Senato della Repubblica - 1-00220 - Mozione sulla direttiva 2008/50/CE che stabilisce gli obbiettivi di qualità dell' aria e dell' ambiente specificandone le modalità per eventuali azioni correttive in caso di mancato rispetto delle norme.

Senato della Repubblica - 1-00220 - Mozione presentata il 20 febbraio 2020.

 - Il Senato,

premesso che:

la direttiva 2008/50/CE, recepita da nostro Paese con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, stabilisce gli obiettivi di qualità dell'aria volti a migliorare la salute dell'uomo e la qualità dell'ambiente fino al 2020, e specifica inoltre le modalità per valutare tali obiettivi e assumere eventuali azioni correttive in caso di mancato rispetto delle norme;

il decreto legislativo n. 155 del 2010 assegna alle Regioni il compito di svolgere le attività di valutazione e di pianificazione volte a conoscere il contesto nazionale e ad identificare le misure più efficaci per il rispetto dei valori di qualità dell'aria e ad assicurarne l'attuazione;

la Corte costituzionale con la sentenza n. 141 del 2014 ha ricondotto la tutela della qualità dell'aria alla materia della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", per la quale lo Stato ha la competenza esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della nostra Carta costituzionale;

in relazione alla direttiva 2008/50/CE l'Unione europea ha aperto nei confronti dell'Italia due procedure di infrazione (n. 2014/2147 e n. 2015/2143) legate al superamento, in alcune zone, dei valori limite di biossido di azoto e di polveri sottili (Pm10);

riguardo alla prima infrazione, la Commissione europea ha presentato ricorso il 13 ottobre 2018 presso la Corte di giustizia dell'Unione europea per fare dichiarare l'Italia inadempiente, in quanto la medesima Commissione ha ritenuto che i dati ottenuti sulla concentrazione di Pm10 nell'aria dimostrano una violazione sistematica e continuata;

con la seconda procedura di infrazione, la Commissione europea ha contestato al nostro Paese la violazione di una serie di disposizioni sulla qualità dell'aria, con riferimento alla situazione esistente, in diversi "agglomerati" e "zone" del territorio italiano, in ordine alle concentrazioni di biossido di azoto nell'aria;

eventuali sentenze di condanna della Corte di giustizia potrebbero imporre costi economici di entità molto rilevante, nonché la possibile riduzione dei fondi strutturali per l'Italia;

il Governo ha emanato il decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, "decreto clima", convertito, con modificazioni, della legge 12 dicembre 2019, n. 141, recante una serie di misure che non hanno alcuna visione organica e che toccano i temi più svariati, come il trasporto scolastico sostenibile, le attività di rimboschimento, l'informazione e la formazione ambientale, la piantumazione urbana, il "buono mobilità", riservato ai rottamatori di auto fino a "euro 3" e di motorini a due tempi;

nonostante i buoni proclami, il nostro Paese risulta essere ancora del tutto carente sul fronte delle misure per la lotta allo smog;

gli ultimi preoccupanti dati pubblicati dall'Agenzia europea per l'ambiente (AEA) nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria indicano l'Italia come primo Paese UE per morti premature da biossido di azoto e nel gruppo di quelli che sforano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici; come riportato nei report dell'AEA, nel nostro Paese le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono oltre 60.000 all'anno;

complessivamente, nella UE a 28 Paesi lo smog è responsabile di 372.000 decessi prematuri, in calo dai 391.000 del 2015;

l'Italia fa parte dei Paesi con la qualità dell'aria peggiore, tanto che il 98 per cento dei bambini è esposto a livelli troppo alti di polveri ultrasottili;

una ricerca del 2018 commissionata dall'European public health alliance (EPHA), riporta che ogni anno gli effetti dell'inquinamento atmosferico dovuto al traffico sulla salute dei contribuenti europei causa almeno 70 miliardi di euro di danni. La grande maggioranza dei costi viene sostenuta dai contribuenti attraverso i servizi sanitari finanziati dal governo. Tali costi in realtà potrebbero essere ridotti dell'80 per cento entro il 2030 se venissero intraprese azioni ambiziose per limitare l'inquinamento atmosferico;

una delle aree maggiormente interessate dalla cattiva qualità dell'aria è sicuramente quella del bacino padano, che costituisce la zona con maggiori criticità riguardo al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria;

il 23 gennaio 2020, Legambiente ha presentato il suo rapporto "Mal'aria 2019", il dossier annuale che monitora l'inquinamento delle nostre città;

in tale rapporto emerge che nel 2018 in 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l'ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l'ozono); in 24 dei 55 capoluoghi, il limite è stato superato per tutti e due i parametri;

tutto ciò determina un danno economico, stimato sulla base dei costi sanitari, che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all'anno;

come confermato anche dall'ISPRA, i trasporti stradali rappresentano una delle principali fonti di emissioni di inquinanti atmosferici nelle aree urbane. Si ricorda peraltro che il nostro Paese è uno tra quelli europei con il più alto tasso di motorizzazione (con una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti) e questo è anche conseguenza dell'insufficiente trasporto pubblico nelle aree urbane;

a poco servono i blocchi, più o meno parziali, della circolazione per i mezzi più inquinanti che vengono periodicamente decisi dalle diverse amministrazioni comunali;

in queste settimane alcune amministrazioni, come per esempio Roma o Torino, hanno previsto il blocco addirittura dei recentissimi diesel "euro 6", ossia vetture che rispettano in pieno le ultime normative europee in materia di emissioni, ed emettono meno di anidride carbonica rispetto a gran parte dei motori a benzina; la decisione di alcune amministrazioni comunali di fermare le nuovissime diesel euro 6 è un atto incomprensibile, soprattutto se a questo blocco corrisponde la libera circolazione di altri autoveicoli (non solo privati ma anche di trasporto pubblico) ben più vecchi e inquinanti;

devono essere messe in campo ben altre cifre per favorire e investire sulla mobilità pubblica nelle aree urbane con particolare riguardo a quella elettrica e su rotaia, sul trasporto pubblico regionale, fino ad arrivare alla necessaria riqualificazione degli edifici pubblici per quanto riguarda l'efficientamento energetico;

il nostro Paese continua a non avere un efficace programma di contrasto all'inquinamento atmosferico e una integrata strategia anti smog;

non risulta che l'Italia abbia ancora presentato il programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico (NAPCP), secondo quanto previsto dalla direttiva sui limiti nazionali di emissione entrata in vigore alla fine del 2016 (direttiva (UE) 2016/2284);

nel 2015 era stato siglato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dalla Conferenza delle Regioni e dall'ANCI un protocollo di intesa volto a migliorare la qualità dell'aria, con interventi prioritari nelle città metropolitane maggiormente inquinate. Successivamente, il 4 giugno 2019, Governo e Regioni hanno sottoscritto il "protocollo aria pulita", nel quale vengono individuate misure da porre in essere nel breve e medio periodo per contrastare l'inquinamento atmosferico in Italia: iniziative importanti e che vanno nella giusta direzione, ma insufficienti a cominciare dalle risorse assegnate;

uno studio del Politecnico di Milano sull'impatto sulla qualità dell'aria urbana da parte delle principali fonti di inquinamento attesta che gli impianti termici per il riscaldamento domestico hanno un'incidenza sul totale delle emissioni di anidride carbonica in ambito urbano che è fino a 6 volte superiore rispetto all'incidenza del traffico veicolare;

il presidente dell'Anaci di Milano (Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari) ha recentemente lanciato l'allarme relativo alla mancata sostituzione di impianti di riscaldamento obsoleti e fuori norma;

è necessario favorire ulteriormente la sostituzione dei vecchi apparecchi con quelli di nuova generazione che abbattono le emissioni fino all'80 per cento;

proprio riguardo al riscaldamento degli edifici, è necessaria un'accelerazione riguardo alla sostituzione di energie fossili con energie rinnovabili, e tra queste le biomasse legnose;

le biomasse legnose (ancora oggi legna e pellet) rappresentano, con più del 21 per cento, la seconda fonte di riscaldamento delle famiglie del nostro Paese;

tali biomasse, da un lato, sono accusate di essere tra le cause di inquinamento e, dall'altro, sono ritenute fondamentali perché rappresentano la prima fonte di energia rinnovabile. In realtà più che le biomasse legnose, ad inquinare è l'utilizzo ancora molto diffuso di apparecchi vecchi;

i dati parlano di quasi il 60 per cento di stufe a legna o pellet con oltre 5 anni e il 18 per cento con più di 10 anni. Tutto questo mentre, come ricorda il coordinatore dell'Associazione italiana energie agroforestali, la tecnologia ha fatto passi da gigante: "Rottamare le vecchie stufe a legna e pellet è fondamentale nella lotta all'inquinamento, è come passare da un'auto Euro 0 a un'auto Euro 6";

la sostituzione di energie fossili con energie rinnovabili come le biomasse legnose è e resta una scelta irreversibile;

le misure da mettere in atto per il contrasto all'inquinamento atmosferico hanno effetti positivi diretti sulla lotta al cambiamento climatico. Questo impone soluzioni coordinate sia sul piano industriale sia per gli usi civili e richiede modelli di sviluppo nuovi, in grado di affrontare realtà diverse e armonizzarle in direzione di un comune obiettivo di crescita socio-economica e di compatibilità ambientale;

per ridurre l'inquinamento dell'aria è altresì necessario accelerare verso un'economia capace di ridurre sempre di più le immissioni in atmosfera valorizzando maggiormente riutilizzo e il riciclo, e implementando fortemente la dotazione di impianti di ciascun ente territoriale indispensabile a consentire la chiusura del ciclo dei rifiuti superando un deficit degli impianti intollerabile;

un'inchiesta de "Il Sole-24 ore" mostra come siano più di 200.000 i camion, fra tir e compattatori, necessari ogni anno per trasportare i rifiuti prodotti dalle regioni che non hanno abbastanza impianti per smaltirli, e che per questo motivo li destinano alle discariche o ai termovalorizzatori situati in altre regioni o all'estero;

la tassa sull'immondizia aumenta dove mancano i siti di trattamento. Questa quotidiana migrazione di veicoli necessari a esportare l'immondizia e il costo crescente della tassa rifiuti per le famiglie, misurano gli effetti del "no ad ogni costo" alla realizzazione degli impianti necessari a smaltire i rifiuti,

impegna il Governo:

1) ad incrementare decisamente le risorse economiche, attualmente insufficienti, finalizzate ad un efficace piano nazionale contro l'inquinamento atmosferico che consenta realmente di finanziare misure strutturali in grado di ridurre sensibilmente le concentrazioni di inquinanti presenti nell'aria;

2) ad incrementare le risorse per accelerare la realizzazione delle infrastrutture e colonnine di ricarica adibite alla ricarica dei veicoli elettrici, con particolare riguardo alle aree urbane;

3) a prevedere l'esenzione dal pagamento della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche qualora in dette aree siano ubicate le medesime colonnine di ricarica elettrica;

4) a favorire realmente una mobilità sostenibile, anche attraverso un improcrastinabile ricambio degli autoveicoli per il trasporto pubblico a disposizione degli enti locali, mediamente ormai troppo vecchio e fortemente inquinante, quale strumento di abbattimento dei livelli di smog sicuramente più efficace dei blocchi sempre più frequenti della circolazione decisi da alcune amministrazioni comunali, e che vedono coinvolti anche autoveicoli di ultima generazione immatricolati nel pieno rispetto delle ultime normative europee in materia di emissioni;

5) a prevedere agevolazioni e misure di vantaggio anche per chi acquista autoveicoli bifuel a gpl e a metano, in quanto in grado di incidere sensibilmente di meno, rispetto alla benzina e al diesel, sui livelli di inquinamento atmosferico;

6) a prevedere un efficace piano di investimenti finalizzato a favorire e ad implementare sensibilmente il trasporto di persone e merci su rotaia;

7) a prevedere ulteriori risorse e benefici fiscali al fine di accelerare la sostituzione degli impianti di riscaldamenti degli edifici pubblici e privati, con quelli di ultima generazione in grado di ridurre le emissioni fino all'80 per cento;

8) ad avviare una campagna informativa volta a far conoscere i benefici fiscali attualmente esistenti connessi alla sostituzione di vecchie caldaie con quelli di ultima generazione e il relativo conseguente risparmio sulla bolletta elettrica;

9) a prevedere le opportune iniziative volte ad aumentare sensibilmente i territori raggiunti dalla rete nazionale dei gasdotti favorendo così la metanizzazione di tante aree non servite e agevolando conseguentemente la sostituzione degli impianti a gasolio con quelli alimentati a metano combustibile decisamente meno inquinante;

10) ad adottare le opportune iniziative volte ad accrescere la dotazione degli impianti di trattamento dei rifiuti, attualmente del tutto inadeguata in troppe aree del nostro Paese, al fine di garantire un'efficace gestione territoriale del ciclo integrale dei rifiuti, consentendo, tra l'altro, una sensibile riduzione del quotidiano trasporto di tonnellate di rifiuti prodotti ma conferiti dai camion in impianti o discariche di altre regioni, con quello che ciò comporta in termini di riduzione di anidride carbonica. (1-00220)

 

 

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