Senato della Repubblica – 4-04235 – Interrogazione sulla piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l' interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi a pagamento abilitati, attraverso il sistema "PagoPA".
Senato della Repubblica – 4-04235 – Interrogazione a risposta scritta presentata il 14 ottobre 2020.
- Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze e per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. - Premesso che:
l'articolo 5 del decreto legislativo n. 82 del 2005 (codice dell'amministrazione digitale), come modificato dal decreto legislativo n. 179 del 2016 e dal decreto-legge n. 162 del 2019, prevede, in capo alle pubbliche amministrazioni e ai gestori di servizi pubblici (comprese le società quotate) e delle società a controllo pubblico, l'obbligo di accettare, tramite "la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi a pagamento abilitati", i pagamenti, spettanti a qualsiasi titolo, attraverso sistemi di pagamento elettronico;
in attuazione di tali previsioni l'Agenzia per l'Italia digitale ha realizzato il sistema "PagoPA", la cui gestione (come si legge sul sito web istituzionale), è trasferita (in particolare, per effetto dell'articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018), in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri che si avvale del commissario straordinario per l'attuazione dell'agenda digitale, disponendo altresì la costituzione di una società per azioni partecipata dallo Stato, che opererà sotto l'indirizzo del Presidente del Consiglio dei ministri;
il sito istituzionale del sistema PagoPA descrive tale sistema come "la piattaforma digitale che consente ai cittadini di pagare in modo più naturale, veloce e moderno e che solleva le amministrazioni dai costi e dai ritardi dei metodi di incasso tradizionali", con l'obiettivo di "permettere al cittadino di scegliere metodi di pagamento moderni, a minima frizione, e al mercato di poter integrare lo strumento, aggiungendo facilmente nuovi strumenti i pagamento innovativi, rendendo il sistema più aperto e flessibile";
in drastico contrasto con tali entusiastiche rappresentazioni di uno strumento presentato al pubblico e ai cittadini quale innovativa forma di semplificazione amministrativa e burocratica, dall'applicazione pratica è emerso molto rapidamente come non soltanto per i contribuenti il ricorso a tale sistema non determini alcun tipo di beneficio in termini di semplificazione o di riduzione delle tempistiche dei versamenti, ma abbia determinato, piuttosto, un aggravio economico, spostando costi e oneri, che precedentemente all'entrata in vigore e in operatività di tale sistema erano sostenuti dalla pubblica amministrazione, direttamente sulle transazioni e singole operazioni eseguite e, dunque, direttamente nelle tasche dei contribuenti;
si tratta di un'operazione ampiamente discussa e fortemente dibattuta nel Paese, anche perché debitamente descritta da autorevoli organi di informazione, rispetto alla quale, in un tentativo giustificativo o chiarificatore comunque poco convincente, PagoPA ha formulato, tra le "domande frequenti di carattere generale" pubblicate sul sito web istituzionale, tre distinti quesiti (precisamente, il quesito A14: "Perché con pagoPa sembra di pagare di più?", A15: "Perché devo pagare le commissioni?", A16: "Perché con pagoPA si dovrebbero ridurre le commissioni?");
in risposta a tali quesiti, tra le motivazioni giustificative addotte, si legge che mentre con altre modalità il costo delle commissioni ricadrebbe in modo indiretto sulla fiscalità generale, configurando un costo nascosto, con l'attuale sistema tale costo sarebbe semplicemente esplicitato: un meccanismo che, sempre secondo quanto riportato nelle risposte ai medesimi quesiti, "dovrebbe" incentivare la concorrenza e livellare verso il basso i costi di commissione ed è evidente come una simile risposta denoti, anche solo semplicemente nella scelta lessicale del termine "dovrebbe", utilizzato al condizionale, un elevato ed inaccettabile indice di approssimazione rispetto al quale è necessario effettuare le dovute e attente valutazioni;
si rileva prioritariamente come l'operazione di traslazione e scaricamento dei costi di commissione dal piano della fiscalità generale alla sfera privata e reddituale dei cittadini, che viene rappresentata da PagoPA come una sorta di "operazione trasparenza", appaia invero molto lontana da quei principi di correttezza, chiarezza, lealtà e coerenza che dovrebbero contrassegnare la relazione politica tra i cittadini e lo Stato, configurando invece un comportamento che somiglia molto più ad una pratica scorretta, nella misura in cui uno strumento, i cui costi di funzionamento sono posti (anche questi) a carico della fiscalità generale (si ricorda che ai fini della sottoscrizione del capitale sociale iniziale è utilizzata, ai sensi del citato decreto-legge n. 135 del 2018, quota parte delle risorse finanziarie già assegnate all'Agenzia per l'Italia digitale), viene ingannevolmente presentato ai cittadini come mezzo di semplificazione e ammodernamento amministrativo e burocratico in un'ottica di maggiore efficienza e innovazione tecnologica, traducendosi poi sul piano della realtà come pretesto per erodere ulteriormente la sfera reddituale dei cittadini;
l'interrogante rileva come, secondo quanto riportato dalla stampa, il costo medio per ciascuna operazione di pagamento effettuata dai contribuenti è di circa 90 centesimi,
si chiede di sapere:
se il Governo, perseguendo la finalità di un pieno ed effettivo rispetto del medesimo principio di trasparenza da esso stesso invocato nell'ambito dell'attuazione del processo costitutivo della piattaforma "PagoPA", non ritenga necessario effettuare un raffronto in ordine alla quantificazione degli oneri e dei costi delle commissioni di servizio, antecedentemente posti a carico della fiscalità generale ed oggi bruscamente scaricate sui contribuenti, e se ritenga che il costo complessivo sia effettivamente corrispondente a quello antecedente o se invece non sia superiore, determinando quella che sarebbe un'inaccettabile forma di speculazione;
se abbia valutato, in una fase di forte difficoltà per milioni di cittadini travolti dalla grave crisi economica generata dalla pandemia da COVID-19, l'opportunità di una simile operazione di traslazione dei costi di commissione dalle pubbliche amministrazioni o gestori di servizi ai contribuenti, senza peraltro un'adeguata attività di informazione e comunicazione, né sul piano istituzionale, né nei confronti dei cittadini.
(4-04235)