Senato della Repubblica – 4-04748 – Interrogazione sulla carta nazionale delle aree idonee e l’ esclusione della regione Basilicata, dove andrebbe assolutamente impedita la costituzione di qualsiasi sito di stoccaggio di rifiuti nucleari, oltre a rimuovere quelli esistenti.

Senato della Repubblica – 4-04748 – Interrogazione a risposta scritta presentata il 12 gennaio 2021.

- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico. - Premesso che:

dopo 6 anni di attesa, nel cuore della notte tra il 4 e il 5 gennaio 2021, è stata finalmente pubblicata la mappa delle aree che potranno ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani, la CNAPI, carta delle aree potenzialmente idonee;

nel documento sono state individuate 67 aree che soddisfano i 25 criteri stabiliti nel 2014-2015. Si tratta di comuni raccolti in 5 macrozone: Piemonte con 8 aree tra le province di Torino e Alessandria; Toscana-Lazio con 24 aree tra Siena, Grosseto e Viterbo; Basilicata-Puglia con 17 aree tra Potenza, Matera, Bari, Taranto; poi le isole, con la Sardegna (14 aree) in provincia di Oristano e nel Sud Sardegna; la Sicilia, 4 aree nelle province di Trapani, Palermo, Caltanissetta;

la SOGIN, società che si occupa dello smantellamento delle vecchie centrali, con un consiglio straordinario tenuto il 31 dicembre, ha consegnato la mappa ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che hanno dato il "nulla osta" alla sua pubblicazione. Dal 5 gennaio inizia così il processo che nel giro di qualche anno porterà alla localizzazione del sito, che in un primo momento dovrà contenere 78.000 metri cubi di rifiuti a bassa e media intensità e poi anche 17.000 metri cubi ad alta attività, questi ultimi per un massimo di 50 anni (per poi essere sistemati in un deposito geologico di una certa profondità);

ad oggi, come riporta l'Ispettorato per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), i 30.000 metri cubi di rifiuti nucleari sparsi in 7 regioni sono solo una parte di un quantitativo iniziale: circa il 99 per cento del combustibile esaurito, utilizzato nelle quattro centrali nucleari nazionali dismesse (Latina, Caorso, Garigliano e Trino Vercellese), nel corso degli anni è stato inviato negli impianti La Hague in Francia, Eurochemic in Belgio e Sellafield in Gran Bretagna, dove è stato sottoposto a riprocessamento. Entro il 2025, però, è previsto il rientro di tutta la quota delle scorie. Sarebbero quindi solo 13 le tonnellate di combustibile irraggiato prodotte dall'esercizio delle centrali di Trino e Garigliano, oggi stoccate in Italia da conferire nel deposito nazionale;

l'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel suo documento del 2014 aveva identificato almeno 28 tra criteri ed aree di esclusione (vulcaniche, sismiche, soggette a frane e inondazioni, quelle sino alla distanza di 5 chilometri dalla costa, in zone carsiche o vicine a sorgenti o a parchi nazionali o luoghi di interesse naturalistico);

a inizio 2015 SOGIN consegnò a ISPRA e al Governo Renzi la proposta di carta delle aree potenzialmente idonee, con all'interno 100 possibili siti pronti a ospitare il deposito. Il 16 aprile dello stesso anno i Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente rimandarono tutto a SOGIN e ISPRA, per concedersi due settimane per le valutazioni conclusive. Quelle due settimane sono diventate 6 anni;

l'iter attuale prevede la consultazione pubblica e poi la costruzione. La consultazione pubblica durerà quattro mesi, con una successiva rielaborazione di tre mesi che darà luogo alla "carta nazionale delle aree idonee". Poi si passerà alla fase delle "manifestazioni di interesse" dei territori. Il tutto in un periodo di pandemia, con le immaginabili difficoltà che si aggiungeranno ad una procedura di per sé complessa. Una volta individuato il sito serviranno molti anni per la costruzione: si rischia, dunque, di non rispettare la scadenza prevista nel 2025;

considerato che la Commissione UE ha notificato al nostro Paese l'attivazione di una procedura di infrazione per non aver ancora adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi conforme ai requisiti previsti dalla direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio europeo. Gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva entro il 23 agosto 2013 e a notificare i loro programmi nazionali per la prima volta alla Commissione entro il 23 agosto 2015;

tenuto conto che:

nell'atto di sindacato ispettivo 4-02076, pubblicato il 5 agosto 2019, l'interrogante, oltre ad evidenziare la gravità del fatto che in Puglia ed in Basilicata vi fossero più scorie e radiazioni che in zone con centrali atomiche ed a sollecitare un piano per lo stoccaggio delle scorie radioattive lucane, chiedeva in quale regione italiana sarebbe stato costruito il deposito nazionale dei materiali e l'elenco delle aree idonee, pronto da anni ma mai reso noto;

certamente, non ci si aspettava di vedere tra le aree individuate per il deposito anche la Basilicata, una terra vocata al turismo e all'agricoltura ecosostenibile che, oltre al rischio sismico 2, deve sottostare ad ulteriori e gravi politiche inquinanti dovute al petrolio. Allo stesso modo, anche la Puglia e Taranto sono già state sacrificate in termini ambientali. L'area murgiana che va da Matera fino a Laterza è rinata in questi anni grazie alle iniziative messe in campo con Matera, capitale europea della cultura. Nei pressi della diga di San Giuliano, c'è "Giuliana", il fossile di balena più grande del mondo scoperto nel 2006. Nell'area murgiana ci sono due parchi: il parco archeologico storico naturale delle chiese rupestri del materano e il parco nazionale dell'alta Murgia compreso in una zona speciale di conservazione della rete "Natura 2000" volta a tutelare gli habitat e le specie protette. Gli "esperti" trascurano che le citate zone con il loro patrimonio naturalistico, geologico, culturale ed enogastronomico sono incompatibili con il deposito di materiale radioattivo. A pochi chilometri c'è l'uomo di Altamura, il più completo scheletro di uomo di Neanderthal mai ritrovato che risale a 150.000 anni fa. Questi requisiti devono essere ben valutati nella scelta dei luoghi;

nel 2003 il Governo di allora ipotizzò che la sede del deposito potesse essere Scanzano Jonico (Matera), nel cuore della fascia jonica, caratterizzata, allora e oggi, da un'agricoltura di alta gamma. La netta contrarietà delle istituzioni locali, dei comitati cittadini, degli ambientalisti e delle organizzazioni degli agricoltori fu tale che il Governo dovette ritirare il decreto. Fu persino proposta una commissione d'inchiesta per comprendere le procedure e i criteri di scelta del sito di Scanzano, il cui iter per l'approvazione non è mai iniziato. Eppure, oggi la carta delle aree potenzialmente idonee ha preso in considerazione i territori di Irsina (Matera), Genzano di Lucania, Oppido Lucano, Acerenza (Potenza), Montescaglioso, Bernalda e Montalbano Jonico (Matera) e persino della stessa Matera, patrimonio dell'UNESCO con i suoi antichi rioni "sassi";

rilevato che:

ora come allora il territorio della Basilicata contribuisce in maniera rilevante al bilancio energetico del Paese con le proprie risorse naturali (estrazioni petrolifere) e, per questo, non può essere ulteriormente gravato da un'attività che rischierebbe di pregiudicare la prospettiva di sviluppo sostenibile che con tanta fatica, in questa difficile congiuntura dovuta all'emergenza sanitaria in atto, le istituzioni e le forze economiche e sociali stanno cercando di concretizzare;

le conclusioni dell'VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati della XV Legislatura già escludevano in modo netto l'ubicazione del sito unico nazionale delle scorie radioattive nelle regioni nelle quali vi erano preesistenze nucleari, come in Basilicata dove è ubicato l'impianto ITREC centro ENEA a Trisaia di Rotondella (Matera),

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo non ritengano che tra le aree indicate dalla SOGIN nella carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi sia da escludere la regione Basilicata, dove andrebbe assolutamente impedita la costituzione di qualsiasi sito di stoccaggio di rifiuti nucleari, oltre a rimuovere quelli esistenti;

se vogliano prendere in seria considerazione tutte le osservazioni ostative che la Regione Basilicata si sta accingendo a produrre e che a breve invierà, così come prevede la procedura di consultazione pubblica;

quali siano state le procedure e i criteri di scelta seguite da SOGIN e se si sia tenuto conto degli strumenti urbanistici delle Regioni.

(4-04748)

 

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