire dal prossimo decennio, con le esigenze sociali, le istanze economiche e tecnologiche costituisca una sfida importante per la gestione delle risorse del nostro territorio, segnatamente in quelle aree dove la tenuta e la stabilità del suolo sono maggiormente in crisi;
la maggiore sensibilità per le tematiche ambientali e l'aspettativa di trasparenza e partecipazione da parte della società, da un lato, il rilevante peso degli usi produttivi delle risorse, dall'altro, uniti alla crescente e abbondante disponibilità d'informazioni prodotte da tecnologie di monitoraggio innovative e di modelli di previsione sempre più affidabili, sono elementi da considerare in modo coordinato, per indirizzare la governance del territorio, valorizzare in modo armonico le risorse locali e rendere più resilienti le comunità locali;
la complessità dello scenario richiede di affrontare le questioni evidenziate con una visione sistemica del territorio, che non si limiti ad affrontare la singola emergenza, ma che consenta una visione integrata, orientata ad una completa "gestione delle risorse" attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti direttamente coinvolti. Infatti, lo scenario in evoluzione impone l'individuazione di soluzioni ambiziose con il coinvolgimento di tutte le parti in un processo di pianificazione che consideri tutti gli interessi dei soggetti coinvolti, grazie anche al supporto di strumenti operativi e innovativi in grado di fornire informazioni quantitative, facilitando l'esplorazione delle possibili sinergie tra i vari stakeholder e delle azioni da compiere anche quotidianamente. In questa prospettiva, risultano esemplificativi i progetti SO-WATCH del Politecnico di Milano, che si propone di studiare le strategie di adattamento per la gestione delle risorse idriche in condizioni di cambiamento climatico e socio-economico, ed il progetto ADAPT cofinanziato dal Programma Interreg Italia-Francia Marittimo 2014-2020, che ha l'obiettivo di individuare strategie di adattamento delle città italiane e francesi dell'alto Tirreno alle conseguenze dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle alluvioni causate dalle cosiddette bombe d'acqua;
in tal senso non si può trascurare la necessità di evitare il consumo di nuovo suolo privilegiando modalità di intervento che ottimizzino l'impiego dei fattori "territorio e ambiente" in una prospettiva di sostenibilità e che siano, pertanto, anche volte al recupero e riconversione di siti industriali esistenti, cresciuti in numero e diffusione territoriale in funzione delle successive fasi di industrializzazione del secolo scorso e che oggi, invece, in ragione dei fenomeni di deindustrializzazione, presentano elevati livelli di contaminazione ambientale e di rischio per la salute dei cittadini;
appare non trascurabile l'analisi dell'impatto sulla salute degli eventi correlati ai cambiamenti climatici: secondo il rapporto "The Lancet countdown 2019: tracking progress on health and climate change", redatto da 120 esperti di 35 istituzioni accademiche internazionali e agenzie delle Nazioni Unite, con l'obiettivo di fornire elementi e strumenti più adeguati ai Governi affinché adottino politiche adeguate alle criticità connesse ai cambiamenti climatici, tra l'altro evidenzia la correlazione tra utilizzo di fonti fossili per la produzione di energia e peggioramento della qualità dell'aria, oltre alla correlazione tra l'incremento delle temperatura e diffusione di malattie infettive: con riferimento all'Italia, soltanto nel 2016 sono stati registrati 45.600 decessi prematuri a seguito dell'esposizione a Pm2.5, un dato tra i più alti in Europa;
inoltre è evidente la correlazione tra dinamiche di mercato e rispetto della sostenibilità ambientale sul versante economico-produttivo, infatti il carattere elevato dei volumi di prodotti importati da Paesi extra UE che non rispettano gli standard europei di tutela ambientale, oltre agli standard di salute e sicurezza sul lavoro, e la conseguente alterazione della concorrenza con effetto distorsivo sul mercato, sollevano molteplici quesiti circa la compatibilità di tali immissioni di prodotti nel mercato europeo con le misure di sostenibilità ambientale ed economico-sociale perseguite nella cornice europea. Su questo versante l'ipotesi di prevedere delle misure di contrasto all'importazione di prodotti da Paesi extra UE che non rispettano gli standard ambientali, salariali e di sicurezza vigenti in ambito europeo risulterebbe in linea con gli interventi strutturali di sostenibilità economico-sociale perseguiti, configurandosi anche come una misura di deterrenza verso quei Paesi che ancora sono sostenitori di ragioni ostative agli impegni a tutela ambientale contratti in sede internazionale;
l'assenza di una cultura ambientale nel nostro Paese che parta dalle scuole e che porti ad una sensibilizzazione crescente verso la tutela dell'ambiente ed il suo rispetto, verso la cultura del risparmio energetico, l'eliminazione degli sprechi e la mobilità sostenibile rappresentano un fattore ostativo all'evoluzione in chiave sostenibile della società: l'Italia è fanalino di coda in Europa, segnatamente per quanto riguarda la presenza di tali tematiche tra le materie oggetto di approfondimento e di insegnamento nelle scuole, infatti i programmi scolastici non affrontano in maniera adeguata e univoca questi temi fondamentali per le future generazioni, spesso affidati alla discrezionalità e sensibilità dei singoli insegnanti;
il 19 novembre 2019, la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria (1-00295) sulle iniziative a favore della città di Venezia alla luce dell'emergenza che ha interessato la città in queste ultime settimane che hanno contribuito a renderla metafora per eccellenza del rischio correlato ai mutamenti climatici e degli effetti devastanti di questo sugli insediamenti urbani: nella mozione, tra le altre cose, il Governo si è impegnato ad istituire nella città di Venezia un centro internazionale sui cambiamenti climatici, per valorizzare il patrimonio di conoscenze maturate da soggetti pubblici e privati al fine di renderlo riferimento per l'approfondimento e lo studio internazionale sui fenomeni legati ai cambiamenti climatici,
impegna il Governo:
1) a superare i generici impegni programmatici e cronologici in materia di lotta ai cambiamenti climatici e a definire quelle attività antropiche che contribuiscono, direttamente o indirettamente, all'incremento delle temperature con chiari indirizzi per una loro graduale diminuzione.
2) a promuovere la ricerca in materia di innovazione tecnologica e di sviluppo del gas naturale senza emissione di anidride carbonica;
3) ad adottare, anche con il coinvolgimento del Parlamento, iniziative volte all'attuazione degli impegni di cui agli accordi siglati in sede internazionale volti alla riduzione delle emissioni di gas serra e all'attuazione della progressiva transizione energetica verso la decarbonizzazione;
4) ad istituire nella città di Venezia un centro internazionale sui cambiamenti climatici, per valorizzare il patrimonio di conoscenze maturate da soggetti pubblici e privati, che porti avanti studi e ricerche sui temi della vulnerabilità e dell'adattamento ai cambiamenti climatici nell'ambito della salvaguardia della nazione, anche nel quadro del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC) di cui è importante e urgente completare l'elaborazione;
5) a promuovere l'impegno della UE per l'attuazione della carbon neutrality entro il 2050;
6) ad incentivare la ricerca scientifica in materia di adattamento climatico urbano, attraverso la sperimentazione di nuovi materiali e nuove tecnologie sul versante dell'edilizia nella prospettiva di ridurre i consumi energetici;
7) ad avviare un monitoraggio ed una mappatura completa delle zone e delle infrastrutture a rischio idrogeologico, attraverso il coinvolgimento di istituzioni competenti, enti locali ed esperti al fine di rivolgere ai siti interessati specifici interventi strutturali, risolutivi e sistemici, che non si risolvano in misure di gestione dell'emergenza che rischiano di limitarsi alle criticità in atto, lasciando a se stesse tutte le altre situazioni a rischio del Paese;
8) ad adottare tutte le misure necessarie per stanziare adeguate risorse per favorire la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e gli interventi a difesa del suolo, ivi inclusi quelli destinati alla lotta all'erosione costiera, sollecitando il rafforzamento e lo sviluppo delle attività di complesso monitoraggio del territorio nazionale;
9) a valutare l'opportunità di prevedere un corpo specialistico di Polizia ambientale a ordinamento civile con funzioni di tutela ambientale, delle foreste, del paesaggio e della biodiversità, come strumento attivo di tutela del patrimonio ambientale, nonché di prevenzione e di contrasto del rischio idrogeologico;
10) a promuovere una maggiore sensibilizzazione dei cittadini verso gli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo best practice tese alla tutela dell'ambiente e introdurre, nelle scuole di ogni ordine e grado, l'insegnamento dell'educazione ambientale;
11) a promuovere l'introduzione di dazi, inquadrabili come dazi di civiltà, su quei prodotti di importazione provenienti da Paesi extra UE che non rispecchiano gli standard di tutela ambientale, unitamente a quelli salariali e di salute e sicurezza sul lavoro, vigenti in ambito europeo, al fine di evitare un pericoloso dumping sociale e contrastare fenomeni di concorrenza sleale;
12) a valutare l'opportunità di promuovere progetti di ricerca orientati all'individuazione di strategie di adattamento per la gestione delle risorse naturali in condizioni di cambiamento climatico e socio-economico;
13) a predisporre un tavolo tecnico multilivello teso all'individuazione, al monitoraggio e all'approfondimento dei rischi per la salute dovuti al deterioramento ecosistemico e all'interrelazione di questo con il cambiamento climatico nella prospettiva di pianificare azioni volte al contenimento e alla sensibilizzazione della popolazione circa rischi sulla salute umana;
14) a farsi portavoce, nelle competenti sedi internazionali, dell'individuazione di regole e standard condivisi a livello globale finalizzati alla concreta e fattiva attuazione degli accordi siglati in sede internazionale.
(1-00199) (testo 2) (09 giugno 2020)
Bernini, Malan, Gallone, Berutti, Alfredo Messina, Papatheu, Aimi, Alderisi, Barachini, Barboni, Battistoni, Berardi, Biasotti, Binetti, Caliendo, Caligiuri, Cangini, Carbone, Causin, Cesaro, Craxi, Dal Mas, Damiani, De Poli, De Siano, Fantetti, Fazzone, Ferro, Floris, Galliani, Gasparri, Ghedini, Giammanco, Giro, Lonardo, Mallegni, Mangialavori, Masini, Minuto, Modena, Moles, Pagano, Paroli, Perosino, Pichetto Fratin, Rizzotti, Romani, Ronzulli, Rossi, Saccone, Schifani, Sciascia, Serafini, Siclari, Stabile, Testor, Tiraboschi, Toffanin, Vitali. -
Votata per parti separate. Approvata la parte evidenziata in neretto; respinta la restante parte
Il Senato,
premesso che:
nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Convenzione sul clima, UNFCCC), l'accordo ha compreso elementi per una riduzione progressiva delle emissioni globali di gas serra e si è basato, per la prima volta, su principi comuni validi per tutti i Paesi senza distinzione tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo;
uno degli obiettivi principali è stato quello di orientare i flussi finanziari privati e statali verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici; in particolare, sono stati decisi i criteri con cui misurare le emissioni di anidride carbonica e valutare le misure dei singoli Paesi;
l'Unione europea ha pertanto approvato il quadro di politica climatica ed energetica a orizzonte 2030 che definisce una serie di obiettivi chiave e misure di intervento per il periodo 2020-2030;
l'8 gennaio 2019, è stata resa nota la proposta di piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) inviata a Bruxelles dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
il piano è strutturato su 5 dimensioni: de-carbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell'energia, ricerca, innovazione e competitività;
il PNIEC contiene gli obiettivi "per l'energia e il clima" che gli Stati membri si impegnano a raggiungere entro il 2030; il documento dovrebbe anche indicare le politiche, le misure e le relative coperture economiche attraverso le quali, credibilmente, si intende raggiungere tali obiettivi;
si può cogliere questa possibilità, per programmare investimenti in grandi opere, come il treno ad alta velocità e l'ammodernamento della rete ferroviaria, che incrementano la competitività del Paese, tenendo presente l'impatto ambientale del trasporto su gomma, soprattutto per quanto riguarda le merci;
occorrono azioni per la rigenerazione delle grandi città in un'ottica di efficientamento energetico e della rete metro-ferro-tranviaria, un programma di gestione del ciclo dei rifiuti e in sinergia tra Stato e privati;
in questo quadro è fondamentale che la "transizione climatica" dell'Europa debba essere sostenibile da un punto di vista ecologico, economico e sociale e non possa prescindere, data la natura globale della questione, da una cooperazione a livello internazionale che coinvolga gli Stati americani e asiatici;
il 23 settembre 2019, si è svolto a New York un vertice ONU sull'azione per il clima che si è basato sulle azioni da intraprendere in 7 campi: transizione verso le energie rinnovabili, finanziamento della "azione climatica" e della tariffazione del carbonio, riduzione delle emissioni dell'industria, ricorso a soluzioni "basate sulla natura", città sostenibili e azioni a livello locale, resilienza al cambiamento climatico;
dal 2 al 13 dicembre 2019 si è svolta a Madrid la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop25);
le priorità indicate dalla presidenza cilena della Cop25 sono state le seguenti: energie rinnovabili; elettro-mobilità; estrazione mineraria verde; economia circolare; oceani; foreste e agricolture resistenti al cambiamento climatico; città sostenibili e infrastrutture resistenti; finanza climatica;
tuttavia, nonostante i buoni auspici iniziali, il vertice non ha prodotto i risultati sperati dai suoi proponenti tanto che il presidente delle Nazioni Unite, António Guterres, avrebbe detto di essere "contrariato" per l'esito della venticinquesima conferenza mondiale sul clima;
il negoziato tra i Paesi partecipanti alla conferenza sembrerebbe essersi arenato intorno alle regole da costruire all'articolo 6 del Trattato di Parigi, che prevede diversi meccanismi volti a ridurre le emissioni cumulative di anidride carbonica, tra cui in particolare un nuovo mercato internazionale del carbonio (carbon market) per favorire lo scambio di quote di anidride carbonica tra diversi Paesi; quindi, sulle regole per il mercato dell'anidride carbonica non si sono fatti progressi;
se da una parte i Paesi di Asia, Africa, America del Sud e quelli in via di sviluppo rimproverano ad Occidente e Stati Uniti le loro responsabilità storiche sul fronte delle emissioni, sostenendo che dovrebbero fare molto di più anche dal punto di vista finanziario per sorreggere i più colpiti, dall'altra gli Stati Uniti d'America non hanno mai firmato il protocollo di Kyoto del 1997, e a breve usciranno dagli accordi di Parigi 2015;
purtroppo, senza un vero accordo tra gli Stati Uniti d'America e la Cina (sono rispettivamente il primo emettitore pro capite di anidride carbonica e il primo quanto a valore assoluto) è evidente che molto poco si riuscirà a fare (all'Europa fa capo solo il 9-10 per cento delle emissioni mondiali di gas serra);
definire un mercato del biossido di carbonio su scala globale è tutt'altro che semplice e richiederebbe una cooperazione tra Paesi assai maggiore in confronto a quella dimostrata nel vertice spagnolo;
in questo quadro il nostro Paese ha responsabilità importanti per gli anni a venire e non si può nascondere che, prima di interrompere l'utilizzo dell'energia derivata da fonti fossili, bisognerebbe prevedere un grande piano di investimenti volti a riconvertire gli impianti verso un'economia verde e a puntare su nuove fonti di approvvigionamento;
un esempio emblematico è costituito dalla Sardegna che ha attive due centrali carbonifere importanti, una nel nord dell'isola, in provincia di Sassari, e l'altra nel Sulcis Iglesiente, in provincia di Cagliari;
se si prende in considerazione il fatto che il progetto del metanodotto in Sardegna non è ancora avviato, l'isola rischierebbe nel giro di pochi anni un black out dovuto alla mancanza di fonti di approvvigionamento alternative;
l'Italia nei prossimi anni dovrà necessariamente puntare su un diverso modello energetico più incentrato sul risparmio, l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, partendo dalla generazione distribuita in piccoli impianti alimentati sempre più da energie rinnovabili allacciate a reti intelligenti (smart grid) integrate con efficaci sistemi di accumulo;
si rende inoltre necessario avviare urgentemente un percorso virtuoso che porti al più presto alla creazione di un sistema di riciclo dei rifiuti che non possa in alcun modo prescindere dalla realizzazione di termovalorizzatori per la produzione e l'accumulo di energia termica oltre che dalla generazione di energia da biogas;
un sistema coordinato e bilanciato di riciclo e termovalorizzazione consentirebbe al nostro Paese di ottenere un'autonomia energetica con evidenti benefici per le industrie di manufatti, che vedrebbero diminuire sensibilmente il loro costo di produzione, e per i consumatori finali che usufruirebbero del prodotto finito ad un costo più basso;
secondo dati pubblicati dall'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel 2016, la quantità totale di rifiuti speciali esportata è stata pari a 3,1 milioni di tonnellate; i maggiori quantitativi di rifiuti sono stati destinati in Germania e in Cina, rispettivamente 850.000 e 260.000 tonnellate;
una gestione corretta del ciclo dei rifiuti può dunque trattenere o attirare ricchezza all'interno di un Paese, evitando così le spese legate al trasporto e ai costi di smaltimento all'estero. Inoltre, considerando che dai rifiuti è possibile ricavare energia termica ed elettrica in parte rinnovabile potrebbero ricavarsi ulteriori vantaggi;
superare l'emergenza rifiuti in grandi agglomerati urbani come Roma e Napoli, per proiettarli verso un circuito virtuoso ed efficiente di gestione, deve rappresentare una delle maggiori priorità di un Paese civile,
impegna il Governo:
1) a farsi carico tra i Paesi partecipanti alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima dell'adozione di un codice che esiga un livello elevato di trasparenza, con solide norme vincolanti per tutte le parti e regole chiare, che non penalizzino in modo irragionevole gli Stati membri e in particolare l'Italia, conciliando sviluppo industriale e scelte ecologiche, al fine di misurare accuratamente i progressi e consolidare la fiducia tra le parti che partecipano al processo internazionale;
2) ad adoperarsi in sede europea e internazionale affinché sia intrapresa ogni azione per giungere ad un vero accordo che includa tutti i Paesi dove maggiori sono le emissioni di gas serra;
3) a proseguire l'impegno affinché l'Europa, sul tema dell'emergenza climatica , sia unita nel portare avanti la propria strategia, al fine di essere più incisiva durante il confronto con gli altri Paesi;
4) a garantire il completamento del capacity market, finalizzato ad una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento ed il sostegno alla fonte idroelettrica rinnovabile e programmabile al tempo stesso;
5) a proseguire le politiche finalizzate alla realizzazione di un nuovo modello energetico-ambientale fondato sull'efficienza dei consumi energetici nell'edilizia, nell'industria e nei trasporti, attraverso la digitalizzazione delle reti, la diffusione della mobilità elettrica, lo sviluppo di tecnologie elettro-efficienti in ambito residenziale e sviluppo delle fonti rinnovabili, nonché l'attuazione dei principi dell'economia circolare;
6) a creare un sistema coordinato e bilanciato di riciclo e ad avviare un piano per la costruzione di termovalorizzatori, al fine di consentire al nostro Paese di ottenere un'autonomia energetica con i benefici che di conseguenza verrebbero generati.
(1-00244) (testo 3) (09 giugno 2020)
Briziarelli, Arrigoni, Bruzzone, Pazzaglini, Testor, Romeo, Pergreffi, Bergesio. -
Votata per parti separate. Approvata la parte evidenziata in neretto; respinta la restante parte.
Il Senato
premesso che:
nel corso dei millenni il clima del nostro pianeta ha subìto l'alternanza di periodi caldi e freddi, siccitosi ed estremamente piovosi, e negli ultimi anni, le alterazioni climatiche e gli squilibri che ne derivano hanno subito un'accelerazione significativa in diverse parti del mondo, andando ad incidere sull'innalzamento della temperatura del pianeta, con una serie di drammatiche conseguenze, tra cui lo scioglimento dei ghiacciai, l'innalzamento del livello dei mari, gli eventi atmosferici estremi sempre più frequenti ed intensi, gli impatti su flora e fauna e sui servizi ecosistemici, che richiamano la necessità dell'intervento incisivo dell'uomo fondato su avanzate tecnologie e comprovate evidenze scientifiche, che possano ridurre l'impatto dell'attività umana sul clima e sull'ambiente;
per far fronte a queste emergenze, è necessario prima di tutto analizzare le tematiche in modo cosciente e analitico, al fine di poter proporre soluzioni realistiche e opportune, e prendere delle decisioni rapide ed efficaci;
tuttavia i nostri sono tempi in cui le informazioni circolano prevalentemente via social network o per mezzo dei mass media, il che rappresenta una pericolosa arma a doppio taglio: una enorme quantità di informazioni di livello qualitativo molto basso che porta a distinguere con fatica il vero dal falso, la realtà dall'allarmismo e dal negazionismo, entrambi potenzialmente dannosi. È fondamentale quindi stimolare una coscienza critica e la capacità di analisi e di lettura della realtà e dei fatti che ci circondano per evitare di restare vittime di slogan ideologici senza fondamento;
la politica dell'Unione europea in merito al cambiamento climatico mira ad un livello di tutela elevato, tenendo conto della diversità delle varie regioni dell'Unione e nel predisporre la sua politica, l'Unione tiene conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni dell'Unione, dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione e dello sviluppo socioeconomico dell'Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni;
a seguito del pacchetto legislativo, cosiddetto Clean Energy Package adottato dalle Istituzioni europee tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019 che fissa il quadro regolatorio della governance dell'Unione per l'energia e il clima funzionale al raggiungimento dei nuovi obiettivi europei al 2030 in materia e al percorso di decarbonizzazione entro il 2050, ciascun Stato membro è stato chiamato a predisporre un proprio Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) per contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri target al 2030 e il Governo italiano lo scorso gennaio ha inviato il proprio PNIEC per gli anni 2021-2030 alle Istituzioni europee, a seguito di una interlocuzione intercorsa con le istituzioni nazionali ed europee ed una consultazione pubblica, con obiettivi sfidanti in termini di maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili, di maggiore efficienza energetica e minori emissioni di gas serra;
a dicembre 2019 la Commissione europea ha raccolto la sfida di rendere sostenibile l'economia dell'Unione europea presentando con il "Green New Deal" un pacchetto di misure inteso a rendere l'Europa il primo continente industrializzato climaticamente neutro al 2050;
il Green New Deal si pone l'obiettivo di trasformare le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità, in tutti i settori politici e favorire la transizione equa e inclusiva per tutti e rilanciare l'economia attraverso un approccio "verde, sociale e digitale per costruire un futuro più sostenibile";
con la proposta "NExt Generation EU", presentata il 27 maggio 2020 al Parlamento europeo, la Commissione propone un piano da 750 miliardi per stimolare l'economia insieme alla nuova proposta per un bilancio più consistente per il periodo 2021-2027 per un massiccio piano di ripresa e ricostruzione che abbia al centro il Green Deal per stimolare l'economia e contrastare il cambiamento climatico ed i suoi impatti;
presso la Commissione europea è in corso di predisposizione una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il fondo per una transizione giusta,
impegna il Governo:
01) ad approvare in tempi brevi i decreti necessari a dare concreta ed immediata attuazione alle norme in materia ambientale già in vigore, nonché dare corso alle iniziative già avviate dal Governo;
1) a proseguire nell'azione di sostegno allo sviluppo sostenibile ambientale, economico e sociale, che individui le opportunità economiche in termini di nuova occupazione e competitività, sostenendo anche finanziariamente le aziende che manifestano l'intenzione di effettuare una transizione green e garantendo alle imprese tempi realistici e sostenibili, con obiettivi stabili a lungo termine;
2) a promuovere e a collaborare a livello mondiale per il raggiungimento degli obiettivi dell'Accordo di Parigi, adottando le misure necessarie per il sostegno alle imprese nazionali dei Paesi che hanno sottoscritto l'Accordo stesso, impegnate nel perseguimento degli obiettivi;
3) a coinvolgere, nell'ambito della realizzazione del "Green new deal", le forze imprenditoriali ed economiche, le Università e gli enti di ricerca ed anche le istituzioni territoriali, le forze ambientaliste e sociali disposte a lavorare insieme per vincere le sfide ambientali, economiche, occupazionali e sociali e dar vita a una serie di programmi nazionali, implementando e rafforzando le iniziative per:
3a) attuare, in coerenza con il PNIEC, una reale e duratura transizione energetica e per ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori produttivi, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo e l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, lo sviluppo del trasporto pubblico e delle forme di incentivazione al suo utilizzo, l'incremento delle buone pratiche colturali per l'abbattimento della CO2 (ad esempio riforestazione e verde urbano), al fine del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e il progressivo superamento della dipendenza dai combustibili fossili, arrivando ad un cambio di direzione in tutti i settori dell'economia tale da consentire in tempi certi e congrui, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, senza penalizzare i vari settori;
3b) per realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici, con attenzione alle specificità dei singoli territori, ed in particolare sugli impatti relativi all'acqua ed all'assetto idrogeologico in accordo con le rispettive Regioni;
3c) per realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico ed alla sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati, messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di tutela dei beni paesaggistici e degli ecosistemi, di valorizzazione e salvaguardia dell'agricoltura di qualità, di rigenerazione urbana delle città con particolare attenzione alla gestione delle acque e la riduzione dell'effetto di riscaldamento urbano, di tutela dei beni culturali;
3d) per accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti al recupero di materia ed energia, sia attraverso un rapido recepimento del «pacchetto economia circolare», sia attraverso il conseguente e necessario efficientamento e completamento di un sistema impiantistico efficace ed uniforme sull'intero territorio nazionale;
4) a proseguire l'azione di sensibilizzazione su larga scala volta a creare una coscienza ecologica consapevole anche attraverso l'incentivazione di azioni green;
5) a promuovere la riscoperta, nelle generazioni odierne e future, del senso civico e ambientale che si è andato a perdere negli ultimi decenni, provvedendo all'immediata attuazione della legge n. 92 del 2019, che, all'articolo 3, incarica il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di definire linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica, che individuino, ove non già previsti, specifici traguardi per lo sviluppo delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento, assumendo a riferimento una serie di tematiche, tra cui «Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015» ed «educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale»;
6) a rafforzare le iniziative per stimolare la coscienza critica dei cittadini e, soprattutto, dei giovani e le capacità di analisi e di lettura della realtà che ci circonda, attraverso un'attenta ed intelligente attività di prevenzione;
7) ad assumere iniziative, anche legislative, al fine di garantire la chiarezza e la certezza dei procedimenti amministrativi, nell'ottica del pieno perseguimento degli obiettivi del PNIEC, per dare certezza agli investimenti, anche in ricerca e sviluppo, e agli operatori, valutando l'opportunità di adottare eventuali misure di defiscalizzazione per gli investimenti in campo ambientale e programmare risorse pubbliche per la realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità, anche utilizzando a tal fine le risorse straordinarie stanziate dall'Unione europea;
8) ad adottare iniziative per allineare la normativa italiana alle direttive europee del «pacchetto economia circolare», tenendo presente che in fase di recepimento vanno sostenute iniziative di cittadini, enti territoriali e aziende capaci di garantire l'eco-design dei prodotti, l'impiego dei prodotti ed il fine vita del rifiuto;
9) ad agire in sede europea con l'obiettivo di perseguire una transizione equa che garantisca il raggiungimento e l'efficacia degli obiettivi fissati, tenendo conto degli sforzi sostenuti dal Paese Italia .